L’Associazione delle Famiglie dell’Amarone d’Arte ha ufficializzato il proprio ritiro dal Tavolo di concertazione, istituito dal Consorzio tutela vini Valpolicella lo scorso agosto, oggi durante una conferenza stampa. Le ragioni dello strappo - ultimo atto di una contrapposizione tra le Famiglie e il Consorzio che dura dal 2009, anno di fondazione dell’Associazione e che ha portato all’istituzione del Tavolo - sono da ricondurre a una decisione che il Consorzio di tutela andrà a prendere nel corso del prossimo consiglio (il 10 maggio prossimo) «mai comunicata al tavolo di concertazione», sottolineano le Famiglie.
Si tratta dello stralcio dal disciplinare di produzione dell’Amarone della Valpolicella del punto 2 dell’articolo 4 che sancisce l’esclusione «ai fini dell’iscrizione all’Albo, i vigneti impiantati su terreni freschi, situati in pianura o nei fondovalle». Una prescrizione, evidentemente, finora disattesa. Sorta di incongruenza di cui solo adesso ci si rende conto - nella necessità di un riordino per allinearsi alle leggi vigenti - e che urge sanare in qualche modo.
«Speriamo - ha detto Annalisa Allegrini, neo presidente delle Famiglie - che la nostra uscita polemica dal Tavolo di concertazione abbia clamore: riteniamo che stralciare tout court l’articolo dal disciplinare sia una sorta di condono tombale per chi in pianura pratica, indisturbato, una produzione mai consentita dal regolamento».
È praticamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, colmo di una insoddisfazione legata alla mancanza nel disciplinare di riconoscimenti alla vocazione diversa e superiore delle aree di collina.
«Nonostante le nostre rivendicazioni - ha aggiunto Sandro Boscaini, già presidente delle Famiglie e responsabile per l’Associazione del Tavolo - la politica di gestione non tiene più conto delle zone vocate e si adegua solo ai minimi parametri di legge. Abbiamo un approccio qualitativo e crediamo che l’Amarone debba essere prodotto in terreni vocati e non in una gestione che governi la quantità sulla base delle richieste del mercato».
Da diverso tempo si discute, dentro e fuori del Consorzio di tutela, su come governare la crescita dell’Amarone negli ultimi anni tumultuosa: da 1 milione di bottiglie del 1970, ai 2 milioni del 1996 grazie a una crescita equilibrata, poi esplosa fino a 16 milioni nel 2008.
«Si tratta di una crescita - sottolineano in coro alcuni dei 12 produttori aderenti alla Famiglie presenti alla conferenza stampa - dovuta principalmente all’aumento delle produzioni della pianura e dei fondovalle, che non ha portato un valore di fatturato proporzionato alla denominazione, visti i prezzi non adeguati a cui molte etichette arrivano sugli scaffali».
Le Famiglie, con una modifica del proprio regolamento per consentire l’ingresso di altri produttori, auspicano e invitano altri produttori di collina che ne condividano la filosofia ad aderire all’Associazione e a partecipare alla prossima assemblea del Consorzio. La situazione è decisamente delicata, ma è interesse di tutte le parti salvaguardare il marchio collettivo della denominazione.
Attualmente la percentuale di uve che è permesso mettere a riposo per produrre Amarone, indifferenziata in tutte le aree, è pari al 50% (dopo la decurtazione di un 20% imposta dal Consorzio del 2009, proprio per limitare la produzione). Un’ipotesi praticabile potrebbe essere quella di diversificare le quantità di uva da destinare all’Amarone in base alla vocazionalità dei vigneti, premiando quelli di collina e riducendo la percentuale in pianura, secondo le evidenze emerse dalla zonazione dell’area di produzione. Un’ipotesi facile da enunciare, ma difficile da mettere in pratica. Non resta che aspettare l’assemblea del Consorzio per conoscere le ragioni di indirizzo generale e burocratiche delle modifiche del disciplinare di produzione.
NOTA: L’associazione Famiglie dell’Amarone d’Arte riunisce 12 aziende storiche della Valpolicella (Allegrini, Begali, Brigaldara, Masi Agricola, Musella, Nicolis, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant'Antonio, Tommasi, Venturini, Zenato.) e rappresenta una fetta importante nel Pil vitivinicolo del settore, con un valore del fatturato complessivo che sfiora i 37mln di euro di cui oltre l’81% destinato all’export. Tra i principali sbocchi, nell’ordine i mercati di Canada, Svizzera, Stati Uniti, Svezia, Germania.