E ora non resta che la piazza: «Chiudere è la ricetta sbagliata»

La Fipe insiste sulla grande manifestazione di mercoledì 28 ottobre dopo lo stop alle 18 imposto ai ristoranti. Protesta in 21 città, tra cui Bergamo. «Il contagio si diffonde altrove» . E cioè nelle scuole, sui mezzi e nei luoghi di lavoro. «Adesso il governo ci dia almeno un sostegno economico significativo»

26 ottobre 2020 | 13:16
di Federico Biffignandi
Dopo le voci, gli incontri, le polemiche, le lettere, i comunicati, le attese, le speranze e le trattative ora è il momento di scendere in piazza per far sentire la propria voce. Lo stanno facendo da qualche giorno i ristoratori in alcune piazze italiane, ma la Fipe ha scelto di coinvolgere tutti gli imprenditori dando una linea e una voce comune. Una protesta che si svolgerà in almeno 21 piazze italiane il 28 ottobre e che già era stata pensata dopo la pubblicazione del primo Dpcm e che ora si rafforza alla luce delle chiusure imposte alle 18 dal nuovo decreto.


Cuochi in piazza

LA FIPE: «CONTAGI TRA LAVORO, SCUOLA E MEZZI»
La presidenza Fipe-Confcommercio si è riunita d’urgenza poco dopo l’annuncio del Dpcm e ha nuovamente espresso perplessità e contrarietà alla chiusura dei pubblici esercizi alle ore 18. «Per la ristorazione - è stato detto - è impedita l’attività del servizio principale della giornata, mentre per i bar si tratta di un’ulteriore forte contrazione dell’operatività. La contrarietà si aggiunge alla consapevolezza che non esiste connessione tra la frequentazione dei Pubblici Esercizi e la diffusione dei contagi, come dimostrato da fonti scientifiche, che attribuiscono piuttosto ad altri fattori - mobilità, sistema scolastico e mondo del lavoro- le principali fonti di contagio».

CHIESTI INTERVENTI ECONOMICAMENTE SIGNIFICATIVI
La Federazione ha preso atto delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Conte relativi ad interventi urgenti e specifici a favore del settore. Pur apprezzando l’impegno dal governo, la Federazione si è immediatamente attivata affinché gli stessi siano economicamente significativi, certi e immediatamente esigibili per tutte le imprese del settore. Di qui il rilancio per la manifestazione del 28 ottobre per ribadire i veri valori del settore - economici, sociali, culturali e antropologici - messi in seria discussione dagli effetti della pandemia da Covid-19, che sta mettendo a repentaglio la tenuta economica del settore, l’occupazione (a rischio oltre 350mila posti di lavoro) e il futuro di oltre 50mila imprese. «Mercoledì - ha detto il vicepresidente di Fipe, Aldo Cursano - scenderemo in piazza per chiedere alla politica scelte più mirate, di sostegno ai settori maggiormente in crisi come quello della ristorazione e dell’intrattenimento, non possiamo lasciare gli imprenditori e i lavoratori da soli di fronte a questo momento drammatico per la categoria. Ma la cosa più drammatica è che così facendo si chiuderanno anche le città con meno luci, meno insegne, meno socialità e meno qualità della vita. Dobbiamo fare presto, servono risposte concrete e servono subito».


Aldo Cursano

TRA LE CITTÀ ANCHE BERGAMO, SIMBOLO DELLA LOTTA AL COVID
L’idea della Federazione è quella di organizzare una manifestazione in ognuna delle città capoluogo di Regione, ma tra queste è stata selezionata anche Bergamo, simbolo di una lotta al Covid serrata e tragica soprattutto da un punto di vista sanitario. Il presidente di Ascom-Confcommercio, Giovanni Zambonelli non usa mezzi termini per inquadrare la questione: «Scendiamo in piazza per denunciare l’incapacità del Governo di svolgere il proprio ruolo - spiega - e per sperare in un ripensamento sulle ultime disposizioni. La domanda che ci poniamo è: possibile che le disposizioni con le quali abbiamo lavorato dal dopo lockdown a oggi andavano bene e ora invece no? Cosa è cambiato?».


