Bocuse d'or sì o Bocuse d'or no: ha ancora senso questo 'vecchio” concorso che valorizza lo stile francese in cucina in contrapposizione a quello italiano? E ancora. è giusto investire centinaia di migliaia di euro per promuovere il territorio (nel caso specifico Bergamo) e non valorizzare i cuochi, i prodotti agricoli e la cultura enogastronomica locale (per tutti la memoria di Luigi Veronelli)? Ha valore una fiera per l'Horeca con più sponsor che espositori? Il Cooking Expo di Bergamo ha aperto un dibattito nel settore sull'utilità di manifestazioni costose e con poche ricadute vere per la ristorazione italiana o per quella locale.
Pur nel richiamare il valore positivo di iniziative che hanno comunque il merito di richiamare l'attenzione rispetto alla professionalità dei cuochi italiani, non si può far finita di nulla rispetto a risultati che non corrispondono agli obiettivi. O meglio, lo si può fare se si rinuncia ad esprimere opinioni libere e non certo preconcette in appositi spazi di commento sganciati dalle cronache (peraltro ricche di notizie, foto e video). è quanto hanno fatto ad esempio due giornalisti bergamaschi doc (Francesco Arrigoni del 'Corriere della sera” e Alberto Lupini, direttore di 'Italia a Tavola”) che di Bergamo e del suo territorio non hanno certo nulla da farsi insegnare da nessuno per storia personale ed esperienze professionali.
Eppure è bastato che esprimessero delle perplessità sull'iniziativa perché subito qualche zelante collega arrivasse a bacchettarli per lesa maestà delle istituzioni. Nel caso specifico Paolo Massobrio, pur senza nominarli, ha voluto tirare loro le orecchie difendendo a spada tratta la manifestazione, a cui ha partecipato ricevendo, pare, regolare rimborso spese per un intervento in una tavola rotonda. Oggi sul sito Papillon si può in particolare leggere così: «Una considerazione a margine di questa manifestazione, tuttavia, mi preme farla, dopo aver letto gli attacchi durissimi di un paio di colleghi bergamaschi. Ora, capisco che lo sfasciare tutto ciò che si innalza in casa propria è uno sport nazionale e si chiama 'provincialismo”, ma con tutta franchezza, da esterno quale ero, la serata di gala di lunedì sera è stata una delle cose più belle, eleganti e intelligenti che abbia mai vissuto fino ad ora. C'era gusto, immagine, musica, ballo e misura».
Leggere che alcune considerazioni in merito all'opportunità di affidarsi ai francesi per giudicare il valore della cucina italiana, o all'invenzione di una fiera inesistente per promuovere un territorio, siano valutate come 'provincialismo” suona un po' sospetto. Tanto più se si difendono una fiera e un concorso parlando dell'unica cosa che non è stata contestata perché irrilevante: la cena di gala. Cena a proposito della quale vanno riconosciuti i giusti meriti agli organizzatori poiché sono riusciti a riempiere un padiglione con centinaia di invitati (non paganti). Un modo per compensare forse il vuoto pneumatico fra gli stand... Ma questo a Massobrio forse non interessa perché si tratta di soldi pubblici.
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