Le imprese agricole italiane sono in profonda sofferenza. Burocrazia, mancanza di credito e "caro-gasolio" continuano a soffocare le imprese, che non riescono più a stare sul mercato. Soltanto nel primo trimestre dell'anno, come evidenziano oggi, 18 aprile, i dati Movimprese di Unioncamere, il settore primario ha perso 13.335 aziende: vale a dire l'1,6% in meno rispetto ai tre mesi precedenti. Si tratta, in valori assoluti, del saldo negativo più pesante tra i comparti produttivi del Paese. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori.
I produttori vivono una situazione drammatica che non ha precedenti schiacciati sia dai problemi strutturali del comparto che dalle difficoltà congiunturali conseguenti all'intensificarsi della crisi economica. A mettere sotto pressione il mondo agricolo c'è innanzitutto la macchina farraginosa della burocrazia: non solo costa al settore più di 4 miliardi di euro l'anno (di cui oltre un miliardo addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della pubblica amministrazione), ma fa perdere a ogni impresa quasi 90 giorni di lavoro l'anno solo per rispondere a tutti gli obblighi fiscali e contributivi.
Inoltre, mentre si fa sempre più forte la stretta creditizia crescono le situazioni debitorie delle imprese. Ad oggi, infatti, ben due aziende agricole su tre sono gravate da debiti e tre su dieci non riescono più a fronteggiarlo, con il rischio di finire nella rete dell'usura e della criminalità organizzata.
Dunque sono più le aziende agricole che chiudono, di quelle che nascono; in assoluto l'agricoltura è il settore produttivo che ha il saldo negativo maggiore. Il dato Unioncamere sul settore primario è in linea con una tendenza alla razionalizzazione che si registra da diversi anni, ma è anche, commenta il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, «il segno di una sofferenza in cui si trovano a operare tante imprese agricole che non trovano margini di redditività».
Mario Guidi ricorda come «tutte le analisi qualitative fino a oggi condotte tendano a individuare un ristretto raggruppamento, di circa il 2% delle imprese esistenti in grado di generare massa critica. Si tratta di circa 30-32mila imprese da cui deriva gran parte del fatturato, del valore aggiunto e dell'occupazione del sistema agricolo nazionale».
«Che la crisi faccia sentire i suoi effetti e aggravi la situazione è fuori discussione e il dato Unioncamere sulla nascita e sulla chiusura delle aziende agricole lo conferma - commenta il presidente di Confagricoltura - non vorrei però che emergesse dalle analisi sulla crisi l'immagine di un'agricoltura che si arrende. Ci sono imprese agricole strutturate, moderne e competitive che hanno messo in atto, già da tempo, precise strategie per fronteggiare le criticità».