LONDRA - Un uomo di 30 anni è morto per una nuova variante della malattia di Creutzdeldt-Jakob (vCJD), meglio nota come malattia della "mucca pazza", che presenta un make-up genetico considerato incompatibile con la precedente epidemia. Lo annuncia un articolo pubblicato sul quotidiano britannico Daily Telegraph.
Questo caso suggerisce che quasi la metà della popolazione che si pensava essere immune al contagio in realtà impiega solo più tempo a manifestare i primi sintomi. Se quest'ipotesi venisse confermata, oggi ci potrebbe essere un numero imprecisato di persone vive infette che non sanno di avere la malattia. Questi potenziali malati, compresi i bambini piccoli, potrebbero essere stati contagiati mangiando carne di bovini affetti da encefalopatia spongiforme bovina (Bse).
Il periodo di incubazione della malattia è più o meno lungo, quindi non è dato sapere se e quando i primi sintomi saranno evidenti. La maggior preoccupazione degli esperti è che "sbuchi dal nulla" una seconda epidemia, questa volta molto più diffusa. Dal 1994 a oggi sono stati confermati 200 casi di vCJD in tutto il mondo. Fino a oggi, ogni persona cui è stata accertata la vCJD ha presentato una particolare forma "omozigote" del gene della proteina prionica umana conosciuta come "MM".
Si ritiene che le proteine prioniche siano gli agenti infettivi dietro la malattia. Lo stesso gene può anche assumere la forma "VV" o "MV". La vittima recentemente identificata, che morì a gennaio dopo aver subito cambiamenti di personalità, perdita di memoria, instabilità e allucinazioni visive, aveva la forma eterozigote "MV".
Gli scienziati che studiano il caso, diretti da John Collinge del Medical Research Council Prion Unit di Londra, hanno spiegato che le patologie cerebrali hanno periodi di incubazione più lunghi nelle persone che hanno il gene del prione "MV" eterozigote. Come riportato sulla rivista The Lancet, il periodo di incubazione della malattia può durare oltre 50 anni.
Gli scienziati sospettano che il gene MV potrebbe richiedere simili periodi di incubazione nelle persone infette con vCJD. Circa un terzo della popolazione generale ha la forma "MM" del gene del prione, che produce una doppia dose dell'amminoacido conosciuto come "metionina". «Se gli individui con altri genotipi - hanno sottolineato gli scienziati - sono ugualmente suscettibili di sviluppare la malattia da prioni dopo l'esposizione al prione BSE, ma con periodi di incubazione più lunghi, ci si dovrebbero aspettare altri casi, che possono o non possono soddisfare i criteri diagnostici per la vCJD».
Fonte: Agi
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