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Vendemmia a Favignana dopo 100 anni Previste almeno 25mila bottiglie

Continua a suscitare interesse la viticoltura del mare, condotta in un contesto produttivo affascinante per il paesaggio ma difficile per le condizioni pedoclimatiche particolari. Sono state raccolte le uve di 5 ettati di vitigni autoctoni dell'Azienda Firriato e imbarcate per vinificarle a Trapani

di Mariella Morosi
 
20 settembre 2011 | 10:44

Vendemmia a Favignana dopo 100 anni Previste almeno 25mila bottiglie

Continua a suscitare interesse la viticoltura del mare, condotta in un contesto produttivo affascinante per il paesaggio ma difficile per le condizioni pedoclimatiche particolari. Sono state raccolte le uve di 5 ettati di vitigni autoctoni dell'Azienda Firriato e imbarcate per vinificarle a Trapani

di Mariella Morosi
20 settembre 2011 | 10:44
 

A Favignana (Trapani), la più grande delle Egadi, non si vendemmiava più dai primi del Novecento, quando nelle isole siciliane ad annullare il patrimonio ampelografico locale e l'attività agricola erano stati prima la micidiale fillossera e poi lo spopolamento dovuto all'emigrazione.

A puntare sul valore di quelle uve del mare caratterizzate da componenti saline di pregio e ad impiantare cinque ettari di vitigni autoctoni a pochi metri dal mare sono stati i Firriato, Vinzia e Salvatore di Gaetano. Negli ultimi anni nelle loro cinque tenute sparse nell'isola - dall'Etna a Trapani - hanno operato particolari scelte ma sempre in armonia col territorio. Nel caso di Favignana, poi, è stata una vera e propria scommessa. Erano in tanti nell'isola, turisti in costume da bagno e anziani del paese, a seguire la strana vendemmia, con le cassette di uva che portate sulle scogli con un trattorino e delicatamente, una ad una, passate di mano e caricate sul barcone che le avrebbe portate per la vinificazione alla cantina di Paceco, raggiungibile in un'ora di navigazione.

Il raccolto ha dovuto prendere la via del mare perchè sull'isola non c'è, e neppure si potrà costruire una cantina per i severi vincoli storici e paesaggistici. In simili condizioni, impiantare cinque ettari a bacca bianca - Grillo,Catarrato e Zibibbo - e rossa - Nero d'Avola e Perricone - più che di un investimento ha tutti i caratteri di un'operazione culturale.

è un piccolo passo per ridare identità ad un'isola bellissima, famosa per il passaggio dei tonni nelle loro misteriose migrazioni, ma in cui tutti a vario livello sono impegnati soltanto all'accoglienza di migliaia e migliaia di turisti, nella stagione buona. I tonni passano ancora, ma le tonnare si sono trasferita altrove e Favignana rischia di diventare un'isola museo, soggetta agli eccessi di un turismo aggressivo. Solo investimenti come questo che -e non solo a Favignana- possono recuperare identità e creare posti di lavoro con nuove realtà produttive.

Ai cinque ettari di vigneto sul mare, divisi tra due appezzamenti contigui dominati dall'antico Carcere Borbonico, è stato affidato il compito di produrre almeno 25mila bottiglie. Le previsioni, considerando i risultati delle microvinificazioni dello scorso anni sono stati più che buoni. L'impianto è stato effettuato sotto la guida di Stefano Chioccioli, un agronomo-enologo toscano di lungo corso che segue anche le altre aziende Firriato e che crede nella capacità della vite di autodifendersi e di reagire alle criticità piuttosto che nell'efficacia dei trattamenti invasivi. Questa vendemmia ha fatto dimenticare il lungo e laborioso lavoro di bonifica del terreno calcareo e sabbioso, con rocce tufacee affioranti, a pochi metri dalla scogliera di Calamoni da cui la tenuta prende nome. Le irrigazioni di soccorso nell'emergenza estiva hanno assicurato il buon fine di una non facile avventura.

Firriato è un marchio consolidato ma giovane. Risale agli anni Ottanta quando Salvatore Di Gaetano decise di gestirsi da solo la produzione invece che conferirla alle cantine sociali. Era un'azienda molto diversa da quelle storiche siciliane che vantano blasoni centenari. Per recupere il gap Vinzia, nonostante le critiche feroci decise di affermare il brand utilizzando la sua immagine mettendoci, come si dice, la sua faccia, iniziativa imitata poi da molti. La comunicazione diretta funzionò alla grande, i due coniugi intuirono che il futuro del vino siciliano sarebbe stato soprattutto il mercato internazionale e crearono blend particolarmente eleganti con vitigni autoctoni insieme a quelli internazionali.

Il resto è storia, con una presenza consolidata, oggi, in 40 Paesi del mondo e una posizione di rilievo sul mercato nazionale. L'amore per la terra ha sempre diretto i loro investimenti verso altre terre vocate al vino. Le tenute più grandi sono Borgo Guarino, 190 ettari di vigneto e un grande Giardino degli appassimenti, dove il grappoli di zibibbo si asciugano al sole su graticci coperti, e Bagno Soria, con al centro un complesso settecentesco con un progetto già approvato dalle Soprintedenze che prevede strutture alloggiative e congressuali e un Museo del Vino.



Occasione giusta, la vendemmia di Favignana, per presentare il libro di Andrea Gabbrielli «Il vino e il mare. Guida alla Vite difficile delle piccole isole». Scrive Gabbrielli nella prefazione: «Se la tutela dei paesaggi rurali è diventata una priorità, quella dei paesaggi arrampicati sulle isole più piccole del nostri mari lo è ancora di più». Veronelli  non a caso chiamava coloro che praticavano questa viticoltura eroica «Angeli del mare».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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