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La Francia vieta il mais Ogm Mon-810 Ma per la Corte Ue non c'era rischio

Una sentenza della Corte di giustizia Ue ha stabilito che la Francia non poteva vietare la commercializzazione del mais Ogm Mon-810 appellandosi alla clausola di salvaguardia. La decisione si basa sul principio che impone agli Stati di dimostrare, oltre all'urgenza, l'esistenza di un grave rischio

 
09 settembre 2011 | 10:18

La Francia vieta il mais Ogm Mon-810 Ma per la Corte Ue non c'era rischio

Una sentenza della Corte di giustizia Ue ha stabilito che la Francia non poteva vietare la commercializzazione del mais Ogm Mon-810 appellandosi alla clausola di salvaguardia. La decisione si basa sul principio che impone agli Stati di dimostrare, oltre all'urgenza, l'esistenza di un grave rischio

09 settembre 2011 | 10:18
 

La Francia non poteva vietare la commercializzazione del mais ogm Mon-810 appellandosi alla clausola di salvaguardia. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Giustizia Ue che si è espressa in merito alle condizioni con le quali le autorità francesi hanno agito nel 2007 e nel 2008 per porre il divieto provvisorio al mais prodotto dalla Monsanto.

«Uno Stato membro non può utilizzare la clausola di salvaguardia prevista dalla direttiva 2001/18/CE al fine di adottare misure che sospendano e, in un secondo momento, vietino provvisoriamente l'utilizzo o l'immissione in commercio di un ogm come il mais Mon 810». Questa in sintesi la posizione della Corte di Giustizia Ue. Infatti, a titolo di misure urgenti, la Francia ha adottato, nel 2007, un decreto ministeriale volto a sospendere sul territorio nazionale la cessione e l'utilizzo di sementi di mais MON-810, e successivamente, nel 2008, due decreti ministeriali diretti a vietare la coltivazione delle sementi di mais MON-810. Contro questi provvedimenti la Monsanto e varie società produttrici di sementi hanno presentato ricorsi di annullamento dinanzi al Conseil d'état (Francia).

In tale contesto, il Conseil d'état ha deciso di rivolgersi alla Corte di giustizia riguardo alle norme applicabili alle misure urgenti relative alle autorizzazioni di immissione in commercio di cui beneficiano i prodotti Ogm. Il mais Mon 810 è stato notificato quale "prodotto esistente", in conformità al regolamento n. 1829 del 2003, e, successivamente, ha formato oggetto di una domanda di rinnovo di autorizzazione in corso di esame, ai sensi dello stesso regolamento. Di qui la sentenza della Corte Ue in base al principio che «impone agli Stati membri di dimostrare, oltre all'urgenza, l'esistenza di una situazione in grado di comportare un rischio che ponga a repentaglio in modo manifesto la salute umana, la salute degli animali o l'ambiente. Nonostante il loro carattere provvisorio e preventivo, tali misure possono essere adottate solamente se fondate su una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, che dimostrino che tali misure sono necessarie».

«L'interpretazione giuridica della Corte di giustizia non sorprende affatto. Il problema è invece più a monte, nell'inadeguatezza sostanziale della clausola di salvaguardia prevista dalla direttiva 2001/18 e delle misure urgenti previste dal regolamento 1829/2003 come strumenti messi a disposizione degli stati membri per vietare gli Ogm sui propri territori». Così Fabrizio Fabbri, direttore scientifico della Fondazione Diritti Genetici, commenta la sentenza.

«Tanto è vero - continua Fabbri - che la Commissione europea ha annunciato la conclusione della riforma completa di tutta la normativa riguardante gli Ogm entro la fine dell'anno. Sarebbe necessario - spiega il direttore scientifico della Fondazione Diritti Genetici - rivedere il concetto stesso di una clausola di salvaguardia in cui l'onere della prova spetta a chi decide di invocarla anzichè al produttore, come accaduto per decenni nel campo della chimica. Con l'aggravante che, nel caso degli Ogm, la ricerca indipendente che dovrebbe occuparsi di provare ed analizzare eventuali rischi, è complicata dalla presenza dei brevetti sui semi detenuti dalle multinazionali, che rendono estremamente difficile lo svolgimento di studi indipendenti che possano eventualmente confutare le analisi fatte dalle aziende».

«Ora staremo a vedere - conclude Fabbri - cosa deciderà la Commissione europea sulla base della sentenza, se mettere la Francia in stato di mora oppure no. Anche perché questo aprirebbe un caso politico molto più ampio, visto che sono tanti gli stati membri che hanno invocato la clausola di salvaguardia, compresa l'Italia».

La messa in discussione del bando francese al mais transegenico Mon810, da parte della Corte di Giustizia europea che oggi ha emesso una sentenza, si basa sul fatto che la Francia ha adottato il divieto prendendo come base le norma sbagliata" dunque secondo Greenpeace si è di fronte a motivazioni "formali”. è quanto osserva l'associazione ambientalista in una nota.

Le valutazioni della Corte si basano su obiezioni formali che non modificano il fatto che la Francia e gli altri sei Stati europei che stanno vietando la coltivazione del MON-810 - scrive Greenpeace in un comunicato - hanno il diritto legale di farlo, sulla base delle preoccupazioni di carattere scientifico in merito alla sicurezza di questo Ogm. Per questo invitiamo la Francia a perfezionare i tecnicismi del bando il prima possibile" afferma Federica Ferrario, responsabile campagna ogm di Greenpeace.

Molti altri Stati europei - Germania, Austria, Ungheria, Grecia, Lussemburgo e Bulgaria - vietano infatti la coltivazione del MON810 con argomentazioni analoghe al bando francese, a tutela della sicurezza di cittadini e ambiente.


Fonte: Adnkronos

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