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La lunga storia del Marsala Dagli inglesi all'Unità d'Italia

Il Marsala Doc è solo quello prodotto, invecchiato e imbottigliato in provincia di Trapani. Non si fregiano della Doc i derivati e le cosiddette creme. La Doc è appannaggio dei soli tipi classici che devono essere obbligatoriamente invecchiati in botti di legno di rovere oppure di ciliegio

 
21 giugno 2010 | 11:23

La lunga storia del Marsala Dagli inglesi all'Unità d'Italia

Il Marsala Doc è solo quello prodotto, invecchiato e imbottigliato in provincia di Trapani. Non si fregiano della Doc i derivati e le cosiddette creme. La Doc è appannaggio dei soli tipi classici che devono essere obbligatoriamente invecchiati in botti di legno di rovere oppure di ciliegio

21 giugno 2010 | 11:23
 

MARSALA (TP) - Passano i decenni. Ma a Marsala (Tp) possiamo ben dire, senza incorrere in esagerazione alcuna, che passano i secoli. Correva, propriamente diremmo "veleggiava", l'anno 1773. Una micidiale tempesta di scirocco imperversava al largo della costa occidentale siciliana allorquando ivi veleggiava con il suo brigantino Elizabeth, il lungimirante suddito di Sua Maestà britannica John Woodhouse.

Woodhouse e il suo equipaggio trovarono provvidenziale rifugio nel porto di Marsala (Marsala significa porto di Allah). Si rifocillarono anche degustando il forte e solare vino locale, il perpetuum, già all'epoca abitualmente invecchiato in botti grandi di buon legno. Woodhouse gradì molto, intuì la possibilità di nascente business ed eseguì un test market inviando circa 20mila litri di quel tesoro scovato nelle cantine di Marsala ai suoi connazionali, che lo accolsero favorevolmente, decretandone il conseguente successo commerciale.



Devono passare circa 60 anni perché sia un imprenditore italiano a divenire leader nella produzione e nella commercializzazione su scala mondiale del Marsala. L'abile e lungimirante imprenditore, capostipite di illustre dinastia a venire, è Vincenzo Florio che nel 1832 insediò il suo baglio sul fronte del porto, così contribuendo a determinare il cambiamento dell'isola da terra impigrita da una stanca aristocrazia a rigoglioso territorio in cui germoglia una borghesia illuminata ed imprenditrice.

E c'è vino Marsala nella storia dell'Unità d'Italia. Giuseppe Garibaldi e i suoi Mille sbarcarono a Marsala l'11 maggio 1860. Il generale in quell'occasione aveva altro da fare e non poté soffermarsi a degustare il Marsala ma quando tornò dopo due anni, un po' di tempo volle trovarlo e dal 1862 il Marsala che più gli piacque si chiama appunto G.D. cioè Garibaldi Dolce.

Al leader Florio si aggiunsero i followers, nomi oggi meritoriamente illustri quali Baglio Oneto, Martinez, Pellegrino, Pipitone Spanò e Lombardo. Tutte realtà nate nel diciannovesimo secolo.

Il Marsala, dopo essere entrato nei circoli londinesi entrò nelle case degli italiani, addirittura contribuendo a connotarne sorta di identità nazionale.

Sempre pronta per l'ospite la bottiglia di Marsala, da sorseggiare fuori pasto. Snellezza e sobrietà suggeriscono il salto di un secolo circa e siamo ai nostri giorni quando ci si accorge, meglio tardi che mai, che il Marsala sta invecchiando nell'unico modo deteriore; nobile e magnifico essendo invece l'invecchiamento nelle botti di legno pregiato.
Il Marsala, insomma, è invecchiato nella sua immagine di vino da meditazione per scivolare pericolosamente verso lacune di conoscenza da parte delle giovani generazioni. Necessitano azioni correttive.

Una prima azione correttiva si sostanzia certamente attraverso attrattive forme di comunicazione e più eclettiche destinazioni di uso del Marsala. Si pensi allora ad un uso, di certo non scandaloso, di certo non peregrino, del Marsala come componente del bere miscelato: dei cocktail e degli aperitivi fatti da valenti barman.

L'altro ampliamento dello spettro di uso del Marsala si compie ribadendo la sua vocazione di vino da meditazione essa rendendo significativa, ma né prevalente né tantomeno unica ed esclusiva.

Abbiamo degustato il Marsala Vergine Baglio Florio insieme con un ottimo gorgonzola dolce. è abbinamento eccellente. Vorremo riprovarci, in stagione propizia per disponiblità, lo stesso Marsala Vergine con il Pecorino di Fossa di Sogliano.

Ma l'inversione passa, soprattutto per i mercati esteri, attraverso la lotta alle contraffazioni del tipo 'Italian sounding” e quindi agli impuniti abusi del nome. E su tutti i mercati l'inversione passa attraverso una riqualificazione del prodotto che volga sempre più, stante il disciplinare della Doc vigente dal 1984, a comunicare la differenza tra i differenti vini Marsala.

Si sappia, insomma, che il Marsala Doc è solo quello prodotto, invecchiato ed imbottigliato in provincia di Trapani (esclusi i territori dei comuni di Alcamo, Favignana e Pantelleria). Non si fregiano della Doc e questo va detto, i prodotti aromatizzati derivati, ovvero le cosiddette creme.

La Doc è appannaggio dei soli tipi classici, ovvero fine, superiore e vergine che devono essere obbligatoriamente invecchiati (come da disciplinare) in botti di legno di rovere o di ciliegio.

L'invecchiamento è di un anno per il fine, di due per il superiore e di cinque per il vergine. La dicitura 'riserva” comporta almeno il raddoppio degli anni obbligatori di invecchiamento per ciascun tipo. Dolce, semi-secco e secco i suoi gusti. Oro, ambra e rubino i suoi colori.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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