Bar e ristoranti, fatturati dimezzati Solo il 56% ha ricevuto gli aiuti

La Federazione italiana pubblici esercizi ha effettuato il bilancio delle prime tre settimane di aperture sottolineando un calo del fatturato del 50%. Latitano gli ammortizzatori promessi dallo Stato . Anche gli alberghi se la passano male: Confindustria Alberghi tra l'8 e l'11 giugno ha rilevato che solo il 25% delle strutture ricettive è aperto

11 giugno 2020 | 16:24
Tre settimane di riapertura per i pubblici esercizi sono un discreto periodo per iniziare ad effettuare i primi bilanci. Anche il mondo del turismo, sulla carta, è ripartito ma le condizioni di estrema incertezza e la reticenza dei turisti a spostarsi sta portando gli alberghi a restare chiusi. I due settore, strettamente legati, non si stanno insomma aiutando. La Federazione italiana pubblici esercizi ha raccolto i suoi dati decretando un calo del fatturato del 50% nel proprio settore di riferimento. Ma il dato preoccupante, chiara conseguenza del primo, è che le imprese hanno impiegato solo il 30% del proprio personale. Anche Confindustria Alberghi ha raccolto dati sulle strutture ricettive analizzando il periodo 8-11 giugno. Ebbene, ad aprire è stato solo il 25% degli alberghi e solo il 20% del totale riaprirà entro giugno.


Fatturati in calo del 50%

Capitolo bar e ristoranti. Dunque, poche luci e tante ombre a tre settimane dalla riapertura. Il 94,9% dei bar e l’89,4% dei ristoranti risultano in attività mentre rispettivamente il 3,1% e il 7,3% sono in procinto di farlo. Il 2% dei bar e il 3,3% dei ristoranti dichiarano di restare ancora chiusi anche nel prossimo futuro. Pur in presenza di un miglioramento del sentiment degli imprenditori sull’andamento dell’attività (9,9% della 1 settimana vs. il 17,2% della terza), più della metà degli intervistati (circa 54%) dà ancora un giudizio fortemente negativo e meno della metà degli intervistati (46,1%) si dichiara soddisfatto di aver riaperto. Forte incertezza anche sul futuro: il 66,5% ritiene che non riuscirà a tornare ai volumi di attività pre-Covid. Come detto, il calo medio del fatturato registrato in questo periodo è stato del 53,5%, nel dettaglio parliamo del 54,8% per i ristoranti e del 49,9% per i bar.


Cuochi ancora in attesa di aiuti

Per il 53,5% delle aziende intervistate a mancare sono soprattutto i turisti, in particolare stranieri, ma il restante 46,5% lamenta anche la mancanza di clientela residente. Il focus dell’indagine si è poi spostato sugli aiuti messi in campo dalle Istituzioni, con particolare riferimento ai prestiti garantiti previsti dal DL liquidità. Il 65,1% delle aziende ha fatto ricorso a questa misura, il 51,7% per un importo fino a 25mila euro, il 13,4% per un importo oltre i 25mila euro. Tuttavia solo il 56,8% ha già ottenuto il prestito richiesto.

Il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi - sottolinea la Coldiretti - ha avuto un effetto negativo a valanga sull’agroalimentare nazionale, con una perdita di fatturato di oltre un miliardo per i mancati acquisti in cibi e bevande nel trimestre considerato.

«Il bilancio a tre settimane dalla riapertura conferma tutte le nostre preoccupazioni sulla capacità di tenuta delle imprese dinanzi ad una ripartenza difficile e per molti aspetti attesa. - dichiara Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe - con un calo del fatturato di oltre il 50% nessuna impresa riuscirà ad andare avanti a lungo senza misure di sostegno sul versante dei costi e senza una robusta capacità finanziaria. Per questo stiamo continuando a chiedere interventi sul costo del lavoro, su canoni di locazione e Imu e sulle scadenze fiscali in attesa che la domanda torni ad un livello che permetta alle imprese di reggersi sulle proprie gambe. Ma sapendo che di turisti stranieri ne vedremo pochi per un periodo ancora lungo dovremo necessariamente puntare sulla domanda interna con una comunicazione rassicurante e con iniziative di promozione stimolanti».

CAPITOLO ALBERGHI
Detto che solo il 25% delle strutture è aperta, Confindustria alberghi (che ha applaudito il Piano Colao per il turismo) ha aggiunto che di queste il 50% circa nelle località di mare, mentre il restante 50% tra città d’arte e campagna. Il settore termale non sembrerebbe ancora essersi messo in movimento, ma questo può derivare dalla tempistica dei relativi protocolli e da una predilezione dei turisti per le strutture extralberghiere come abbiamo raccontato in queste ore.
 
L’indagine osserva anche la situazione del lavoro, gli occupati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche in questo caso i dati non sono confortanti, ma largamente attesi. Tutti gli operatori che hanno risposto segnalano allo stato di aver potuto richiamare in servizio parte dell’organico. Anche sul fronte dei lavoratori stagionali, il numero degli assunti è di gran lunga inferiore se paragonato a quello dell’anno precedente.


Ancora tanti gli alberghi chiusi

Alle strutture ancora chiuse è stato anche chiesto di indicare se la riapertura è in programma nelle prossime settimane, ma solo il 20% ha dichiarato l’intenzione di riaprire da qui a fine giugno. I dati rispecchiano pienamente il sentire degli operatori.  Eravamo partiti da una situazione di quasi totale fermo del settore con oltre il 95% delle strutture alberghiere chiuse e oltre il 97% dei lavoratori in cassa integrazione. La situazione si sta modificando molto lentamente e la cautela induce le aziende ad attendere.

La riapertura infatti è condizionata da diversi fattori, la domanda è debolissima e i costi per gestire la sicurezza anti covid sono significativi. Tra i pochi che aprono, prevalgono le strutture di mare che hanno una stagionalità strettamente legata al clima. Decisamente in maggiore difficoltà l’offerta delle città, condizionata dai mercati internazionali ed al turismo business, che oggi è sostanzialmente ancora ferma in attesa che la domanda possa rimettersi in movimento.

 Comunque, anche dove si è deciso coraggiosamente di riaprire, le presenze in albergo sono molto basse e quindi gli organici, non sono al completo e parte dei lavoratori resta ancora in cassa integrazione. Anche per quanto riguarda l’assunzione dei lavoratori stagionali, i numeri sono ben più bassi dell’anno precedente. Quello che periodo ha insegnato è che le situazioni possono cambiare molto velocemente, di settimana in settimana l’associazione continuerà a seguire l’evoluzione del mercato sperando ci possano essere le condizioni per una ripresa.

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Alberto Lupini


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