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Il sì agli Ogm fa discutere Zaia e Marini si oppongono

Il ministro delle Politiche agricole si schiera contro gli Ogm in Italia e lancia l’idea di un marchio etico che garantisca consumatori e produttori contrari ai prodotti geneticamente modificati. Della stessa idea Sergio Marini, presidente Coldiretti: «Vogliamo un referendum salva made in Italy»

 
01 febbraio 2010 | 10:00

Il sì agli Ogm fa discutere Zaia e Marini si oppongono

Il ministro delle Politiche agricole si schiera contro gli Ogm in Italia e lancia l’idea di un marchio etico che garantisca consumatori e produttori contrari ai prodotti geneticamente modificati. Della stessa idea Sergio Marini, presidente Coldiretti: «Vogliamo un referendum salva made in Italy»

01 febbraio 2010 | 10:00
 



Il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ha preso atto della sentenza del Consiglio di Stato sugli Ogm, chiarendo che il procedimento in questione è connesso a un iter normato dal decreto legislativo 212/2001, che stabilisce il previo parere di una Commissione tecnica la quale, non avendo a disposizione le prescrizioni tecniche sulle modalità di coltivazione delle colture Ogm ancora in corso di definizione, difficilmente esprimerà un parere favorevole. è previsto inoltre un successivo provvedimento amministrativo a firma del ministro delle Politiche agricole, di quello della Salute e di quello dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Luca ZaiaIl ministro delle Politiche agricole Luca Zaia (nella foto a destra) ha affermato che «la sentenza scritta dal Consiglio di Stato, certamente seguendo il dettato delle leggi e dei codici, contravviene in modo palese alla volontà della stragrande maggioranza dei cittadini e delle Regioni italiane. Primi fra questi, quegli agricoltori, ancora una volta la stragrande maggioranza, che non vogliono Ogm nei loro campi, consapevoli, innanzitutto, che è il valore identitario delle loro produzioni ad essere messo a repentaglio, la fertilità del loro futuro».

«Ci si chiede in particolare - ha aggiunto il Ministro - come sia possibile la coltivazione di Organismi geneticamente modificati se non in presenza di un piano di coesistenza, piano che può essere realizzato soltanto in accordo con le Regioni. A proposito della volontà dei cittadini, vale la pena di ricordare un mondo scientifico ancora diviso sulla natura degli Ogm; un consumo che divide la popolazione in abbienti che hanno la possibilità di alimentarsi con cibi biologici e certificati e di classi socialmente disagiate che devono adattarsi al cibo geneticamente modificato; un mondo agricolo che viene privato del valore dei semi, che inevitabilmente finiranno nelle mani delle multinazionali».

«Mi par di notare inoltre che gli stessi Stati Uniti, un tempo ammaliati dal fascino delle coltivazioni Ogm, con l'amministrazione Obama, stiano valutando i benefici delle biodiversità. A quanti esultano ogni volta che si accenna agli Ogm, dico di guardarsi intorno, di guardare proprio all'Europa. L'Italia, con Francia e Germania in prima linea, è in buona compagnia. E voglio aggiungere che per il Mon810, il mais Ogm in questione, l'autorizzazione alla coltivazione comunitaria è scaduta e non è stata ancora rinnovata, poiché l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sta valutando le ricadute ambientali della coltivazione con un monitoraggio attento ed esami approfonditi».

«Gli Ogm non sono la risposta ad un mercato dove i nostri cibi si confrontano con quelli venduti a prezzi irrisori perché prodotti da Paesi che pagano i loro braccianti due euro al giorno, come avviene in India, o cinque euro al giorno, come accade in Cina. La risposta a questi problemi è una seria politica che imponga tracciabilità ed etichettatura dei prodotti agroalimentari. Ciò detto è ovvio che porteremo in tutte le istanze possibili questo punto di vista affinché venga compreso da quell'autorità giuridico-legislativa che ha la responsabilità di rendere concreta la volontà generale, piuttosto che di applicare, ignara delle conseguenze, codici e pandette».

«Leggo alcune reazioni alla sentenza del Consiglio di Stato sugli Ogm e mi sembra non tengano nel dovuto conto la volontà dei cittadini italiani e della maggioranza di quelli europei che, sempre di più e sempre più numerosi, invocano prodotti di qualità, tracciabilità e trasparenza. Credo si debba riflettere su come andare in soccorso di tale volontà, che certo si scontra con gli interessi delle multinazionali e di pochi produttori nazionali. Mi chiedo se la proposta di un marchio etico Ogm-free sarebbe in grado di aiutare i consumatori italiani a veder rispettata la loro volontà fino sugli scaffali dei negozi e dei centri commerciali».

