Smart working, non solo benefici È tempo di pensare anche ai rischi
Per Matteo Riva, dirigente dell’Unità di Medicina del Lavoro dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ci sono problemi psicologici e di postura . Questo benefit aziendale richiederebbe più attenzione nella gestione delle singole posizioni, ma finora si è pensato solo al vantaggio di ridurre gli assembramenti
10 ottobre 2020 | 12:32
di Sergio Cotti
Tante criticità correlate al lavoro a domicilio
«I rischi ci sono - spiega Matteo Riva, dirigente dell’Unità di Medicina del Lavoro dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e membro del Consiglio direttivo della Società italiana di medicina del Lavoro - anche se al momento i benefici sono senz’altro superiori. È un ambito che va comunque studiato e normato: oggi prevale ancora una questione emotiva legata al rischio di contagio. Inevitabilmente la percezione del vissuto non può che essere falsata. Presto però ci accorgeremo che esistono delle criticità, oltre che delle possibilità». Come dire, il desiderio di tutelarsi contro il covid al momento è più forte di qualsiasi altra questione, ma un giorno sarà comunque necessario fare i conti con le tante problematiche che il lavoro da casa può fare causare ai lavoratori.
Dottor Riva, il covid ha modificato anche l’attività dei medici del lavoro.
In generale l’emergenza ha portato a un rinvio delle visite mediche. Per quel che riguarda, in particolare, lo smart working, dobbiamo considerare i rischi legati a questa nuova modalità di lavoro. Rischi che non siamo ancora riusciti a prendere in considerazione in maniera approfondita. Dovremo farlo sempre di più, perché lavorare da casa può rappresentare un problema: alcuni non vivono bene questa situazione di isolamento dal punto di vista dello stress. La mancanza del confronto con i colleghi può causare dei disagi importanti. Sono situazioni che al momento non abbiamo ancora avuto il tempo di approfondire, anche perché nella maggior parte dei casi stiamo assistendo a forme di smart working a orologeria. Quasi tutti i lavoratori ancora al lavoro da casa stanno vivendo questo momento come una fase transitoria.
Matteo Riva
Quali sono i rischi per la salute?
C’è per esempio una questione legata alla postazione di lavoro: in azienda si fissano degli standard che riguardano gli arredi, le sedie, l’illuminazione; a domicilio tutto questo è molto più difficile. Molte aziende hanno integrato il loro modello di valutazione dei rischi e hanno fornito delle specifiche indicazioni ai lavoratori in modo che siano ben informati e addestrati per ricreare in ambiente domestico il più confortevole possibile; un aspetto, questo, su cui si è posta sempre più attenzione negli ultimi anni.
In caso di smart working chi ci deve pensare a questi aspetti?
È sempre il datore di lavoro che deve occuparsi di organizzare, informare e - teoricamente - verificare che le postazioni siano adeguiate. Questo è un problema, così come la fornitura dell’attrezzatura necessaria. Tanti enti pubblici hanno dovuto fornire un computer per poter permettere ai loro dipendenti di lavorare. In tante realtà ci si è arrangiati invece con strumenti personali. È una questione che per ora non viene risolta perché non sappiamo ancora quanto durerà questa situazione.
In mancanza di un’attrezzatura adeguata, il lavoratore è libero di rifiutare lo smart working?
Sì e in quel caso deve tornare a lavorare in azienda. Il lavoro agile è una sorta di benefit per un dipendente, ma è chiaro che ci devono essere delle condizioni ben precise. In questo momento non c’è il divieto di lavorare in azienda. Solo che lo smart working viene favorito per limitare il rischio di assembramento e di contagi.
Come si stanno comportando le aziende?
Bene. Direi che sono state particolarmente tempestive e, soprattutto, capaci.
Lei ha un osservatorio privilegiato sul mondo del lavoro. In quanti stanno continuando a lavorare in smart working?
Quasi tutte le aziende la cui attività permette questa modalità di lavoro. Magari non a tempo pieno e alternandosi tra i dipendenti.
A casa, il rischio è di lavorare anche fuori dall'orario di lavoro
Considerati i rischi di cui parlava poc’anzi, lei - come medico - si sentirebbe di consigliare il lavoro agile?
Sì. In questo momento è una misura che agevola il contenimento del rischio del contagio. È una modalità senz’altro da favorire, soprattutto per i cosiddetti “soggetti fragili”, per cui diventa anzi una necessità per non esporli a rischi.
In altre parole, secondo lei, ci sarebbero più benefici che rischi…
Per ora sì, anche se la situazione va valutata nel medio-lungo termine. Per esempio, tutti ci siamo accorti che la produttività non è la stessa. Ma questo accade perché quando si lavora da casa, spesso si lavora di più, e questo è un altro problema. Parliamo di un fenomeno che si è visto soprattutto nel lockdown, periodo in cui non si poteva fare altro che rimanere in casa.
Stiamo parlando di un fenomeno irreversibile?
Non del tutto. Questa modalità di lavoro proseguirà, anche se non con l’intensità di questi mesi. Tanti stanno riscoprendo i vantaggi del lavoro in presenza, proprio perché - come dicevamo prima - si sono accorti dei limiti di non avere, da casa, una socialità con i propri colleghi. Sarà però una forma di lavoro che utilizzeremo senz’altro di più che in passato.
© Riproduzione riservata
• Leggi CHECK-IN: Ristoranti, Hotel e Viaggi |
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini