I morti d’infarto triplicano La colpa? La paura del virus

Nella settimana centrale di marzo la mortalità è passata dal 4,1% al 13,7%. I cardiologi lo temevano: il motivo principale sarebbe un ritardo nella segnalazione e nell’arrivo in ospedale per timore del coronavirus

18 maggio 2020 | 12:20
L’allarme era già stato lanciato diverse settimane fa: non badate solo al coronavirus, perché si continua a morire (o rischiare di) anche per le altre patologie più comuni. E ora, dopo quasi tre mesi di monitoraggio, l’allarme è diventato problema reale. I primi dati confermano che la mortalità per infarto è triplicata passando dal 4,1% al 13,7% a causa della mancanza di cure (la riduzione dei ricoveri è stata infatti ben il 60%) o dei ritardi (i tempi di arrivo negli ospedali sono aumentati del 39%), causati dalla paura del contagio.


Triplicati i morti di infarto in una settimana di marzo

Lo spiega all’Ansa Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia (Sic), a seguito di uno studio nazionale in 54 ospedali, nella settimana 12-19 marzo, durante la pandemia di Covid-19, confrontandola con lo stesso periodo dello scorso anno. La situazione rischia di bruciare 20 anni di prevenzione, temono i medici. Lo studio è in corso di pubblicazione sulla rivista European Heart Journal. Gli esperti avvertono: abbassare la guardia sulle malattie cardiovascolari, responsabili di circa 260mila decessi ogni anno, e non ricostruire la rete dell'emergenza cardiologica, potrebbe essere molto pericoloso.

«Se questa tendenza dovesse persistere e la rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase di emergenza, avremo più morti per infarto che di Covid-19», aggiunge Indolfi, ordinario di Cardiologia Università Magna Graecia di Catanzaro. «L'organizzazione degli Ospedali e del 118 in questa fase è stata dedicata quasi esclusivamente al Covid-19 - spiega - e molti reparti cardiologici sono stati utilizzati per i malati infettivi e per timore del contagio i pazienti ritardano l'accesso e arrivano in condizioni sempre più gravi, con complicazioni, che rendono molto meno efficaci le cure salvavita come l'angioplastica primaria. Se questa tendenza dovesse persistere e a rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase di emergenza, avremo più morti per infarto che di Covid-19».

«Il calo più evidente ha riguardato gli infarti con occlusione parziale della coronaria ma è stato osservato anche in ben il 26,5% dei pazienti con una forma più grave d'infarto - afferma Salvatore De Rosa, coautore dello studio - La riduzione dei ricoveri per infarto è stata maggiore nelle donne rispetto agli uomini e non solo i pazienti con infarto si sono ricoverati meno ma quelli che lo hanno fatto si sono ricoverati più tardi».

Nonostante la pandemia Covid 19 si sia concentrata nel Nord Italia, la riduzione dei ricoveri per infarto è stata registrata in modo omogeneo in tutto il Paese: Nord e Sud 52,1% e 59,3% al Centro. «Una riduzione simile a quella dei ricoveri per infarto è stata registrata anche per lo scompenso cardiaco, con un calo del 47% nel periodo Covid rispetto al precedente anno - osserva Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto Sic - La riduzione dei ricoveri per scompenso cardiaco è stata simile tra gli uomini e le donne. Una riduzione sostanziale dei ricoveri è stata osservata anche per la fibrillazione atriale con una diminuzione di oltre il 53 % rispetto alla settimana equivalente del 2019, così come è stata registrata una riduzione del 29,4% di ricoveri per malfunzione di pace-makers, defibrillatori impiantabili e per embolia polmonare».

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Alberto Lupini


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