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Pesci dalla padella alla brace Tra cucina e rischio d'estinzione

Dalla ricerca Last Christmas di Ocean 2012, emergono dati allarmanti. Molte specie ittiche sono a rischio d'estinzione, in particolare anguilla europea, storione, salmone selvaggio e merluzzo. La colpa? Di chi sceglie sempre gli stessi prodotti per la dieta, facendo anche impennare i costi

di Rossana Verdier
 
30 dicembre 2011 | 10:35

Pesci dalla padella alla brace Tra cucina e rischio d'estinzione

Dalla ricerca Last Christmas di Ocean 2012, emergono dati allarmanti. Molte specie ittiche sono a rischio d'estinzione, in particolare anguilla europea, storione, salmone selvaggio e merluzzo. La colpa? Di chi sceglie sempre gli stessi prodotti per la dieta, facendo anche impennare i costi

di Rossana Verdier
30 dicembre 2011 | 10:35
 

Mare profumo di mare…. sulle spiagge e nelle cucine del nostro bel Paese, di lunga tradizione marinara.

Al sale, alla griglia, al forno, in padella come l'anguilla all'uvetta di Venezia o fritto come i 'cicciarelli di Noli” (pescati con la rete a sciabica e presidio Slow food), il pesce a noi italiani piace tutto e in tutti i modi, ma le cose rischiano di cambiare.

Per alcuni dei principi dei menu nostrani e del resto d'Europa si teme l'estinzione: pensiamo allo storione, in Polonia tradizionalmente cotto nella panna acida, o al merluzzo che può diventare baccalà o bakaliaros in Grecia, se viene anche fritto oltre che salato, od ancora al salmone selvaggio, un tempo talmente comune da essere chiamato in Germania 'pesce pane”.

A metterci in guardia è il report Last Christmas di Ocean2012, coalizione internazionale formata da più di 100 organizzazioni, tra associazioni ambientaliste e gruppi di ricerca, che dal 2009 si batte per riuscire a trasformare la pesca in Europa. Dopo decenni di sfruttamento intensivo dei mari, infatti, gli studi scientifici hanno rilevato che nelle acque dell'Unione europea è in corso un allarmante declino degli stock ittici e che l'88% di quelli esaminati dal gruppo è da considerarsi sovrasfruttato con 1/3 che oltrepassa ormai i limiti biologici di sicurezza.

«Per limitare i danni - spiega Serena Maso, coordinatrice del comparto italiano di Ocean2012, che comprende anche una dozzina di associazioni come Mare Vivo e Lega Ambiente - basterebbe iniziare a mettere nelle ricette delle feste anche le specie che non sono minacciate. Il mercato ittico, purtroppo, è fortemente viziato e il consumatore è abituato a comprare solo i pesci più facili da preparare. Infatti, sulle 720 specie commestibili, soltanto il 10% arriva sui banchi alimentari. Le altre, come molti pesci azzurri, sono scartati soltanto perché sono più spinosi. In più, comperare questi pesci dimenticati conviene anche a livello economico, visto che costano molto meno, circa 6 euro al chilo contro i 30/40 di quelli più consumati. Del resto, comperare sempre le stesse specie non solo crea dei danni biologici irreversibili, ma fa lievitare di conseguenza anche i prezzi del mercato».


E dato che si fa tanto parlare di crisi, non sarebbe male seguire questo consiglio per risparmiare un po' di denaro e al contempo guadagnare in gusto.

Continua la Maso: «è bene controllare il codice Fao, il luogo di provenienza del pescato, preferendo le specie locali che incidono meno anche sui trasporti. è bene anche scegliere i pesci al momento giusto, ossia secondo la stagionalità. Tra le altre cose importanti da sapere è anche il metodo di pesca. Bisogna preferire quelli più selettivi e con meno impatto ambientale, ed evitare assolutamente le specie proibite. Ad esempio i datteri di mare, venduti spesso sottobanco e che per essere raccolti causano danni gravissimi alle rocce e alle scogliere».

Insomma dobbiamo stare attenti a ciò che mangiamo. Sembra scontato e banale ma no lo è, ad esempio, lo sapevate che in Inghilterra la maggior parte del fish and chips è ormai preparato con filetti di squalo al posto del merluzzo? Solo perché lo squalo costa di meno, ne si fa un uso smodato.

«Noi non siamo assolutamente contro la pesca – puntualizza la coordinatrice italiana di Ocean2012 - ma ci battiamo per favorire quella sostenibile, favorendo metodi e sistemi artigianali come la piccola pesca costiera. A causare i danni maggiori sono le flotte per la pesca oceanica, fatte da paesi come Usa, Cina e Giappone e alcune metodologie di pesca. Tra queste, quella fatta con le reti a strascico che raschiando il fondo del mare ha distrutto quasi tutte le praterie di poseidonie, fondamentali per la riproduzione marina, e desertificato gran parte dell'Adriatico. Oppure, ancora più grave, il continuo utilizzo nel sud Italia delle cosiddette spadare, muri di rete chiamate anche della morte perché insieme al pesce catturano anche delfini e tartarughe marine. Un metodo barbarico per il quale, nelle prossime settimane, l'Italia rischia di essere sanzionata per 120 milioni di euro dalla Commissione dell'Unione europea».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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