Maracuoccio di Lentiscosa - foto Pietro Avallone
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Maracuoccio di Lentiscosa - foto Pietro Avallone
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Macinatura del maracuoccio per ottenere la farina - foto Pietro Avallone
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Preparazione della maracucciata - foto Pietro Avallone
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Maracucciata - foto Pietro Avallone
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Dolci a base di farina di maracuoccio - foto Pietro Avallone
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Preparazione della maracucciata - foto Pietro Avallone
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Maracucciata - foto Pietro Avallone
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Maracucciata - foto Pietro Avallone
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Al centro, Domenico Caiazzo e Giorgio Iannuzzi - foto Pietro Avallone
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Un piccolo legume a rischio di estinzione come chiave d’accesso per scoprire un intero territorio e le sue bellezze. È questo l’obiettivo di un progetto, nato 6 anni fa, che prevede in primis il recupero, la tutela e la valorizzazione del maracuoccio, da poco diventato ufficialmente, grazie all’impegno e alla determinazione sia dei produttori che degli enti locali, Presidio Slow Food.

Si coltiva a Lentiscosa, frazione collinare del comune di Camerota, in provincia di Salerno, nella parte meridionale del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Simile ad un pisello o ad una lenticchia, ma più piccolo e squadrato, questo legume appartiene alla famiglia delle cicerchie (Lathyrus cicera è il suo nome scientifico) e per secoli è stato impiegato come alimento per il bestiame ma anche come fonte proteica per le popolazioni più povere o come cibo di sostentamento in periodi di carestia.
Oggi sono rimasti in sei a Lentiscosa a coltivare il maracuoccio: Domenica Caiazzo, Luca Cella, Domenico Cusati, Giuseppe Marotta, Lorenzo Pacelli e Sandro Mattia Peluso, con le loro aziende a conduzione familiare. La superficie coltivata si aggira intorno ai 3 ettari e la produzione annua è di pochi quintali. Il neonato Presidio “Maracuoccio di Lentiscosa” - che si aggiunge alle altre 8 eccellenze del territorio cilentano divenute Presidi Slow Food, dalle Alici di Menaica alla Cacioricotta del Cilento, dal Cece di Cicerale alla Soppressata di Gioi - vuole quindi salvare questo prodotto dall’oblio, rilanciare la produzione, coinvolgere e sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza di questa coltura e creare una rete locale di ristoratori che, attraverso il maracuoccio, promuovano il territorio.
Il maracuoccio, il cui nome è composto dalla parola di origine semitica “
maru” (amaro) e da quella di origine greca “
cuoccio” (baccello), ha un gusto amarognolo e viene utilizzato principalmente sotto forma di farina. È legato per tradizione alla preparazione di un piatto tipico locale: la maracucciata, una polenta ottenuta da un 60% di farina di maracuoccio e il restante 40% di farina di grano, ceci, cicerchie, farro e favino. Viene servita insieme a crostini di pane raffermo rosolati con olio extravergine, cipolla, aglio e peperoncino. Si trasforma così in un piatto allo stesso tempo “povero” per la semplicità dei suoi ingredienti, gustoso e perfettamente equilibrato dal punto di vista nutrizionale.
«Dietro ad un cibo della tradizione c’è sempre anche parte della nostra storia e della nostra convivialità - spiega
Giorgio Iannuzzi, responsabile Slow Food del Presidio - perciò il recupero di un prodotto che è in via di estinzione ci consente di recuperare la nostra integrità culturale come espressione del territorio, perché il prodotto stesso è espressione della sua biodiversità. Abbiamo dato il via al progetto legato al maracuoccio 6 anni fa. Ci siamo resi conto che la produzione, allora, era di al massimo 1 quintale e mezzo all’anno. Abbiamo coinvolto i produttori e siamo andati alla ricerca del seme antico e più autentico. Dopo 6 anni siamo arrivati ad una produzione che si aggira intorno ai 6 quintali ma, anche grazie al riconoscimento del Presidio Slow Food, puntiamo ad arrivare ai 10 quintali il prossimo anno».

Nel 2017 il maracuoccio sarà commercializzato con un’etichetta “narrante”, raffigurante il logo del Presidio Slow Food. Si troverà sotto forma di granella di solo maracuoccio oppure come farina per la maracucciata, nella proporzione di 60% maracuoccio e 40% grano. In questo modo sarà possibile vendere questo prodotto sul mercato e far sì che la sua produzione possa crescere nei prossimi anni.
«Le potenzialità della maracucciata sono grandissime - sostiene
Domenico Caiazzo, produttore e responsabile della biodiversità della Condotta Slow Food di Camerota - è una pietanza che si può utilizzare come il pane, il riso, la pasta: si accompagna a tutto. E stiamo anche mettendo a punto l’impiego per la preparazione di un dolce particolarmente adatto alle persone che soffrono di celiachia o intolleranza al glutine. Ecco quindi dove si può arrivare con un semplice legume quasi più piccolo di una lenticchia. È un’opportunità che ci ha fornito il nostro territorio».
«La trovata geniale della maracucciata - prosegue Caiazzo - è che a differenza delle polente tradizionali che sono a base di farine monovarietali (solo di ceci, mais o altro), qui troviamo invece i legumi (quindi proteine vegetali), i carboidrati del grano (che in questo caso è grano antico del territorio, grano tenero, più ricco di glutine, che quindi lega di più), e i ceci, che sono l’ideale per dare un tocco di rotondità, morbidezza, gusto e dolcezza. La maracucciata potrebbe essere l’unico piatto in cui si trovano 3 Presìdi Slow Food: il Maracuoccio di Lentiscosa, il Grano di Caselle in Pittari e i Ceci di Cicerale. È un cibo povero, lo mangiavano i contadini prima di andare a lavorare perché era un pasto completo, ricco di grassi e carboidrati. Questa è la Dieta mediterranea, anzi, questo è il mangiare cilentano. Perché non dimentichiamo che la Dieta mediterranea è nata tra Pioppi e Acciaroli: è figlia quindi del mangiare cilentano, e non viceversa!».
Ma qual è il vero punto di forza del maracuoccio? Giorgio Iannuzzi non ha dubbi: «Questo è un prodotto che si può trovare soltanto qui e da nessun’altra parte nel mondo». «Per apprezzare la maracucciata - gli fa eco Domenico Caiazzo - il modo migliore è venire nel Cilento e abbandonarsi ad un’esperienza fisica (il viaggio) ma anche culturale e di memoria. Il nuovo Presidio Slow Food deve diventare elemento di richiamo e motivo di viaggio, deve essere un pretesto per venire nel Cilento e, oltre a gustare questo prodotto, conoscere il territorio, la costa, la natura...».
Iannuzzi e Caiazzo hanno proprio ragione. Fare un viaggio nel Cilento, infatti, non significa solo avere la possibilità di assaporare specialità gastronomiche senza eguali, ma anche godere delle bellezze naturalistiche del Parco nazionale con i suoi incantevoli itinerari, oppure tuffarsi nelle acque cristalline delle baie raggiungibili solo via mare, o ancora immergersi nella storia visitando i siti archeologici di Paestum-Poseidonia e Velia-Elea oppure le grotte preistoriche di Marina di Camerota.