La Lombarda fra chiusura e vendita. Addio a Lodi dopo quasi 100 anni

Lo storico locale a due passi dal Duomo della città lombarda terminerà l'attività dopo Pasqua. Il motivo? Manca il ricambio generazionale all'interno di un'impresa che fa della tradizione il punto forte dell'offerta

23 marzo 2021 | 11:15

Il weekend di Pasqua sarà l’ultimo periodo di attività per i pasticceri de La Lombarda, storico negozio di dolci e pasticcini di Lodi. Poi, la chiusura definitiva a un passo da un traguardo importantissimo: ancora sei anni e i fratelli De Agostini (proprietari del locale) avrebbero festeggiato i 100 anni di attività.

DaL 1927 alla pensione
Il laboratorio lombardo, aperto nel 1927 (e successivamente spostatosi a fianco del Duomo nel 1935), consegnerà gli ultimi dolci pasquali e poi chiuderà per mancanza di continuità aziendale. Con Giovanni e Renata davvero prossimi alla pensione, non c’è nessuno che possa raccoglierne il testimone e portare avanti l’attività di famiglia, su cui nell’ultimo anno è gravato anche il peso dell’emergenza sanitaria.

«Un posto che mancherà moltissimo non soltanto a noi che qui ci siamo cresciuti – ha rivelato al Corriere della Sera Silvio De Agostini, mastro pasticcere dell’azienda – ma anche a tutta Lodi. All’uscita dalla messa domenicale, negli anni Ottanta e Novanta in particolare, la fila arrivava fino a decine di metri fuori dal negozio». Merito di un laboratorio che ha saputo mantenere forte la propria identità. A partire dall’insegna (datata anni Trenta e mai modificata).  

Cannoncini alla crema, meringhe e l’agnello pasquale (farcito alla crema) le specialità. Tra le pasticcerie storiche lodigiane, Lombarda non solo è la più longeva e la sola a non avere mai voluto spazi di somministrazione ma è anche l’unica a non aver mai nemmeno cambiato gestione: tre generazioni di artigiani della pasta sfoglia, nata grazie a nonno Giovanni De Agostini.

Il futuro? Solo la vendita può salvare la tradizione
Ma che peso ha avuto la pandemia? «In realtà, il Covid ha creato problemi solo durante il primo lockdown – hanno affermato i proprietari - perché non c’erano indicazioni chiare su come comportarsi. Per questo l’anno scorso abbiamo preferito chiudere. Successivamente, anche in zona rossa, abbiamo sempre lavorato». Ora, nonostante l’intenso lavorio per consegnare gli ordini di Pasqua, la prospettiva è chiara: fine attività dopo le feste. Una prospettiva che, però, potrebbe concludersi con una vendita: «Inizialmente volevamo chiudere del tutto, poi ci hanno convinto almeno a provare a vendere. C’è sempre l’intima speranza che qualcuno se la senta di rilevare l’attività e tener vivo il laboratorio», hanno raccontato i proprietari.

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Alberto Lupini


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