Nel mondo del vino, le denominazioni Docg rappresentano un sistema collaudato di garanzia della qualità e della provenienza. Un meccanismo che ha permesso a molti produttori virtuosi di essere riconosciuti e tutelati nel tempo. Nel settore del caffè, però, un sistema analogo ancora non esiste. Il risultato è che il mercato dello specialty coffee - il caffè di altissima qualità, tracciabile e sostenibile - resta privo di strumenti istituzionali in grado di difenderlo dalle distorsioni di mercato. A sottolinearlo è Alberto Polojac, esperto del settore e portavoce di Imperator, storica azienda triestina specializzata nell'importazione di caffè crudo.

Il mercato dello specialty coffee andrebbe tutelato
Dal terroir alle tazzine: il parallelo con il vino
Secondo Polojac, la situazione attuale porta a una dinamica poco sostenibile: il divario di prezzo tra caffè commerciale e specialty si sta assottigliando, ma non per via di un miglioramento qualitativo del primo. «Assistiamo a una crescita artificiale dei prezzi del caffè commerciale», afferma Polojac, «mentre il valore dello specialty, nonostante gli elevati standard produttivi, rischia di essere eroso da logiche speculative». Lo specialty coffee, per definizione, è un prodotto che supera gli 80 punti su 100 nella valutazione sensoriale della Specialty Coffee Association. Viene coltivato in condizioni ambientali ottimali, lavorato con precisione e cura, ed è completamente tracciabile lungo tutta la filiera. Tuttavia, a differenza del vino, questi criteri non sono regolamentati da un disciplinare riconosciuto legalmente.

Alberto Polojac, esperto del settore e portavoce di Imperator
Le somiglianze con il mondo enologico non sono casuali. Come accade per i vini, anche nel caffè il concetto di terroir - l'insieme di fattori ambientali come altitudine, clima, tipo di suolo e metodo di coltivazione - incide fortemente sul profilo aromatico del prodotto finito. «Nel vino è impensabile che un prodotto generico possa essere venduto al prezzo di un cru senza rispettare parametri precisi», osserva Polojac. «Nel caffè, invece, questa confusione è ancora presente sul mercato». L'assenza di certificazioni istituzionali rischia quindi di penalizzare i produttori che investono in qualità, tracciabilità e pratiche sostenibili, senza offrire alcuna tutela contro la concorrenza sleale.
Verso un disciplinare dello specialty coffee
Per Imperator la proposta è chiara: serve un sistema ufficiale di certificazione dello specialty coffee, ispirato a quanto già esiste per i grandi vini italiani. Un modello basato su disciplinari chiari e verificabili, capaci di valorizzare le differenze qualitative e territoriali del caffè.

Bisogna evitare che il caffè di alta qualità finisca per essere confuso con prodotti inferiori
Secondo la visione dell'azienda, un tale sistema dovrebbe includere:
- Disciplinari di produzione adattati alle diverse origini geografiche
- Controlli indipendenti lungo tutta la filiera
- Certificazione della tracciabilità completa
- Garanzie di retribuzione equa per i produttori
- Etichettatura trasparente per informare il consumatore
«Non si tratta solo di tutelare un prodotto», conclude Polojac, «ma di difendere un patrimonio culturale e agricolo, fatto di competenze e tradizioni che rischiano di scomparire. Il consumatore ha diritto a sapere cosa sta bevendo, esattamente come accade nel mondo del vino».

Un appello alla filiera: costruire un sistema condiviso
La proposta si rivolge a tutti gli attori del settore: produttori, torrefattori, importatori, baristi e consumatori. Solo un'azione condivisa potrà portare alla creazione di un sistema normativo capace di riconoscere, tutelare e valorizzare il vero specialty coffee. L'obiettivo è chiaro: evitare che il caffè di alta qualità finisca per essere confuso con prodotti inferiori, perdendo così il suo valore culturale e commerciale. Per questo, il tempo per intervenire è ora.