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I Maestri raccontano... Il Goceano, luogo di riscoperta

In un momento critico come quello attuale, il territorio può diventare fonte di nuovi modelli e opportunità. Pino Mulas spiega come con la sua cantina Arvisionadu cerchi di recuperare i valori della terra.

di Fabio Di Pietro
F&B Manager di 5 Hats
 
27 maggio 2020 | 17:38

I Maestri raccontano... Il Goceano, luogo di riscoperta

In un momento critico come quello attuale, il territorio può diventare fonte di nuovi modelli e opportunità. Pino Mulas spiega come con la sua cantina Arvisionadu cerchi di recuperare i valori della terra.

di Fabio Di Pietro
F&B Manager di 5 Hats
27 maggio 2020 | 17:38
 

In questo momento di ripartenza dopo i mesi di fermo a causa del Covid-19, il team di 5-Hats ha pensato di evidenziare i valori della Maestria italiana dei produttori e degli artigiani in abbinamento al loro territorio: dal momento che la quarantena dei mesi scorsi e le limitazioni imposte dall’emergenza ci portano a immaginare un nuovo turismo di prossimità, abbiamo scelto di valorizzare i territori meno conosciuti e quindi da riscoprire, dove vivono i Maestri e dai quali proprio loro traggono ispirazione. I Maestri questa volta non solo “raccontano”, come recita il titolo della nostra rubrica, ma insegnano anche come ripartire utilizzando il territorio come fonte di nuovi modelli.

Castello di Burgos - I Maestri raccontano... Il Goceano, luogo di riscoperta

Castello di Burgos (o del Goceano)

Il primo al quale ci siamo rivolti è Pino Mulas la cui missione negli ultimi anni, da buon artigiano, è stata quella di raccontare il suo territorio attraverso la sua realtà aziendale, grazie ad Arvisionadu, cantina del Goceàno (regione della Sardegna centro-settentrionale) che ha avuto il merito di riscoprire e riportare in vita vitigni autoctoni ormai quasi estinti.

Cosa significa per lei il termine Maestria?
Il Goceano, la zona dove si trova il nostro vino, è una delle più produttive della Sardegna e anche una delle più antiche. Qui è stato scoperto un vitigno molto raro che presenta difficoltà sia nella coltivazione che nella vinificazione. La sua caratteristica è l’acino molto piccolo e una bassissima resa, facendo sì che la sua coltivazione risulti assai difficoltosa. Se non avessi avuto la follia di inseguire un ideale volendo tramandare un po’ quella che è la storia della nostra terra (ne abbiamo tanta...) e se non avessi insistito per trasformare le difficoltà di coltivazione in punti di forza, non sarei mai arrivato a creare qualcosa di unico. Dovete sapere che è assai difficile coltivare in una situazione in cui la vegetazione si intreccia con la vigna, ma questa sfida mi piace e direi che ne sta valendo la pena perché il prodotto che stiamo ottenendo è più unico che raro, quindi ancora più prezioso!

Con la capacità di avere un sogno e di non fermarsi ad analizzare solo le difficoltà si possono ottenere grandi cose. Io stesso, quando ero più giovane, spostandomi dal paese per andare al primo centro universitario a Sassari, ho capito cosa significa studiare e ricercare per tentare di emanciparsi. Tutto questo non senza difficoltà che non sono state solo “ostacoli” ma opportunità di crescita. Questo mio carattere e la voglia di esaudire un desiderio di mio padre hanno fatto sì che prendessi in mano questo vitigno ormai quasi sparito, già unico (gli studi della Bicocca di Milano lo hanno definito “unico nel suo genere” e non parente degli altri ceppi sardi).

Ho voluto creare un vigneto che non fosse solo un terreno produttivo, ma un piccolo grande centro culturale e naturale. Mio padre, infatti, già lo piantò per valorizzare degli ipogei che si trovavano in prossimità della vigna, rendendolo attrattivo anche a chi venisse a scoprire il nostro bel Goceano da fuori; io, per omaggiare lo spirito di ricerca storica che ci accumunava, ho valorizzato un disegno di un labirinto (tipico di antiche culture mediterranee) trovato dentro a quell’ipogeo, creandone la piantina con la quale disporre il mio vigneto. Una cosa un po’ matta, ma che mi piace raccontare!

