L'esercito di frontalieri lombardi In Ticino oggi controlli sistematici

Sono circa 70 mila e rappresentano un quarto della manodopera della Svizzera italiana. Frontiera ieri a maglie larghe tra Como e Chiasso per evitare intasamenti o blocchi che avrebbero potuto inceppare l’ingranaggio del lavoro quotidiano. Qualche lombardo fermato per aver lasciato la regione senza "necessità"

10 marzo 2020 | 11:46
di Gabriele Ancona
La Lombardia, in seguito al Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri di sabato notte, è diventata il punto nevralgico della “zona arancione”, estesa ieri sera a tutta Italia. Arancione, non rossa, come si legge un po’ ovunque, visto che non c’è un divieto assoluto di entrata e di uscita, ma ci sono specifiche disposizioni sulla mobilità.

La frontiera cittadina tra Como e Chiasso

Un disagio da sopportare che sta già mettendo a dura prova il sistema nervoso ed economico del mondo delle imprese. Basti pensare ai tanti pubblici esercizi che “prima” aprivano dopo le 18 e che ora non possono più alzare la “cler”, detto in milanese, la saracinesca.

Un Decreto che può avere ripercussioni pesanti anche fuori dalla Lombardia, anzi, fuori dall’Italia e dall’Unione europea. Oltre 70mila lavoratori lombardi ogni giorno vanno infatti a lavorare in Svizzera. Sono i frontalieri, che rappresentano a occhio e croce un quarto della manodopera complessiva del Canton Ticino.

Per questo, come riporta il Corriere del Ticino, dopo il Decreto del Governo ci si aspettava code chilometriche e lunghe attese in dogana per i controlli. Ma così non è stato. Ci hanno pensato in seguito la polizia cantonale e quelle comunali che, come riporta il quotidiano elvetico, “hanno anche impedito l’accesso in Ticino a persone sprovviste della documentazione richiesta”, quella comprovante lo stato di necessità per lasciare la Lombardia. Tra le esigenze contemplate, anche quella lavorativa.

«L'Amministrazione federale delle dogane – ha dichiarato una portavoce del Dipartimento federale delle finanze - è presente ai valichi di frontiera nell'ambito del suo mandato. Segue da vicino gli sviluppi ed è in contatto con le autorità partner nazionali ed estere. L'intenzione del Consiglio federale di monitorare il traffico di frontiera e l'efficacia delle misure ordinate dall'Italia, analogamente a quanto avviene per la parte italiana, viene attuata con le risorse disponibili. L'obiettivo principale è quello di individuare particolarità o movimenti straordinari nel traffico frontaliero. Vengono utilizzati controlli aleatori e controlli basati sul rischio. L’Afd cerca di svolgere anche azioni congiunte con le autorità partner italiane».

Una comunicazione dal sapore politico, che prende tempo e non posizioni nette su un tema pesante: senza l’apporto dei frontalieri le industrie ticinesi rischiano la paralisi della produzione. Per questo è probabile che i controlli in dogana siano stati fatti a maglie larghe per evitare intasamenti o blocchi che avrebbero potuto inceppare l’ingranaggio del lavoro quotidiano.

Una preoccupazione che a un certo punto ha ipotizzato anche scenari molto alternativi. Per non saper né leggere né scrivere, per esempio, l’Associazione industrie ticinesi ha invitato i propri iscritti a "prendere in considerazione la possibilità di chiedere soprattutto al personale strategico proveniente dalla vicina Italia, di trattenersi a risiedere per un determinato periodo sul territorio svizzero qualora non fosse possibile rientrare materialmente al proprio domicilio per decisione di fatto dell’autorità estera”. Ma fin che lo status è quello di “arancioni”, la residenza coatta rimane nella sfera della fantasia.

A 24 ore di distanza il vento è girato e i controlli sono diventati sistematici. A Chiasso le auto vengono fermate due volte, dagli agenti italiani e dalle guardie di confine svizzere che controllano che i permessi siano in regola. In aggiunta, vi sono quelli della polizia cantonale e comunale, già operative ieri. In molti sono stati fatti rientrare.

La situazione è in divenire. È di queste ore la notizia che anche la Svizzera sta pensando alla chiusura delle scuole per limitari i pericoli da contagio del Covid-19.

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