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La Cassazione tutela la mozzarella Non è di bufala se contiene altro latte

La sentenza della Cassazione stabilisce che non si può etichettare come mozzarella di bufala un prodotto contenente, in misura maggiore della metà, altro tipo di latte. Assumerà rilievo penale anche il solo fatto di impiegare nella preparazione sostanze di qualità inferiore a ciò che è dichiarato

 
26 aprile 2010 | 18:38

La Cassazione tutela la mozzarella Non è di bufala se contiene altro latte

La sentenza della Cassazione stabilisce che non si può etichettare come mozzarella di bufala un prodotto contenente, in misura maggiore della metà, altro tipo di latte. Assumerà rilievo penale anche il solo fatto di impiegare nella preparazione sostanze di qualità inferiore a ciò che è dichiarato

26 aprile 2010 | 18:38
 

Non si può etichettare come mozzarella di bufala un prodotto contenente, in misura maggiore della metà, altro tipo di latte. Questo a prescindere dall'avvenuta consegna o dalla consapevolezza che si tratti di merce diversa da quella dichiarata. A precisarlo la Cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 14285/10. D'altro canto, lo prevede l'articolo 5 della legge n. 283/62. Norma che non si limita a vietare la vendita, la somministrazione o la distribuzione per il consumo di alimenti preparati con elementi tali da variarne la composizione naturale.

Così, nella vicenda esaminata dai giudici di legittimità, viene respinto il ricorso avanzato dal rappresentante di un caseificio, condannato nel merito a un'ammenda di 10mila euro (con pena sospesa). Motivo della condanna, la preparazione per la vendita di un prodotto caseario nominato come mozzarella di bufala, diverso per qualità da quello dichiarato. Nell'alimento, in altre parole, risultavano mescolate sostanze di qualità inferiore a quelle indicate. Ad avviso della difesa, che ricorre per Cassazione negando la responsabilità penale del proprio assistito, il reato non si sarebbe consumato in quanto al momento della campionatura il prodotto non era pronto per la consegna. Ragione per cui l'alimento non era qualificabile come «detenuto per la vendita o per la distribuzione al consumo».

Tra l'altro, trattandosi di merce prodotta per essere venduta all'estero, il reato si sarebbe configurato solo al momento in cui, superate le verifiche finali, poteva dirsi pronta al consumo. Ma il ricorrente - sosteneva ancora la difesa - non era giunto in possesso della certificazione indispensabile per l'immissione in commercio del prodotto. I fatti compiuti dal rappresentante del caseificio sarebbero stati solo "preparatori", anteriori alla consumazione del reato, e pertanto "non punibili" in quanto privi di rilevanza penale.

Di diverso avviso la Corte, che respinge il ricorso ritenendo indifferenti, ai fini della condanna, i rilievi circa la destinazione all'estero della merce o il mancato completamento delle procedure di immissione in commercio. A tal proposito, sottolineano i giudici, sono sufficienti - affinché si ravvisi il reato - preparazione ed etichettatura al momento dell'accertamento. Condotta che basta ad integrare e consumare la violazione «non essendo necessaria - si legge in sentenza - la consegna del prodotto».

«Ci siamo: posso finalmente parlare di mozzarella - ha commentato il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan -. E lo faccio a seguito della sentenza n.14285\10 della III Sezione Penale della Cassazione, che ribadisce quanto già previsto dall'art. 5 della Legge n. 283\62. Per farla breve, se si produce mozzarella con latte di bufala il prodotto deve essere 'vero” anche prima della sua immissione in commercio. Fermo restando che la sentenza in questione non coinvolge in alcun modo la Mozzarella di Bufala Campana Dop, che nessuno ha mai messo in dubbio debba essere fatta con il 100% di latte di bufala proveniente solo dalla zona di origine definita dal disciplinare, essa aggiunge un tassello importante per la tutela dei consumatori».

«Parlo di mozzarella perché siamo stati posti di fronte ad un caso in cui rientrano questioni assai delicate e che vanno dalla effettiva qualità del prodotto, dalla sua riconosciuta genuinità all'etichettatura, all'immissione nelle reti commerciali sia italiane che straniere. Grazie alla Cassazione - continua Galan - è stato fatto un altro passo in direzione della chiarezza e della trasparenza a tutela dei consumatori e di un prodotto che in questi anni è stato fatto oggetto di numerosi attacchi. Infatti la sentenza stabilisce che anche il prodotto generico, la mozzarella "con latte di bufala", per la quale è ammesso l'uso di latte vaccino debba comunque essere fatta con almeno il 50% di latte di bufala».



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