Coprifuoco alle 23, si può! La scienza in aiuto dei ristoranti

Gli studi non hanno rilevato che chiudere tutto alle 22 riduca sempre la circolazione del virus. L'immunologa Viola: «Un'ora in più aiuta i ristoranti e non favorisce la diffusione del coronavirus»

22 aprile 2021 | 18:45
Una delle principali lotte che si sono accese a livello governativo nell’emanare il nuovo decreto è stata quella del coprifuoco che qualcuno - Lega in testa - voleva spostare alle 23, ma Draghi non ha ceduto confermandolo alle 22 fino al 31 luglio. I ristoratori l’hanno presa come una mazzata quasi definitiva perché in quel modo lavorare a cena sarà quasi impossibile. Ma il coprifuoco, scientificamente, serve? Per qualcuno sì, per altri no. La risposta data da qualcuno potrebbe mettere d’accordo tutti: spostare di un’ora il coprifuoco non aiuterebbe la circolazione del virus, ma sarebbe ossigeno vitale per i ristoranti.

L’analisi sul rapporto rischi-benefici non sembra essere stata così approfondita a livello di Cts e poi di Governo perché il peso di un’ora può essere stratosferico o insignificante ed era proprio su questo punto che probabilmente bisognava lavorare di più. Prendere una decisione che si basa su qualcosa di non certo è già rischioso se, per di più, dall’altra c’è un vantaggio enorme sembra assurdo non propendere per la deroga alle 23.


La posizione del Cts

Il Comitato tecnico scientifico (Cts) ha spiegato in una nota che «alla luce delle situazione epidemiologica attuale, il Cts in una strategia di mitigazione del rischio di ripresa della curva epidemica, ritiene opportuno che venga privilegiata una gradualità e progressività di allentamento delle misure di contenimento, ivi compreso l’orario d’inizio delle restrizioni di movimento». «A livello nazionale dare un’ora in più a milioni di persone per interagire vuol dire dare milioni di chance in più al virus di circolare», aggiunge l’immunologo Sergio Abrignani, membro del Cts. L’idea di base che ha portato al mantenimento del coprifuoco è dunque limitare le interazioni sociali tra la popolazione più giovane, quella che si muove di più e che sarà l’ultima ad essere vaccinata.

Viola: Un'ora in più, nessun rischio con i controlli

Ma nella solita ormai stucchevole sfida tra cosiddetti esperti è arrivato anche il parere di Antonella Viola, immunologa, professoressa ordinaria di Patologia generale all’Università di Padova. Lei, al contrario, è favorevole ad allungare di un’ora il coprifuoco, arrivando alle 23, a patto che vengano mantenuti i controlli: «La chiusura alle 22, a fronte di un beneficio del tutto discutibile per i contagi, crea un danno enorme ai ristoratori. Chi sta pensando o si è organizzato con strutture all’aperto ha bisogno di fare due turni. Inoltre i ragazzi per eludere il problema dormiranno tutti insieme, con feste illegali notturne e questo è molto peggio». Su Facebook scrive che «spostare il coprifuoco di 1 ora, alle 23, permetterebbe ai ristoratori di affrontare con maggiore fiducia la ripartenza. Così come aiuterebbe il mondo dello spettacolo, duramente colpito dalle restrizioni. E non cambierebbe invece nulla dal punto di vista dei contagi, a patto che continuino i controlli. Sono piccoli passi che vanno incontro alle esigenze di tante persone e che farebbero la differenza».

Le ricerche internazionali

Gli esperti di mezzo mondo analizzando le loro ricerche non possono fare altro che dire come il coprifuoco sia una delle soluzioni che contribuisce a combattere il virus, ma non si sa fino a che punto. Di certo da sola non basta. E qui sorge la domanda che anche noi come Italia a Tavola ci siamo posti con un punto di vista molto critico: con l’arrivo della bella stagione, ma la tendenza ormai è in atto da tempo, saranno sempre di più i giovani che si ritroveranno in case private non potendo accedere ai locali e sarà lì, nelle abitazioni, senza controlli, distanziamenti e mascherine che il virus troverà terreno fertile.

«Se vediamo benefici dopo un mese sarà per merito del coprifuoco o di tutte queste misure insieme?» dice Helen Boucher, specialista di malattie infettive al New York Times. Il professor Ira Longini esperto di biostatistica ed epidemiologia delle malattie infettive presso l’Emerging Pathogens Institute dell’Università della Florida sostiene che le prove sull’efficacia del coprifuoco sono tutto fuorché evidenti. Maria Polyakova, economista dell’Università di Stanford, interpellata sempre dal New York Times chiede dei distinguo: se i locali sono chiusi non si può impedire a una famiglia di fare una passeggiata. Tenuto conto poi che il virus prospera al chiuso e la maggior parte dei contagi avviene proprio all’interno delle mura domestiche.