Giovanni Zambonelli

I RISTORATORI CHIEDONO CONTROLLI DELLE FORZE DELL'ORDINE
Nel porsi questa domanda (retorica), Zambonelli trova una risposta che negli ultimi mesi sta ventilando, ma che ora si è fatta sempre più largo: «Quello che è mancato in questi mesi - dice - sono i controlli. Ogni ristoratore ha fatto sacrifici enormi per mettersi in regola, ha rinunciato a posti a sedere, fatturato, vita privata perché credeva fortemente di potercela fare. Si è accollato costi che non gli competevano, come quello per incaricare il personale di ricevere i clienti con la misurazione della temperatura e la registrazione dei contatti. Nessuno, dalle istituzioni, si è preoccupato di monitorare la situazione, di effettuare controlli e infliggere multe e ora la soluzione che trovano è punire tutti invece che i trasgressori. Io sono per rendere rigidi i controlli e inasprire le pene, ma devono aiutarci le istituzioni, noi da soli non possiamo farlo. Non è possibile governare un Paese scaricando le colpe su chi non ne ha». Quel che tocca nel profondo i ristoratori e che li spinge a scendere in piazza è l’aspetto professionale, ma anche personale: «Non è stato facile lavorare in questi mesi - ha detto Zambonelli - siamo andati avanti per sopravvivere, per portare umore alla gente ferita e ci siamo anche sentiti deridere alcune volte dai clienti stessi quando chiedevamo di rispettare rigorosamente le norme. Dietro ad ogni attività non c’è solo un’imprenditorie, ma un numero enorme di famiglie».

FIPE-SIENA: LA RICETTA NON DEVE ESSERE CHIUDERE TUTTO
Il malumore corre lungo tutta l’Italia con i vari delegati di Fipe che si ritrovano sulla stessa linea: «Non si riesce a capire perché il governo si ostini a considerare i pubblici esercizi un problema quando invece potrebbero essere una risposta responsabile alla voglia di socialità - dice Marco Cioni, presidente provinciale Fipe-Siena - hanno investito tempo e denaro nella messa in sicurezza dei locali, tutto pur di stare aperti e garantire ai clienti la massima tranquillità. È impensabile che l’unica ricetta proposta per contrastare la pandemia sia quella di chiudere tutto o di generare una psicosi di massa. Coniugare sicurezza e lavoro è possibile e deve essere l’obiettivo del governo e della politica. Ecco perché mercoledì prossimo scenderemo in piazza per chiedere alla politica scelte più mirate, di sostegno ai settori maggiormente in crisi come quello della ristorazione e dell’intrattenimento. Non possiamo lasciare gli imprenditori e i lavoratori da soli di fronte a questo momento drammatico. Ma la cosa più drammatica è che così facendo si chiuderanno anche le città con meno luci, meno insegne, meno socialità e meno qualità della vita. Dobbiamo fare presto, servono risposte concrete e servono subito».

FIPE-LAZIO: SAREMO COSTRETTI A CHIUDERE E LICENZIARE
Parole dure sono arrivate anche dal Lazio: «La manifestazione di protesta di mercoledì - ha dichiarato il presidente Fipe Confcommercio Lazio Sud Italo Di Cocco - ha come obiettivo ricordare al Governo e al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che gli ultimi provvedimenti presi non faranno altro che mettere definitivamente in ginocchio il settore, già fortemente in crisi. Le restrizioni sugli orari di apertura e sui partecipanti a eventi e matrimonio stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di molti ristoratori costretti alla fine a dover chiudere e licenziare».

GRIDO D'ALLARME A TRENTO: «MOMENTO DRAMMATICO»
Una protesta che vuole differenziarsi dalle altre più “autonome” per stile e concretezza. Nessuno slogan è previsto, ma solo silenzio e il segno di stendere per terra le tovaglie dei propri locali, per cercare un canale di comunicazione con la politica nazionale e provinciale. Succederà anche a Trento. «È un momento drammatico per tutta la nostra provincia - dichiara il presidente dell’Associazione ristoratori del Trentino Marco Fontanari - per l'Italia e per il mondo intero. Questo però non deve distoglierci dalle conseguenze devastanti che l'emergenza sanitaria sta causando alle nostre attività oggi, stiamo vivendo un’ulteriore stretta sulle nostre attività senza che, a compensazione, si stiano prevedendo misure adeguate per consentirci di sopportare limitazioni, oneri aggiuntivi, chiusure anticipate o, addirittura, definitive».

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Alberto Lupini


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