Palù, il virologo contro le chiusure «Il covid uccide, ma non è la peste»

Il professore emerito dell’Università di Padova si sofferma sul fatto che il 95% dei positivi non ha sintomi e non si può definire quindi malato. Il lockdown lo ritiene sbagliato anche dal punto di vista medico

24 ottobre 2020 | 11:42
«Parliamo di casi, intendendo le persone positive al tampone. Fra questi, il 95% non ha sintomi e quindi non si può definire malato, punto primo. Punto secondo: è certo che queste persone sono state contagiate, cioè sono venute a contatto con il virus, ma non è detto che siano contagiose, cioè che possano trasmettere il virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento, con i test a disposizione, non è possibile stabilirlo in tempi utili per evitare i contagi». Lo sottolinea in un'intervista al Corriere della Sera il virologo Giorgio Palù, professore emerito dell’Università di Padova e past-president della Società italiana ed europea di Virologia.


Giorgio Palù

«Quello che veramente conta è sapere quante persone arrivano in terapia intensiva: è questo numero che dà la reale dimensione della gravità della situazione - aggiunge - in ogni caso questo virus ha una letalità relativamente bassa, può uccidere, ma non è la peste».

Al lockdown «sono contrario come cittadino perché sarebbe un suicidio per la nostra economia; come scienziato perché penalizzerebbe l’educazione dei giovani, che sono il nostro futuro, e come medico perché vorrebbe dire che malati, affetti da altre patologie, specialmente tumori, non avrebbero accesso alle cure. Tutto questo a fronte di una malattia, la Covid-19, che, tutto sommato ha una bassa letalità. Cioè non è così mortale. Dobbiamo porre un freno a questa isteria».

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Alberto Lupini


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