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15 luglio 2009 | 12:23

Tortionata

15 luglio 2009 | 12:23
 

 La tortionata o tortjonata (voce dialettale) sembra derivare il proprio nome da tortijon, che significa fil di ferro attorcigliato, al quale può essere paragonata per la difficoltà ad essere tagliata. Infatti questo dolce tipico lodigiano, come la sbrisolona, va spezzato e non affettato, perché si ridurrebbe a un ammasso di briciole. Quantunque sia stata codificata nel 1855 dal titolare della più antica pasticceria di Lodi, questa ricetta risale presumibilmente al tardo Medioevo per alcune caratteristiche tipiche dei dolci del tempo. Come la forma bassa e rotonda, la consistenza morbida nonostante sia una torta secca, la presenza di mandorle, e la mancanza di lievitazione, che rende la tortionata simile ai mostaccini e come questi forse veniva preparata con il miele per legare l'impasto data la scarsità di uova.

Difficoltà: modesta
Tempo di esecuzione: 90 minuti
Tecnica di cottura: cottura in forno
Stagionalità: tutto l'anno  
Utensili: tritatutto, placca da forno, terrina, teglia

Preparazione per 6 porzioni:

    * Farina bianca 00: 300 g
    * Burro: 150 g
    * Zucchero: 150 g
    * Mandorle sgusciate e pelate: 150 g
    * Tuorlo d'uovo: 1
    * Scorza di limone grattuggiata: q.b.

    * Tritare le mandorle e farle tostare leggermente in forno mettendole sulla placca;
    * impastare tutti gli ingredienti;
    * mettere il composto un una teglia imburrata badando che risulti alto due centimetri o due centimetri e mezzo;
    * cuocere in forno moderatissimo (120° C) per circa un'ora.

L'ingrediente: il burro  
Il burro è un grasso di origine animale, solido a temperatura ambiente, che fornisce 758 kcal/100 g. Il suo contenuto nutritivo è caratterizzato da un'elevata presenza di grassi (83.4%), per la gran parte costituiti da acidi grassi saturi (50% circa), di colesterolo (250 mg/100 g) e di vitamina A. Il burro si ottiene dalla lavorazione della crema del latte vaccino, cioè la panna, oppure del siero o di una miscela di siero e crema.

La burrificazione si ottiene agitando energicamente la crema in appositi contenitori (le zangole, da cui il procedimento è anche detto zangolatura) per far sì che i globuli di grasso si aggreghino tra loro separandosi dal liquido residuo, il latticello. Seguono il lavaggio (con acqua fredda, per allontanare lattosio e proteine), l'impastamento (per avere un massa compatta ed eliminare acqua residua) e la modellatura in varie forme. Il burro può venire addizionato di sale, conservanti (antimicrobici e antiossidanti), e alcuni coloranti naturali (carotenoidi, zafferano, annato).

Il contenuto minimo di grasso non deve essere inferiore all'80%, mentre per il burro leggero a ridotto tenore di grasso deve essere compreso tra il 60 e il 62% , e per il burro leggero a basso tenore di grasso tra il 39 e il 41%. A seconda della materia prima impiegata si hanno prodotti di qualità differente: il migliore è quello ricavato solo dalla crema con determinate caratteristiche igieniche e organolettiche, tanto che la legge prevede per questo burro la denominazione burro di qualità.

Importante ai fini delle caratteristiche del prodotto, è pure il modo con cui è stata separata la panna dal latte: per centrifugazione, un trattamento rapido che permette di ottenere una crema dolce che viene fatta poi maturare addizionandola di fermenti lattici (conferiscono al burro l'aroma finale); per affioramento ovvero lasciando riposare il latte per dodici ore: la panna ricavata è più aromatica e acida e non viene addizionata di fermenti poiché questi si sviluppano naturalmente durante il periodo di riposo del latte.

Un burro di buona qualità appare lucido, omogeneo e compatto, quando si taglia non devono comparire goccioline d'acqua, il colore è bianco-giallognolo e può variare a seconda del periodo di produzione in base al foraggio delle vacche (bianco d'inverno e più giallo in estate), l'odore e il sapore sono lievi e delicati. Per evitarne l'irrancidimento, il burro va conservato in frigorifero a +5-6°C, perfettamente chiuso, per non più di 3-4 settimane, mentre nel freezer (-18°C) si mantiene anche un anno.

Varianti:
La scorza di limone grattugiata non è prevista nella ricetta originale codificata dal pasticcere Luraghi. Sostituendo metà farina bianca con farina gialla si ottiene un'altra torta tipica lombarda, la barlocca, la cui modalità di preparazione è descritta ne La cucina degli stomachi deboli (1862) del Dubini.

è una torta a lunga conservazione (se tenuta in un contenitore a chiusura ermetica o in una scatola di latta), ideale per merende e prima colazione, o consumata dopo cena con un vino dolce come il Moscato Doc o la Malvasia dell'Oltrepò, entrambi anche nella versione spumante.

Per porzione:

Energia (kcal)

801

   Proteine (g)

15,2

   Lipidi (g)

49,8

   Glucidi (g)

65,6

   Sodio (mg)

7

   Colesterolo (mg)

102

   Fibra (g)

Fonte: www.buonalombardia.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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