Laboratorio ed #Excel servono! Ai nuovi barman non può bastare solo la teoria

Continua la nostra inchiesta sulla mancanza di personale nel mondo dell'Horeca. Scendono in campo i barman che accusano con toni minori rispetto ai cuochi le scuole e scuotono i giovani neodiplomati. Tanti locali hanno annunci di assunzione da mesi, ma nessuno di valido si è fatto vivo. Fa paura il weekend di lavoro e le serate dietro al bancone

24 settembre 2021 | 05:00
di Federico Biffignandi

Ha fatto particolare scalpore il tweet che è stato postato da Aurora Pezzuto dell'Istituto Liberale la quale sostiene che la scuola deve insegnare ad utilizzare Excel piuttosto che insegnare storia. Piccola nota: l'istituto liberale si definisce come think tank liberale formato prevalentemente da giovani, studenti, imprenditori e membri della società civile che promuovono i principi liberali, come la proprietà privata, le libertà individuali, l’economia di mercato, la democrazia rappresentativa, la decentralizzazione del potere, lo stato di diritto e i limiti del governo. In ogni caso, il tweet ha acceso il dibattito, infuocato che trova la verità in un equilibrio tra i due estremi.

Che la scuola abbia delle lacune da colmare in termini di preparazione al mondo del lavoro è assodato, ma non si può pensare che si abbandonino le discipline classiche, come la storia o l'italiano. Un argomento che, tempestivo, ci serve l'assist perfetto per proseguire nella nostra inchiesta sulla formazione dei futuri professionisti della ristorazione.

I lettori più attenti ricorderanno che tutto è scaturito dalle accuse degli istituti alberghieri, i quali avevano spiegato che i giovani di oggi non proseguono la carriera nel mondo dell’Horeca perché bar e ristoranti non li valorizzano e li sottopagano.

Lo scenario

La risposta non si era fatta attendere dal mondo dei cuochi, prima e da quello dei pasticceri, poi. Ora arriva il supporto dei barman che condannano ancora le scuole, ma senza risparmiare critiche all'atteggiamento dei ragazzi, rei di aver poca voglia di fare sacrificio, poca intraprendenza, poco talento insomma per questo mestiere, che - va ribadito - dà grandi soddisfazioni, ma a prezzo di un impegno proficuo che non conosce festività, né serate con gli amici.

Cinzia Ferro: Ai ragazzi mancano le conoscenze

«Chi ha davvero voglia di intraprendere la carriera da barman è una perla rara - spiega Cinzia Ferro, barlady dell'Estremadura Cafè - anche a causa di famiglie che tutelano troppo i figli. Da un punto di vista tecnico invece io - che collaboro con un istituto alberghiero e in passato ho insegnato - noto che i ragazzi non hanno le basi teoriche, non conoscono la storia del bar e dei cocktail e questo è un grosso problema. Un barman deve sapere cosa sta mettendo nel bicchiere e perchè lo sta facendo, anche perchè parliamo di sostanze alcoliche che possono mettere a repentaglio la salute. Qualche eccezione tra gli istituti alberghieri esiste: ad esempio l'Istituto Maggia di Stresa ha chiesto la mia collaborazione dimostrando che hanno voglia di migliorarsi e questo è un aspetto fondamentale».

Pogni: Manca la voglia di fare fatica

Perle rare dunque e le confermano arrivano da più parti. «Ho aperto un nuovo locale proprio durante il Covid - spiega Francesco Pogni titolare del Caffè degli Artisti e del Walhalla Cocktail Bar a Biella - e ho fatto tanta fatica a trovare il personale per avviare l’attività. Io credo che la colpa non sia delle scuole, ma dei ragazzi che mancano di volontà».

Una volontà che viene meno anche a causa di elementi eccezionali e ordinari che allontanano i ragazzi: «Da una parte - prosegue Pogni - la situazione pandemica ha messo in difficoltà tutti, noi imprenditori facciamo fatica ad assumere e investire con il timore che possano richiuderci da un momento all’altro. Dall’altra parte c’è la questione contratti: i neodiplomati guadagnano 600 euro al mese per lavorare 40 ore con lo Stato che sostiene i disoccupati con il reddito di cittadinanza; è ovvio che il confronto sia impari. Forse qualche intervento andrebbe fatto, ad esempio diminuire i contributi a carico del datore di lavoro, in modo che possa assumere con maggior facilità e magari con compensi maggiori».

