La pesca di Leonforte è dolce, profumata, povera di calorie, ricca di preziose vitamine, sostenibile e, se non basta, certificata Igp. È l'ultimo dono dell'estate e quindi arriva sul mercato quando i frutti scarseggiano.
Coltivata da tempo immemorabile nella piana dell’Ennese, in Sicilia, racconta una storia che - come dice Carmelo Salamone, presidente del suo Consorzio di Tutela - sembra quasi una favola. A raccontarla a Roma nella sede dell’
Aicig, l’Associazione Italiana dei Consorzi di Tutela, sono venuti anche Domenico di Stefano, responsabile del Consorzio ed esperto di marketing e l’agronomo
Ludovico Salamone.

L’albero di pesco - hanno raccontato - nasceva da sempre spontaneo e rigoglioso nei vigneti e tra gli ulivi, e dava frutti gialli a striature rosse, riconducibili alla famiglia delle percoche. Se i suoi frutti resistevano alle incursioni dei bambini, venivano gustati al naturale o trasformate in marmellate dalla gente del luogo.
Erano talmente buone che purtroppo attiravano anche le micidiali mosche della frutta, con conseguente distruzione dei raccolti. Ma qualcuno un giorno ebbe un’idea geniale. Perché non proteggere le pesche in via di maturazione dagli assalti dell'insetto con un sacchetto di carta, resistente alla pioggia? Era solo una barriera fisica, che isolava il frutto e rendeva del tutto superfluo l’uso di pesticidi. Il metodo funzionò, e da allora con pazienza certosina, ogni frutto viene incartato fino alla raccolta, che avviene da settembre fino a novembre.
Così la
pesca di Leonforte, coltivata in circa 100 ettari, è diventata una produzione unica, anche se di nicchia con appena 800 tonnellate. Una favola questa che soprattutto, negli ultimi 10 anni, per il lavoro di conoscenza e di valorizzazione ma anche di miglioramento genetico basato sull’oggettività e sulla selezione delle sue varietà, ha fatto di questo frutto una risorsa ed un’integrazione al reddito agricolo nel territorio ennese.
Qui non viene praticata la monocoltura, ma sono presente tutte le coltivazioni mediterranee, quindi in un perfetto equilibrio ambientale.

«È una pesca che rappresenta il perfetto binomio tra genotipo e ambiente - ha detto Ludovico Salamone - e gli innesti vengono presi solo dalle piante madri, per conservarne l’unicità. La Sicilia è un vero e proprio museo agroalimentare a cielo aperto e da noi al primo posto vengono messi l’ambiente e il consumatore».
Ma una produzione piccola, anche se blasonata per la certificazione, come fa ad essere diffusa e apprezzata a livello nazionale? Eppure grazie al lavoro del Consorzio e alla grande distribuzione, sempre più attenta ai nuovi gusti di un consumatore attento, la pesca di Leonforte ha raggiunto un vasto pubblico, disposto a pagare un poco di più il frutto, in genere confezionato in vassoi. Il prezzo? Circa 4 euro al kg, con una convincente assicurazione di bontà e di totale assenza della chimica.
Garantisce il disciplinare del suo Consorzio, e non a caso questo frutto è stato presentato nella sede romana dell’Aicig, la “casa” dei consorzi di tutela dei grandi prodotti fanno dell’agroalimentare italiano il migliore del mondo.
La Pesca viene coltivata in aree pianeggianti e collinari della Sicilia Centrale e, oltre che nel comune che le ha dato il nome, anche ad Assoro, Agira, Enna, Calascibetta. A questo frutto Rai Due a novembre dedicherà un ampio spazio nella trasmissione “Frigo” condotta da Tinto.
Per informazioni:
www.pescadileonforte.it