E ancora: una ricerca pubblicata su Science a gennaio ha analizzato i dati della provincia di Wuhan a inizio epidemia. I ricercatori hanno concluso che il coprifuoco e il lockdown hanno avuto un effetto paradossale: le restrizioni hanno ridotto la trasmissione all’interno della comunità ma hanno aumentato il rischio delle infezioni nelle famiglie. Più di recente uno studio svolto in Francia (Paese che ha adottato uno dei coprifuoco più duri al mondo) e pubblicato sulla rivista Eurosurveillance ha evidenziato che il coprifuoco, insieme alle altre restrizioni, ha ridotto l’indice di riproduzione dei ceppi storici di Sars-CoV-2 al di sotto di 1 (stabilizzando così le ospedalizzazioni), ma non è stato sufficiente a fermare la circolazione della variante inglese, che invece si è invece diffusa in modo esponenziale. Secondo l’analisi quindi il coprifuoco può effettivamente ridurre il numero di casi e di ospedalizzazioni ma da solo non basta ad evitare una nuova ondata.

Il sito You Trend Lorenzo Ruffino propone una carrellata di studi che suggeriscono come il coprifuoco aiuti a contenere l’epidemia anche se, come già detto, non esiste una risposta chiara. Una ricerca britannica ancora in fase di completamento che ha analizzato i dati di diverse zone di sette Paesi europei ha concluso che il coprifuoco ha un effetto «moderato ma statisticamente significativo» perché porta a una riduzione dell’indice di riproduzione Rt del 13%, con un effetto molto simile all’uso delle mascherine nei luoghi pubblici (e comunque maggiore di quello che si ottiene chiudendo le scuole o i luoghi di svago e intrattenimento che evidenziano una riduzione dell’indice di Rt sotto il 10%).

Anomalia a Tolosa

Un’altra ricerca francese ha studiato che cosa è successo a Tolosa tra il 1° e il 15 gennaio, con coprifuoco dalle 20 e tra il 20 e il 24 gennaio con coprifuoco anticipato alle 18. Secondo i ricercatori il coprifuoco alle 20 ha avuto l’effetto di ridurre la circolazione del virus del 38%, mentre la chiusura anticipata avrebbe accelerato la circolazione del virus. Secondo gli studiosi anticipare il coprifuoco può causare assembramenti nei supermercati: le persone si precipitano tutte insieme a fare la spesa prima dell’inizio delle restrizioni, innescando l’effetto contrario a quello desiderato. Ancora in Francia una ricerca non ancora sottoposta a revisione paritaria ha evidenziato che il coprifuoco in autunno ha contribuito a rallentare l’epidemia, soprattutto tra gli over 60. Nella popolazione tra 0-19 anni il coprifuoco non ha avuto alcun effetto (ha invece funzionato il lockdown).

Effetti positivi a rilento

I ricercatori dell’Università di Deft nei Paesi Bassi hanno condotto una serie di simulazioni per capire l’impatto delle varie restrizioni. Uno dei ricercatori, Amineh Ghorbani, ha spiegato che «Il coprifuoco notturno aiuta a evitare che il numero di infezioni salga alle stelle e può quindi contribuire a limitare il sovraccarico degli ospedali ma a differenza di un lockdown completo ha bisogno di un periodo più lungo per essere efficace e da solo non basta, andrebbe adottato insieme ad altre misure restrittive. Dopo tre settimane, ad esempio, il blocco potrebbe essere allentato, ma il coprifuoco dovrebbe rimanere in vigore per poter mantenere più a lungo l’effetto positivo delle severe restrizioni».

Il caso canadese

Il vantaggio del coprifuoco è stato studiato anche in Canada: le limitazioni notturne sono state imposte in Quebec ma non nell’Ontario, due regioni confinanti. In Quebec la riduzione della mobilità è calata del 31% rispetto all’Ontario (a Montreal addirittura del 39%). Jay Kaufman, un epidemiologo presso la McGill University di Montreal ha dichiarato a DW: «Per il coronavirus il Quebec ha avuto un carico di lavoro stabile o in diminuzione nella maggior parte degli ultimi mesi, mentre altre province canadesi stava aumentando». Tutto merito del coprifuoco? Difficile. Molti fattori entrano in gioco come il controllo della pandemia attraverso test regolari, il tasso di vaccinazione, l’apertura o no delle scuole. Tuttavia quando il coprifuoco a metà marzo è stato posticipato alle 21.30 invece che le 20 il numero dei casi è nuovamente aumentato. La sottile linea tra costi e benefici è tutta da calcolare.

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Alberto Lupini


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