Tari addebitata anche senza rifiuti L'ira degli alberghi: «Danno e beffa»

Le amministrazioni comunali hanno addebitato il conto dell'imposta nonostante il lockdown, la crisi, le chiusure e i pochissimi clienti. Colaiacovo (Confindustria Alberghi): «Situazione paradossale»

10 dicembre 2020 | 17:00
Ancora una volta il turismo paga il conto più salato della crisi senza che ci siano supporti reali alle imprese di fatto chiuse ormai da più di 10 mesi. Malgrado questo i Comuni pretendono dagli alberghi il pagamento della Tari, in misura pressoché integrale. Come a dire: oltre al danno la beffa! Una problematica che riguarda da vicino anche i ristoranti, colpiti dalla stessa sorte beffarda.
 

Tari addebitata nonostante la chiusura

Duro il commento della vice presidente di Confindustria Alberghi, Maria Teresa Colaiacovo: «Gli alberghi - dice - sono fermi, non producono rifiuti, ma questo non basta ai Comuni che pure non hanno dovuto sopportare costi per la raccolta, e chiedono lo stesso di pagare l’imposta per un servizio che non è stato reso. Una situazione paradossale che ci riporta ai tempi in cui “lo sceriffo di Nottingham” pretendeva ciecamente le gabelle, indifferente al fatto che queste fossero insostenibili per i sudditi».
 
«È inaccettabile - prosegue - che proprio i Comuni, i maggiori beneficiari del valore che le strutture alberghiere portano sul territorio, siano quelli che meno si preoccupano di garantire la sopravvivenza di queste aziende fondamentali per il territorio e per la collettività».
 
«Sono mesi - conclude Colaiacovo - che stiamo chiedendo a tutti i livelli di intervenire sulla Tari, ma quello che è stato raccolto finora sono riduzioni, laddove presenti, irrilevanti a fronte di pagamenti per decine di migliaia di euro per ciascuna azienda.
A questo punto chiediamo con forza all’Anci ed ai Comuni di sospendere la scadenza del prossimo 15 dicembre e di sedersi a un tavolo comune per definire delle modalità di riduzione compatibili con la realtà di questi mesi e con la sopravvivenza delle nostre aziende».

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Alberto Lupini


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