Riportiamo da Repubblica.it
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MODENA - C'era una volta il marchio Fini. Ovvero tortellini e zamponi, lasagne e salami, ma anche mostarde, aceto balsamico e cospicui cesti natalizi. E poi ristoranti, alberghi, autogrill. Da domani, come in un domino che corica le sue tessere sul tavolo, niente più ristorante (fregiato da sempre con stella Michelin), niente più hotel San Francesco (che di stelle ne aveva addirittura cinque).
Sfiancati da conti sempre più in rosso, i fratelli Fini hanno annunciato la messa in liquidazione della società che inglobava entrambe le attività, con 34 dipendenti, che passeranno direttamente dalle ferie alla disoccupazione. Molte altre tessere erano già cadute, a partire dalla fine degli anni '80, quando il padre di Anna Maria e Vittorio, il dottor Giorgio, aveva ceduto l'azienda alimentare alla Kraft.
Allora, l'operazione era parsa ottima, se non dal punto di vista sentimentale e di immagine, sicuramente nel coté economico, visto che si parlò di una cifra vicina ai 140 miliardi di lire. Ma l'ingresso nel dorato mondo della finanza ha portato poca fortuna agli eredi. La frammentazione della Hrf in micro-società di controllo dei settori dell'hotellerie - Real Fini, Baia del Re e San Francesco - e della ristorazione, bollata dai sindacati come escamotage per tenere il numero dei dipendenti sotto quota 15 (maggior facilità nei licenziamenti), non ha coinciso con un'adeguata strategia di marketing e gestione.
La storia del ristorante suona come una case history mal riuscita. Nato dall'intuizione di nonno Telesforo e della moglie Giuditta, che trasformava nel retro della salumeria del marito i prodotti del territorio in piatti succulenti, negli anni è diventato il simbolo della Modena mangereccia, frequentato dagli uomini di Ferrari e Maserati, ma anche da artisti e politici: davanti al mitico carrello dei bolliti hanno sostato deliziati il commendator Ferrari e Fangio, Anna Magnani e Roberto Rossellini.
Un successo così prorompente da varcare l'oceano, se è vero che alla fine degli anni '60 un'università americana invitò Giorgio, primogenito del fondatore, laureato in medicina con specializzazione in dietologia, a tenere un ciclo di lezioni sulla gastronomia modenese, mentre sua sorella Giulietta impiantava la prima acetaia a Modena, lanciando il mito del balsamico tradizionale.
Avrebbero potuto continuare così, salvaguardando la sostanza invece di inseguire la forma, mantenendo alto il profilo di un marchio capace di identificare - a torto o a ragione - il meglio dell'offerta gastronomica e alberghiera della regione. E, invece, ristorante e albergo sono diventati gusci bellissimi ma vuoti, mobili di design e servizio zoppicante, ristrutturazioni lussuose e branzini monoporzione. Per divertire occhio e palato resta il super chef Massimo Bottura, con il suo cotechino cotto nei vapori del Lambrusco. Ma il made in Emilia ne esce ammaccato per sempre.
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