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Corse di dromedari e cucina tunisina al Festival internazionale del Sahara

Dal 13 al 17 gennaio le tribù nomadi del deserto celebrano la loro cultura nella città di Douz. Si animano i suk con momenti dedicati alle tradizioni tribali e a piatti tipici come il couscous e i Deglet Noor

di Mariella Morosi
 
10 gennaio 2017 | 11:16

Corse di dromedari e cucina tunisina al Festival internazionale del Sahara

Dal 13 al 17 gennaio le tribù nomadi del deserto celebrano la loro cultura nella città di Douz. Si animano i suk con momenti dedicati alle tradizioni tribali e a piatti tipici come il couscous e i Deglet Noor

di Mariella Morosi
10 gennaio 2017 | 11:16
 

Conto alla rovescia per la 49ª edizione del Festival internazionale del Sahara in programma dal 13 al 17 gennaio nella città tunisina di Douz, ai margini del deserto nordafricano. È un appuntamento che da quasi mezzo secolo celebra l’orgoglio dell’identità culturale della tribù nomadi di tutto il Magreb. La festa dei dromedari - come viene chiamato lo spettacolare raduno annuale - attira ogni anno da tutto il mondo migliaia di visitatori. La città di Douz, ultimo avamposto prima degli infiniti spazi segnati solo dalle dune, diventa un suggestivo palcoscenico per uno spettacolare raduno dove le genti nomadi rappresentano se stesse con le loro tradizioni tribali, i loro riti matrimoniali e la loro cucina.

Corse di dromedari e cucina tunisina al Festival internazionale del Sahara

È un’occasione unica per accedere a un mondo segreto e affascinante che si svolge davanti al Grand Erg Orientale, nel vasto spazio aperto di Hinich, uno dei luoghi transito obbligato di nomadi e di carovane dirette a Sud. Questo ha consentito dal primo Novecento l’insediamento di tribù stanziali come i Mrazigs con un incremento di attività commerciali e agricole. Alla vigilia del Festival di Douz gli uomini e le donne del deserto arrivano con i loro animali, soprattutto cavalli e cammelli, da cui dipende la loro esistenza, e piantano le tende.

Il suk si anima, dopo lunghe contrattazioni e sorseggiando bicchierini colmi di the si comprano e si vendono monili, cibarie, frutta ma anche i maestosi dromedari bianchi da corsa, i mèharis, gli agili cavallini arabi e i levrieri sloughis usati per le corse e per la caccia ai conigli. Passano di mano anche capre, agnelli, montoni e galline, e le tante spezie, nonché l’infuocata salsa harissa a base di peperoncino, ingrediente immancabile della cucina tunisina. Dovunque, e non solo dalle tribune allestite per l’occasione, lo spettacolo è continuo e affascinante.

Corse di dromedari e cucina tunisina al Festival internazionale del Sahara

Ma non c’è solo questo: con varie iniziative viene dato rilievo all’equilibrio naturalistico del deserto (geologia, morfologia del territorio, ricchezze sotterranee, desertificazione, flora e fauna, nuove potenzialità economiche e culturali). Da non sottovalutare inoltre l’impatto sociale e ambientale del turismo sahariano e le nuove prospettive aperte. Un posto d’onore al Festival è riservato alla poesia popolare, a cura della Casa della Cultura e del Museo del Sahara. Per anni il poeta Abdellatif Belgacem Marzoughi vi ha tenuto laboratori. Come in tutti i Paesi arabi, anche in Tunisia l’ospite è sacro e il pasto, anche nel deserto, è un momento da condividere.

La cucina non ha un ruolo minore per comprendere la vita di chi vive tra le dune e quella del deserto ha influenzato più di altre - come la francese - a definire la tipica gastronomia nazionale tunisina. Molte sono le specialità da gustare in banchi improvvisati o nei tanti locali. Il couscous resta comunque il piatto simbolo del Maghreb che ogni famiglia ricava dal frumento macinato e che richiede una laboriosa preparazione. Viene cotto al vapore mentre nella pentola sottostante cuociono a lungo agnello, montone o altre carni con spezie e verdure. Saporito e croccante il pane, pagnotte schiacciate cotte nella sabbia arroventata.

Corse di dromedari e cucina tunisina al Festival internazionale del Sahara

Diffusissimo il brik con le sue numerose varianti, le zuppe (chorba), gli spiedini con le salse, mentre ad arricchire molti piatti sono olive, miele, fichi, chicchi di melograna, noci, pistacchi e datteri. Questi ultimi, i Deglet Noor, letteralmente “dita della luce” sono considerati i migliori e crescono proprio qui, nell’immenso palmeto di Douz. Nel tajne, contenitore conico di coccio con coperchio, cuociono in condizioni ambientali spesso difficili e improvvisate vari ingredienti di tradizione berbera. Imponente è la manifestazione di chiusura del Festival con tutti, cavalieri, ballerini, musicisti, uomini, donne e bambini delle varie tribù che vi hanno partecipato.

Il visitatore viene coinvolto per quattro giorni in una dimensione singolare del tempo e dello spazio, tanto lontana dal nostro quotidiano. Nato nel lontano 1910 il Festival assunse una dimensione internazionale nel 1967 per volontà del presidente Habib Bourguiba che ne volle fare il simbolo della promozione del turismo del Sahara. L’oasi di Douz fu creata a fine Ottocento come avamposto del dodicesimo (douzième) battaglione francese, da cui prese il nome. È un messaggio di pace e di tolleranza quello che arriva ogni anno da questo appuntamento unico tra genti diverse. Un monito di cui mai come in questo momento il mondo ha bisogno.

Per informazioni: www.tunisiaturismo.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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