Il formaggio, strumento per fare cultura e promuovere il territorio

Se ne è parlato a «Think Cheese: dire, fare, mangiare», convegno promosso da Italia a Tavola, Pastificio Felicetti, Pentole Agnelli e Orobica Pesca al B2Cheese in corso a Bergamo

29 settembre 2022 | 19:16
di Giorgio Lazzari

Proporre formaggi significa fare cultura e promuovere il territorio: verso il ritorno del carrello dei formaggi. Ne sono convinti i relatori del convegno «Think Cheese: dire, fare, mangiare», dedicato alla valorizzazione del formaggio in tutti gli ambiti e in particolare nella ristorazione, organizzato nell’ambito della manifestazione B2Cheese, due giorni dedicati al comparto lattiero caseario ospitati alla fiera di Bergamo, promosso da Italia a Tavola, Pastificio Felicetti, Pentole Agnelli e Orobica Pesca.

Formaggio, un prodotto da valorizzare 

Che il carrello dei formaggi sia caduto un po’ in disuso, è sotto l’occhio di tutti, ma ora ristoratori e addetti ai lavori puntano a nobilitare un ingrediente fondamentale e poliedrico in cucina, indispensabile per la creatività di piatti e ricette. Temperatura di servizio, tipologie e abbinamenti hanno scatenato una proficua discussione, moderata da Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola.

Renato Bosco, che rappresenta il mondo della pizza gourmet e titolare del network di pizzerie Saporé, ha iniziato chiarendo la natura di un ingrediente principe della pizza: la differenza tra fiordilatte, formaggio vaccino, e la mozzarella di bufala. Spesso il consumatore si confonde e anche gli addetti ai lavori dovrebbero puntare ad una maggiore cultura sull’argomento. «Per le mie pizze gourmet scelgo latticini che in uscita esaltino i sapori e i saperi di chi ha prodotto quel formaggio – commenta Renato Bosco -. Se utilizzo una tipologia che ha caratteristiche di umidità sbagliate, commetto un errore madornale e rovino il lavoro prezioso del casaro». 

«A Bergamo il carrello dei formaggi è obbligatorio»

Nicolò Quarteroni, direttore generale dell’agriturismo Ferdy di Lenna, ha provocato la platea sostenendo che «A Bergamo il carrello dei formaggi dovrebbe essere obbligatorio più di una licenza perché il formaggio scorre nelle nostre vene. Il problema è culturale e purtroppo il formaggio è sempre stato considerato di serie B. Siamo il Paese con la più grande biodiversità al mondo e abbiamo bisogno di una grande ristorazione con operatori che spieghino perché quel determinato prodotto è buono. Il formaggio è un ingrediente a tutto pasto, si può consumare da solo o in abbinamento a ricette, mentre nei nostri menu puntiamo a valorizzarlo in diversi passaggi del servizio, compreso il fine pasto, abbinato ad una tisana in omaggio a Villa Crespi. Ma utilizziamo – conclude Quarteroni – anche siero di latte e l’ingrediente primario per cuocere riso e pasta. I ristoranti devono uscire dal semplice ruolo di far da mangiare alla gente, in modo da valorizzare il ruolo del casaro e i formaggi prodotti».

 

 

Fare cultura 

Cristiano Tomei, chef patron del ristorante L’Imbuto di Lucca, nonché noto personaggio televisivo, ha aggiunto che «un grande formaggio si riconosce perché è buono, mi dà gioia e lo digerisco. Non servono per forza le etichette, ma dobbiamo fare cultura con semplicità e parlando con la gente. Il formaggio deve ritornare nei ristoranti, ma ci vogliono anche le persone preparate e in grado di servirlo. Il formaggio è cultura e persino una crosta di Parmigiano Reggiano è un elemento che non si può disperdere perché ogni tipicità e produzione è importante come un monumento».

Privilegiare i prodotti locali 

Uno degli obiettivi è formazione nel mondo della ristorazione, così Antonio Danise, chef del ristorante hotel Villa Necchi Portalupa, in provincia di Pavia, e responsabile dei corsi di formazione della Nazionale Italiana Cuochi sottolinea come «spesso si conoscono poco i prodotti e bisogna privilegiare quelli locali, andando sul posto per capire come viene trasformato, in modo da trasferirlo ai nostri clienti, rendendolo ancora più affascinante il racconto. Negli ultimi anni c’è stata senza dubbio un’involuzione del carrello formaggi, un elemento imprescindibile di degustazione e una materia prima che si può utilizzare dagli antipasti al dolce».

Non servire il formaggio freddo 

Francesco Tassi, maitre insignito del riconoscimento di Alto Maestro della Ristorazione dall’associazione Maitre Italiani Ristoranti e Alberghi, fa presente che «quando servo il formaggio nei miei ristoranti, sono già in bella mostra sul tavolo, perché servirli freddi sarebbe come prendere un cazzotto nello stomaco. In tutta Italia ho trovato veramente pochi ristoranti, mentre in Europa spesso non esiste un pasto completo composto da antipasto, primo e secondo, agevolando così l’inserimento del formaggio. Basterebbe togliere un altro piatto e mi auguro crescano anche i professionisti che oggi scarseggiano».

Un carrello dei formaggi con poche referenze

Matteo Felter, chef patron dell’Osteria Felter alle Rose di Salò, in provincia di Brescia sottolinea invece come «è fondamentale avere il carrello dei formaggi, ma non occorre offrire tante referenze: ne bastano 3 o 4 da mostrare al cliente appena entra al ristorante e precedentemente acquistate dallo stesso chef. Ritengo poi che il piatto dei formaggi non debba uscire dalla cucina ma deve essere preparato dal maitre o dal cameriere di sala davanti al cliente senza troppe salse o abbinamenti che ne alterano il gusto. Quando si entra in un locale è bellissimo sentire il profumo dei formaggi che accoglie i clienti».

Elemento centrale per costruire i piatti 

Cristian Fagone, chef patron del ristorante Impronte di Bergamo, una stella Michelin, concorda come «il formaggio è l’elemento centrale anche per costruire dei piatti e la variante della temperatura gioca un ruolo fondamentale per la degustazione e per il suo utilizzo in cucina. Quando mi capita di andare nei ristoranti, chiedo sempre se i formaggi sono conservati fuori frigo e la maggior parte delle volte mi viene risposto che sono in cella. Anche nella spiegazione dei formaggi stessi dobbiamo dare ai clienti possibilità di immaginare il gusto dei formaggi che andranno a scegliere, ma senza eccedere con troppi virtuosismi tecnici. Quando sono in cucina vivo il formaggio come un’opportunità più che come un limite. È una materia prima straordinaria sia nella sua naturalezza che nella trasformazione in base alla propria chiave espressiva».

Durante il convegno sono stati infine presentati i concorsi caseari nazionali che animeranno l’edizione di Forme, in programma il 22 e 23 ottobre prossimi a Bergamo: «Formaggi d’aMARE», «Pasta & Caci», «FOR-ME Pizza» e «Stupore ed Emozione», quest’ultimo in partnership la delegazione Onaf di Bergamo.

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Alberto Lupini


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