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I maiali sono più "snelli" Cotechino light per Capodanno

Negli ultimi 20 anni è calata la quantità di lipidi nei salumi italiani Dop e Igp e per il cotechino, in particolare, considerando 100 grammi, la diminuzione è stata del 34% (dati Inran). Minore quindi l’apporto calorico: se nel 1993 era di 307 chilocalorie per etto, nel 2011 si è scesi a 253

 
27 dicembre 2011 | 11:05

I maiali sono più "snelli" Cotechino light per Capodanno

Negli ultimi 20 anni è calata la quantità di lipidi nei salumi italiani Dop e Igp e per il cotechino, in particolare, considerando 100 grammi, la diminuzione è stata del 34% (dati Inran). Minore quindi l’apporto calorico: se nel 1993 era di 307 chilocalorie per etto, nel 2011 si è scesi a 253

27 dicembre 2011 | 11:05
 

Meno grassi e meno colesterolo in tavola con il cotechino Made in Italy. Negli ultimi 20 anni è calata  la quantità di lipidi presenti nei salumi italiani Dop e Igp e per il cotechino, in particolare, considerando 100 grammi di prodotto, la diminuzione è stata del 34% (dati Inran). Minore quindi l'apporto calorico: se nel 1993 era di 307 chilocalorie per etto, nel 2011 si è scesi a 253.

E anche i maiali sono più 'snelli” dal 1990 a oggi lo strato di grasso che ricopre le cosce è passato da 40 a 20 millimetri. «è sbagliato pensare che la carne di suino sia grassa: dopo quella di pollo è in assoluto la più magra - spiega Marco Lunati, allevatore di Mairago, in provincia di Lodi,  e consigliere Anas (Associazione nazionale allevatori suini) - negli Stati Uniti la chiamano 'the other white meet”, cioè l'altra carne bianca».

Una carne che è l'ingrediente base di cotechini e zamponi, composti da un terzo di tagli magri, un terzo di tagli grassi e un terzo di cotenna. I cotechini acquistati dagli agricoltori della Filiera agricola di Coldiretti sono solo di carne è italiana, mentre per gli altri in circolazione ci possono essere percentuali di carne spagnola e tedesca. Ogni anno, si producono circa 500mila cotechini e zamponi, mangiati soprattutto fra Natale e Capodanno. Per riconoscere la qualità, oltre a leggere gli ingredienti in etichetta, bisogna fare la 'prova del taglio”: la fetta deve essere granulosa ma compatta, sfaldarsi ma non sbriciolarsi, avere un colore rossastro non troppo chiaro e se cola un po' è meglio perché non è grasso ma proteine della cotenna dopo la cottura.

In Italia si consumano oltre 365mila tonnellate di carne suina per un valore che supera i 3 miliardi e 751 milioni di euro, mentre vengono allevati ogni anno 13 milioni di capi (la Lombardia pesa per quasi il 50%) più altri 843mila nati all'estero, per un totale di un milione e 620 mila tonnellate di carne.  

«Nei primi otto mesi di quest'anno – spiega Lunati – l'import di suinetti vivi è cresciuto del 17% rispetto al 2010, mentre i nostri allevatori lottano per non chiudere: in provincia di Milano e Lodi, ad esempio, negli ultimi otto anni sono scomparse 80 aziende. Bisogna rilanciare il settore per il bene della nostra economia e del vero Made in Italy e per farlo serve l'etichettatura di origine obbligatoria, perché il consumatore deve sapere da dove arriva la carne che mangia. Solo così potrà scegliere davvero il prodotto che vuole».


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