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Ristorazione italiana multietnica Il 40% dei nuovi locali è straniero

La ristorazione italiana è sempre più multietnica. Crescono i locali italiani gestiti da stranieri e decollano i ristoranti etnici: negli ultimi 9 anni sono praticamente raddoppiati, passando dalle 2.511 unità del 2000 agli oltre 4mila del 2009, e sono prevalentemente cinesi (65% del totale)

 
31 agosto 2009 | 16:18

Ristorazione italiana multietnica Il 40% dei nuovi locali è straniero

La ristorazione italiana è sempre più multietnica. Crescono i locali italiani gestiti da stranieri e decollano i ristoranti etnici: negli ultimi 9 anni sono praticamente raddoppiati, passando dalle 2.511 unità del 2000 agli oltre 4mila del 2009, e sono prevalentemente cinesi (65% del totale)

31 agosto 2009 | 16:18
 

 La ristorazione italiana è sempre più multietnica. Ogni anno chiude il 20% di pubblici esercizi (circa 50mila unità rispetto ai 250mila totali) e apre un pari numero di bar, ristoranti e pizzerie: di questi, il 40% fa capo a immigrati che cucinano specialità italiane. Decollano anche i ristoranti etnici, specializzati nella cucine di altri Paesi: negli ultimi 9 anni sono praticamente raddoppiati, passando dalle 2.511 unità del 2000 agli oltre 4mila del 2009, e sono prevalentemente cinesi (65% del totale). A descrivere i cambiamenti del settore che rispecchiano una società sempre più multirazziale è il direttore generale della Fipe-Confcommercio, Edi Sommariva (nella foto), che sottolinea come l'ingresso degli immigrati sia facilitato dal fatto di «aver l'abitudine a trasformare il progetto famiglia in un progetto aziendale».

«Avviare un bar o un ristorante a gestione familiare - ha sottolineato Sommariva - consente risparmi nei costi di gestione di oltre il 50% rispetto a un locale con un titolare e 3 dipendenti. In questo sono favoriti gli stranieri, che contrariamente agli italiani sono abituati a lavorare con tutta la famiglia. Grazie alle agevolazioni fiscali, e alla possibilità di aprire i locali dalla mattina presto alla sera tardi, gli immigrati perciò decidono di rischiare, aprono un esercizio e si assicurano quel margine minimo per poter andare avanti».

Edi SommarivaSecondo Sommariva, al giorno d'oggi poter contare sulla famiglia è un requisito necessario per poter avviare un pubblico esercizio, considerando che «quella di bar e ristoranti in Italia è una rete ipertrofica, esorbitante, con bassissima produttività». Il continuo aumento della presenza degli stranieri nella ristorazione made in Italy presenta però, secondo il direttore generale della Fipe, dei rischi per le tipicità alimentari italiane. «Le nostre tradizioni - aggiunge Sommariva - sono uniche, legate al prodotto, e l'aumento di ristoratori che le conoscono solo marginalmente rischia di danneggiare la filiera».

Se aumentano gli immigrati nel settore della ristorazione, sono poi in crescita anche i ristoranti multietnici: negli ultimi 9 anni sono quasi raddoppiati, passando a 4mila unità. I ristoranti più diffusi rimangono sempre quelli cinesi (65% del totale), seguiti dai giapponesi, che però si sono fermati negli ultimi anni per i prezzi più alti, e dagli altri orientali (vietnamiti e coreani). Aumentano, anche se non esistono dati ufficiali in proposito trattandosi di artigiani e non di pubblici esercizi, i locali kebab, sempre più apprezzati in Italia. In proposito, Sommariva ha definito non giusti i provvedimenti presi in alcune cittadine italiane per limitare questi locali: «oggi per aprire un pubblico esercizio - ha concluso - vince concessa una licenza, e poi ci si può fare quello che vuole. Piuttosto la strada su cui puntare è dare privilegi fiscali a chi si impegna per mantenere le tradizioni».


Fonte: Ansa

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