Lo sci resta alla finestra: poca chiarezza, stagione a rischio

La conferenza Stato-Regioni avrebbe dovuto chiarire quello che si potrà fare, ma tutto è stato rinviato. I comprensori e gli alberghi chiedono certezze per programmare

06 novembre 2020 | 13:37
di Federico Biffignandi
Le piste da sci sono ancora verdi e gli impianti addirittura senza ancora i seggiolini fanno tristezza. Il caldo anomalo di questo inizio novembre tuttavia non è la maggior preoccupazione per i gestori degli impianti e per gli sciatori dal momento che in questo 2020 congelato dalla pandemia ancora non si sa cosa ne sarà della stagione sciistica.

Nella conferenza Stato-Regioni che si è tenuta nella giornata di giovedì si sarebbe dovuto iniziare a discutere del futuro, ma tutto è slittato di una settimana.


Impianti fermi, fino a quando?

Impianti chiusi fino a nuove disposizioni
L’ultimo decreto firmato dal governo ribadisce che gli impianti devono restare chiusi ora. Per quanto sia ancora presto da un punto di vista stagionale, alcune località potrebbero accogliere i primi appassionati. Tuttavia forse alle istituzioni ha fatto paura quanto successo solo poche settimane fa a Cervinia con una lunga coda di sciatori che si è accalcata alla prima partenza degli impianti.

Il protocollo del Trentino
L’obiettivo degli addetti ai lavori comunque è quello di salvare almeno parte della stagione, studiando protocolli e regole condivise che permettano di guardare all’orizzonte con un pizzico di certezza in più. Il Trentino, avanti anni luce in questo settore, aveva preparato una bozza di protocollo che era anche stato condiviso da Lombardia e Veneto, ma nel frattempo la curva epidemiologica si è impennata e si è deciso di riscrivere il tutto.

Un'app per monitorare gli assembramenti
Come per i trasporti pubblici, anche per gli impianti il governo ha in mente di permettere una capienza del 50% (in Germania il limite è del 70%). Ma il problema, così come accaduto ad esempio per i bar e ristoranti soggetti a ingressi contingentati prima delle chiusure più severe, è che in questo modo le spese supererebbero gli incassi. Il Trentino infatti aveva previsto una capienza all’80% per le funivie (perché chiuse) e 100% per le seggiovie (aperte), obbligo di mascherina e distanziamento. Dolomiti SuperSki inoltre sta pensando ad un’app er monitorare live la situazione su impianti e piste.

Alberghi preoccupati. E i rifugi?
Naturalmente il discorso viene letto dai più come d’interesse prettamente “amatoriale” per gli sciatori o professionale limitatamente agli impianti, ma le ricadute sono molto più ampie di quello che si pensa. Col fiato sospeso ad esempio ci sono gli albergatori che con una stagione invernale sufficiente potrebbero sorridere e rivedere in positivo i bilanci, ma ci sono anche i rifugisti che d’inverno accolgono migliaia di sciatori e anche loro attendo novità e, successivamente, disposizioni su come poter eventualmente lavorare.

Fioccano le disdette
Ecco perché tra gli albergatori c’è negatività: «Un disastro», ha detto Marco Michielli, presidente di Confturismo e Federalberghi Veneto, «nel Bellunese sono tutti disperati: l’estate è stata al di sotto delle aspettative, ora qualche prenotazione c’è. la metà esatta di quelle che c’era in questo stesso periodo nel 2019, ma stanno già arrivando disdette, troppa l’incertezza e le famiglie non si fidano».

L'incertezza impedisce di programmare
E poi la questione è sempre relativa all’impossibilità di programmare. Gli albergatori devono richiamare il personale al lavoro? Devono fare approvvigionamenti? In quale misura? Così come i comprensori che devono iniziare ad imbastire le piste, a partire dall’impianto di innevamento artificiale. Insomma, buio pesto.

Il timore è di buttare l'intera stagione
«Il timore è che non ci sia scampo», prosegue Michielli, «e che si arrivi a dicembre in piena emergenza come dicono i virologi. Almeno fossero chiari i provvedimenti romani, invece non lo sono». Che latitano a 360 gradi visto che ancora non si è capito se negli alberghi (di mare, montagna, lago, città) si possa somministrare cibo ai clienti.

Più fiducia tra i gestori di impianti
Sul fronte impiantisti invece il clima è più ottimistico. «Tutto è in mano alla nostra associazione nazionale che sta confrontandosi con Roma», spiega Marco Zardini, presidente del Consorzio esercenti impianti a fune di Cortina d’Ampezzo, Auronzo, Misurina e San Vito, «non dobbiamo essere preoccupati, bensì fiduciosi che le cose miglioreranno e sperare che le misure messe oggi in campo per contenere il coronavirus servano a fare diminuire i contagi».

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Alberto Lupini


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