Sode per la colazione, dipinte a mano per abbellire le case e le tavole apparecchiate o consumate in ricette tradizionali o in prodotti artigianali e industriali saranno circa 400 milioni le uova "ruspanti" consumate durante la settimana Santa. è quanto stima la Coldiretti, in occasione dell'inizio della settimana Santa che si conclude con la Pasqua, nel sottolineare che si tratta di un numero superiore di quasi dieci volte a quelle di cioccolata e che ad essere preferite sono quelle garantite senza Ogm e biologiche.
Una tradizione, quella delle uova "naturali", che resiste nel tempo con piatti come "vovi e sparasi" in Veneto, torta pasqualina in Liguria, la pastiera in Campania e la scarcedda in Basilicata continuano a rimanere presenti sulle tavole della Pasqua. Complessivamente si stima che gli italiani spenderanno quasi 100 milioni di euro nell'acquisto di uova di gallina da consumare direttamente o nella preparazione di primi piatti e dolci, con un risparmio notevole rispetto alla cifra spesa per quelle dolci di cioccolato. Si rispetta quindi la tradizione che fa risalire l'usanza di considerare l'uovo come simbolo di rinascita e buon augurio in Occidente al 1176, quando re Luigi VII rientrò a Parigi dopo la II crociata e per festeggiarlo il capo dell'Abbazia di St. Germain des Près gli donò metà dei prodotti delle sue terre, incluse un gran numero di uova che furono poi dipinte e distribuite al popolo.
Una usanza tramandata dai persiani che, già cinquemila anni fa, festeggiavano l'arrivo della primavera con lo scambio delle uova "portabene" contro pestilenze e carestie secondo un rito che resiste ancora ai giorni nostri. Negli ultimi 30 anni i consumi nazionali di uova sono aumentati raggiungendo la cifra record di 13 miliardi di pezzi all'anno che significa una media di circa 218 uova a testa, quasi interamente Made in Italy.
Le uova di gallina hanno un sistema di etichettatura obbligatorio che consente di distinguere tra l'altro la provenienza e il metodo di allevamento con un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all'aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT), seguono le indicazioni relative al codice Istat del Comune, alla sigla della Provincia e, infine il codice distintivo dell'allevatore. A queste informazioni si aggiungono quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S).