«Un marchio - ha proseguito il Ministro - che garantirebbe alla stragrande maggioranza dei produttori di continuare a fare agricoltura di qualità e certamente più vicina alla conformazione culturale, produttiva e persino commerciale dei nostri territori. è pur vero che oggi, anche se in misura contenuta, esistono e circolano liberamente semi Ogm. Il problema è contenere il fenomeno, non svilupparlo: e questo per venire incontro alla struttura economica e identitaria che meglio ci rappresenta nel mondo».

«Chiedo ai fautori della rivoluzione di Frankenstein - ha affermato Zaia - se i prodotti italiani all'estero sono più conosciuti in virtù delle loro differenze, e quindi della biodiversità che ne è alla base, o dell'omologazione. E chiedo se un processo che in modo irreversibile ci renderebbe uguali a tutti i Paesi che non hanno un'agricoltura di qualità davvero sia in grado, anche dal punto di vista economico, di aiutare le imprese agricole. Va ribadito che gli Ogm non sono la risposta ad un mercato dove i nostri cibi si confrontano con quelli venduti a prezzi irrisori perché prodotti da Paesi che pagano i loro braccianti due euro al giorno, come avviene in India, o cinque euro al giorno, come accade in Cina. La risposta a questi problemi è una seria politica che imponga tracciabilità ed etichettatura dei prodotti agroalimentari».

«Infine - ha concluso - ricordo che ben il 72% dei consumatori italiani - e non faccio fatica a ritenere che si possa dire la stessa cosa anche ampliando lo sguardo ai consumatori dell'intero mondo occidentale - ha dichiarato la propria disponibilità a spendere di più per aver garantita la qualità di ciò che mette in tavola. E i cittadini hanno più volte, reiteratamente e cocciutamente, detto di no alla manipolazione dei semi. Ciò non significa essere contro la modernità, ma dare dei limiti allo strapotere di alcuni soggetti economici. Se per far questo, un marchio etico dovesse essere utile, marchio etico sarà».

Sergio MariniPer difendere il sacrosanto diritto della stragrande maggioranza dei cittadini e degli agricoltori di mantenere i propri territori liberi dagli organismi geneticamente modificati (Ogm), se si dovesse rendere necessario, avvieremo referendum e faremo esprimere il voto degli agricoltori, come previsto dalla raccomandazione comunitaria in materia di coesistenza degli Ogm con le altre coltivazioni. è quanto ha affermato Sergio Marini (nella foto a destra), presidente della Coldiretti, che rappresenta la maggioranza assoluta degli agricoltori italiani, nel commentare la decisione del Consiglio di Stato del 19 gennaio scorso. Sulla base dei risultati dell'ultima indagine annuale Coldiretti-Swg ("Le opinioni di italiani e europei sull'alimentazione"), il 72% dei cittadini italiani che esprimono una opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti Organismi geneticamente modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.

«Un'agricoltura moderna che vuole rispondere alle domande dei consumatori deve fare - ha sottolineato Marini - scelte coerenti con i bisogni di sicurezza alimentare e ambientale nel rispetto del principio della precauzione, per non iniziare a percorrere strade senza ritorno. La scelta di non utilizzare Ogm non è quindi il frutto di un approccio ideologico, ma riguarda una precisa posizione economica per il futuro di una agricoltura che vuole mantenere saldo il rapporto con i consumatori. In questo contesto, è fin troppo evidente che il modello produttivo cui appare orientato l'impiego di organismi geneticamente modificati (Ogm) sia il grande nemico della tipicità e della biodiversità e il grande alleato dell'omologazione».

«Mantenere il territorio libero dagli organismi geneticamente modificati (Ogm) - ha continuato Marini - è un diritto sacrosanto della stragrande maggioranza degli agricoltori e dei cittadini e pertanto, se si dovesse rendere necessario, lo difenderemo democraticamente con referendum degli agricoltori, come previsto dalla raccomandazione comunitaria in materia di coesistenza degli Ogm con le altre coltivazioni».

«Ci opponiamo alla diffusione delle coltivazioni Ogm in Italia e sosteniamo l'obbligo di indicare in etichetta la loro eventuale presenza nei prodotti importati da altri Paesi per dare l'opportunità di riconoscere i prodotti "Ogm free". Una agricoltura moderna che vuole rispondere alle domande dei consumatori deve fare scelte coerenti con i bisogni di sicurezza alimentare e ambientale nel rispetto del principio della precauzione, per non iniziare a percorrere strade senza ritorno. La scelta di non utilizzare Ogm - ha concluso Marini - non è quindi il frutto di un approccio ideologico, ma riguarda una precisa posizione economica per il futuro di una agricoltura che vuole mantenere saldo il rapporto con i consumatori. In questo contesto è fin troppo evidente che il modello produttivo cui appare orientato l'impiego di Organismi geneticamente modificati (Ogm) sia il grande nemico della tipicità e della biodiversità e il grande alleato dell'omologazione».


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