Torino, il decreto svuota il centro I locali: Almeno si riducano le tasse

I gestori di bar e ristoranti sono preoccupati per la progressiva perdita di clienti e chiedono più aiuti al Governo, che ritengono sia stato troppo distante dalle richieste della ristorazione

16 ottobre 2020 | 17:50
di Piera Genta
Le misure restrittive di contenimento contro la diffusione da Covid-19 introdotte dal nuovo Decreto del Presidente del Consiglio stanno sollevando anche a Torino un coro di reazioni unanime che si possono riassumere con l’aumento delle disdette di prenotazioni e l’ulteriore riduzione di clienti nei locali, che si è registrata non appena sono circolate le prime indiscrezioni sull’entità delle nuove disposizioni. L’ottimismo non è proprio di casa: in generale tutti parlano di impossibilità a far fronte ai costi di gestione ed al pagamento degli stipendi ai dipendenti senza sottovalutare il clima di paura che si sta generando.

La sala di Affini

Una situazione simile a quella di altre città, dove la movida è stata di fatto stroncata con quest'ultimo provvedimento firmato dal Premier. Abbiamo raggiunto Davide Pinto, titolare del Gruppo Affini nei quartieri di San Salvario e Porta Palazzo, luoghi molto frequentati sia all’ora dell’aperitivo che per il dopocena.

Il gruppo Affini è diventando un partner importante nel progetto Green Pea con il bistrot “100 vini e affini”. «Abbiamo avuto poche ore a disposizione per fare una corretta programmazione aziendale - dice - Stiamo vivendo un momento di fragilità che porta anche ad un disequilibrio psicologico per chi fa questo lavoro. Cambiamenti così repentini portano a togliere tempo per la ricerca di nuovi prodotti, l’innovazione è parte vitale del loro settore. Risultato un impoverimento competitivo, le aziende si basano su degli equilibri ed i piani strategici sono fondamentali. La tattica richiede fantasia, ma la fantasia deve anche fare i conti con la sostenibilità economica. Le idee ed i cambiamenti hanno bisogno di tempo».

Davide Pinto denuncia la mancanza di empatia nei confronti di un settore economico, la ristorazione, che pur rappresentando un quinto del Pil nazionale, ormai è stanco e afflitto da tanti problemi. Una mancanza di empatia che presto, a cascata, potrebbe coinvolgere anche altri settori. «La riduzione degli orari di somministrazione richiede una riduzione delle imposte, dei costi per energia, dell’affitto - prosegue - Occorre un patto sociale, un vero accordo di politica economica che tenga conto di queste difficoltà. Inoltre il mondo della notte, la movida, non è fatta solo di ragazzi urlanti e poco rispettosi delle regole. I ragazzi di oggi non sono degli alieni, ma figli o nipoti di quella generazione che si lamenta e frutto della educazione che loro stessi hanno trasmesso».

Casa Goffi

La delivery, un’opportunità che ha premiato durante il periodo del lockdown, ha subito un calo di interesse da quando i locali hanno riaperto perché manca un fattore importante come la socialità. EraGoffi, guidato dallo chef Lorenzo Careggio, che ad aprile aveva dato vita a EraWay, il servizio di delivery “interattivo”, ha subito un calo del 60%.

Stessa sorte per il San Giors, storico locale torinese, che in due mesi di lockdown ha effettuato circa 400 consegne, oggi sono una alla settimana. In realtà si sono modificate le dinamiche, con i locali aperti la brigata di cucina è impegnata nella preparazione dei piatti per i clienti presenti nel ristorante.  Le opzioni d’asporto sono diverse da quelle proposte nel locale e richiedono una gestione separata.

L'interno del San Giors

Eat In Time, la piattaforma di delivery nata Torino nel 2015 da una software house specializzata in servizi digitali per la ristorazione è diventata un punto di riferimento non solo in città, ma in altre località in Italia e sono tra i pochi player a servire tutta la prima cintura e altre zone del Piemonte come Alba ed Asti. I loro rider hanno una paga oraria, non lavorano a cottimo, e ciò li distingue anche dalle multinazionali del settore. Anche per loro un notevole aumento dell’utilizzo del servizio durante il periodo di lockdown con una sensibile diminuzione alla riapertura.

Degustando(at)Home, altra start up torinese creata da To Be, agenzia di eventi e comunicazione legata al circuito enogastronomico del Piemonte (che ha convertito uno dei propri format di maggior successo – Degustando, lo streetfood gastronomico itinerante – in un servizio delivery), conferma che rispetto al campione riscontrato durante il lockdown, la riapertura dei ristoranti ha portato ad una diminuzione del 70% degli ordinativi. Da un mese stanno registrando una risalita del 20%.

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Alberto Lupini


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