Milan: Manca la curiosità, i giovani sono statici

Più tranciante e meno incline alle mezze misure il parere di Marina Milan, del Remembeer Brew Pub&More di Pinerolo (To): «Le scuole - ha spiegato - ci provano a formare i ragazzi e lo dico perché ho insegnato in istituti professionali, ma i ragazzi non hanno ben presente a che cosa si va incontro quando si intraprende questo mestiere, soprattutto per quanto riguarda le attività serali. Intraprendono con leggerezza il percorso di studi pensando di percorrere una strada semplice, ma non è così anche perché non hanno ben chiaro il concetto di sacrificio, pretendono solo diritti ma così è sbilanciato. In particolar modo noto che ai giovani di oggi manca la curiosità, sono statici, poco vogliosi di aggiornarsi e in questo le scuole hanno una responsabilità perché i docenti non sono al passo con i tempi».

Milan non vuol sentire parlare di contratti che non valorizzano i ragazzi: «Certe cifre per determinati orari di lavoro - osserva - sono solo per il periodo di tirocinio, che dura 6 mesi, ma che si può concludere con l’assunzione. Fa parte del percorso ed è un modo per conoscersi e per capire se quella è davvero la strada che si vuole intraprendere».

 

Borreani: Ragazzi in difficoltà, ma ho fiducia

Una condizione, quella di mancanza di personale, che sembra essere esclusivamente attuale, ma che secondo alcuni - Marina Milan compresa - esisteva anche 30 anni fa. Che i giovani abbiano poca voglia di mettersi in gioco, del resto, è un tema storico che è sempre stato dibattuto di generazione in generazione. Per far scattare il clic però basta poco. Lo sostiene Tiziana Borreani, del The Balance Cocktail Bar di Savona: «I ragazzi di oggi - spiega - sono solo apparentemente poco vogliosi, ma devono solo superare i primi ostacoli come quello del rapporto col cliente e poi ingranano. Certo, per noi datori di lavoro è un impegno in più, dobbiamo fare da educatori e trainer, ma io non voglio perdere la fiducia nei ragazzi. L’errore da commettere è ritenere che basti poco tempo per avere ragazzi pronti: in questo mestiere non funziona così; se devo trovare una colpa nelle scuole dico proprio questa».

Olivari: A weekend e serate i giovani non rinunciano

Ragazzi colpevoli, ma con qualche attenuante e diverse speranze insomma. Il periodo di pandemia ha danneggiato soprattutto la scuola e quindi gli studenti che, senza laboratori, hanno saltato quasi due anni di pratica.

«Sono tre mesi e mezzo che cerco personale - spiega Christian Olivari del Gentlemen’s Cafè di Arluno (Mi) - ma ricevo pochissime richieste valide. Ne arrivano molte da persone che non hanno mai fatto questo mestiere, ma non possiamo permettercelo. I ragazzi hanno poca voglia di sacrificare le serate e i weekend con le scuole che non li preparano a dovere: mancano fondi e non possono aggiornare così i loro programmi».

Colombo: Programmi scolastici belli, ma impraticabili

Circa i programmi, l'opinione si spacca. L'altra versione su questo tema è quella di Fiorenzo Colombo, fondatore di Abi Professional: «I programmi scolastici di oggi - precisa - sono molto belli, ma irrealizzabili e questo è uno dei problemi. L'altro è legato agli stage, cruciali nel percorso di formazione di un giovane barman: troppo spesso i locali dove i ragazzi approdano per completare la loro formazione non sono idonei, nel senso che gli imprenditori non dedicano loro la dovuta attenzione. Io penso che i ragazzi oggi abbiano ancora voglia di lavorare nei bar, ma serve maggiore incoraggiamento da chi questo lavoro lo fa già e occorre che i centri professionali vengano valorizzati: è qui che si fa formazione concreta e si traccia la strada mentre sono ancora considerati di "serie B"».

Gli altri articoli della nostra inchiesta:

L'accusa delle scuole: ragazzi sfruttati dai ristoranti, così fuggono all'estero
I cuochi alle scuole alberghiere: professori senza passione e troppa teoria
L’appello dei cuochi alle scuole alberghiere: non spegnete l’entusiasmo dei ragazzi
La vera urgenza per bar e ristoranti? La riforma delle scuole alberghiere
Anche i pasticceri puntano il dito contro le scuole: la formazione ricade su di noi
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