Pino Mulas - I Maestri raccontano... Il Goceano, luogo di riscoperta
Pino Mulas

Cosa la lega al Goceano?

Ci sono nato, sono legato ai suoi profumi, alla sua voglia di far conoscere la sua storia, e poi non sapete quanto sia meraviglioso quando mi posso perdere fra le erbe selvatiche e il vento tra i filari. Il mio desiderio è restituire a questa terra tutto quello che ho ricevuto.

Quale pensa sia il futuro di questo territorio?
Intanto la creazione di una vera collaborazione nel tessuto del territorio. L’ospitalità e l’impresa delle aziende familiari, assieme alla cultura e alla nostra storia, saranno il futuro del Goceano. Queste cose stanno bene insieme perché qui si viene a rivivere l’atmosfera della vacanza d’infanzia che tanto ci manca.

Ha paura di non essere capito dal consumatore, in un mondo dove le bevute sono sempre le solite?
Ci confrontiamo con la realtà. Non è facile entrare nel mondo del vino. In Sardegna produciamo l’1% del vino nazionale. L’isola ci porta ad essere isolati, basti vedere a Vinitaly come è allestito dispersivamente il nostro padiglione, ciascuno per gli affari suoi e poco valorizzato. Bisogna fare più squadra perché la viticoltura qui è ad alti livelli, ma è del tutto assente una strategia di marketing condivisa. Dovremmo avere poi più supporto dalle imprese del turismo che vengono nell’isola: basti pensare che in aeroporto, nelle vetrine pubblicitarie, i vini esposti sono tutti continentali mentre i nostri sono in un angolo! Se siamo da soli ci sono spese immense e meccanismi intricati per emergere, dobbiamo fare di tutto per consorziarci e proporci come marchio Sardegna, non solo come Goceano. Solo conoscendoci la gente ci può capire.

Piscina termale romana a Benetutti (Ss) - I Maestri raccontano... Il Goceano, luogo di riscoperta
Piscina termale romana a Benetutti (Ss)

Se dovesse trovare il suo “alter ego” nel mondo dell’artigianato chi sarebbe?
Benetutti (Ss), già luogo di produzione di pane e di dolci tipici, si trova a pochi chilometri da Nule (Ss): è un centro artigiano di tappeti sardi dipinti a mano con colori naturali. Le donne di Nule rappresentano a pieno la nostra filosofia di tradizione e trasmissione di questi valori. Anche gli intagliatori del legno qui sono notevoli, pensate che ho una porta recuperata dalla casa di mia nonna con tutte le sue decorazioni tipiche di qui: la custodisco come un ricordo prezioso.

Cosa ne pensa dei giovani? È ancora possibile innamorarsi di una vita artigiana in un mondo oramai ipertecnologico e “comodo”?
Ce ne sono pochi. I giovani vanno verso la costa dove hanno più facilità di trovare un lavoro nel turismo. Da noi c’è molto il culto della preparazione culturale, ma poi non si produce vero valore. Io credo che il sardo si realizzi meglio quando si confronta con una realtà esterna. Il chiuderci troppo in noi stessi diventa quasi un handicap: la Sardegna non è il centro del mondo, dobbiamo aprirci di più conservando le tradizioni, ma non pensando che esistano solo quelle. In fondo il problema è che non c’è grande comunicazione fra i tradizionalisti e i giovani laureati dalle vedute più aperte, che dovrebbero lavorare in sinergia per dare seguito ai valori di entrambe le parti.

Tappeti di Nule - I Maestri raccontano... Il Goceano, luogo di riscoperta
Tappeti di Nule (Ss)

Cosa auspica in un momento critico come questo?
Io sto cercando l’aiuto di esperti, per fare squadra con i produttori. Uniamoci: dobbiamo vedere il consorzio come un’opportunità. Dobbiamo far parlare del territorio sardo raccontandoci al turista e proponendo un grande territorio che vive di collegamenti e relazioni fra i comuni. Non chiudiamoci, condividiamo le nostre ricchezze coinvolgendo i giovani! Solo così faremo parlare la nostra terra.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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