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Al ristorante conta solo il cibo? Il caffè è il vero “ago della bilancia”

Al bar come al ristorante, il caffè è un vero e proprio “rito”. È la bevanda che completa in bellezza un pasto fuori casa, oppure può rappresentare un momento di relax rigenerante, in cui stringere rapporti sociali. L’Italia, al sesto posto per consumi in Europa, è patria dell’espresso, diventato famoso in tutto il mondo

di Lucio Tordini
19 ottobre 2013 | 14:55
Al ristorante conta solo il cibo?
Il caffè è il vero “ago della bilancia”
Al ristorante conta solo il cibo?
Il caffè è il vero “ago della bilancia”

Al ristorante conta solo il cibo? Il caffè è il vero “ago della bilancia”

Al bar come al ristorante, il caffè è un vero e proprio “rito”. È la bevanda che completa in bellezza un pasto fuori casa, oppure può rappresentare un momento di relax rigenerante, in cui stringere rapporti sociali. L’Italia, al sesto posto per consumi in Europa, è patria dell’espresso, diventato famoso in tutto il mondo

di Lucio Tordini
19 ottobre 2013 | 14:55
 

Con un giro d’affari alla produzione intorno ai 3,5 miliardi di euro, di cui circa 900 milioni di euro destinati all’esportazione, il mercato italiano del caffè è uno dei più caratteristici e vivaci del settore food & beverage tricolore. Quello del caffè è un momento quasi “rituale”: al ristorante aiuta a chiudere in bellezza un pasto, mentre al bar rappresenta un momento di pausa per “ricaricare” le energie e socializzare con gli altri.

Il ristoratore accorto sa che la qualità del caffè è molto importante. Servire alla fine del pranzo o della cena una bevanda dall’aroma e dal gusto sgradevoli può compromettere il giudizio del cliente, che magari deciderà di non fare più ritorno in quel ristorante. Il caffè, del resto, si porta in tavola al termine del pasto, solitamente insieme al conto, e in questi tempi di crisi si sa quanto sia importante “addolcire” qualsiasi spesa. Ecco perché il caffè è fondamentale per decretare il successo o l’insuccesso di un pasto fuori casa.

Altrettanto cruciale è la scelta di una macchina per espresso pratica e funzionale, in grado di soddisfare le necessità del ristorante così come del bar, permettendo di servire un gran numero di caffè tutti della stessa qualità. E per garantire il corretto funzionamento della macchina il ristoratore e il bartender devono porre la massima attenzione alla manutenzione e alla regolare pulizia di tutte le componenti. Per questo, è importante controllare ogni giorno la pressione dell’acqua sul caffè e il grado di utilizzo di filtro, portafiltro, docce e guarnizioni, avendo cura di pulire sempre anche il piano o la vaschetta sotto i gruppi erogatori.

Un altro aspetto determinante per la preparazione di un caffè a regola d’arte è la “mano” dell’operatore, che deve conoscere tutti i trucchi per ottenere una bevanda impeccabile, applicando sempre la giusta pressione. Infine, anche la tazzina gioca un ruolo non secondario: deve essere delle giuste dimensioni e in un materiale che mantenga caldo il caffè. Ultimamente, in alternativa alle tradizionali tazzine in porcellana, si utilizzano quelle in vetro termico a doppio spessore (borosilicato), che ha la caratteristica di essere freddo fuori e caldo all’interno.

Luigi OdelloMa quali sono gli errori più frequenti nel servizio del caffè al ristorante? Lo abbiamo chiesto a Luigi Odello (nella foto), presidente del Centro studi assaggiatori, la più avanzata unità di analisi sensoriale in Italia: «Attualmente in gran parte dei ristoranti il caffè viene trattato malissimo, anche in quelli dove la qualità del cibo proposto è davvero alta. È ancora diffusa l’abitudine del personale di servire tutti i commensali di un tavolo da otto in una sola volta, allestendo un bel vassoio con un caffè per ciascuno, con conseguente raffreddamento dei primi estratti. Altri rischi che si corrono sono che la polvere rimanga nel macinadosatore tra un pasto e l’altro, o peggio dal giorno precedente, oppure una scarsa cura nella scelta della miscela. Tra le sorprese: anche gli stellati - che per fare onore al loro rango prestano attenzione e magari si approvvigionano da torrefattori dotati di filosofie roboanti e prezzi correlati - scivolano su bucce di banana come caffè rancidi o comunque di pessimo carattere. Il caffè chiude il pasto, è la bevanda che lascia l’ultimo ricordo ancorandolo al conto, non dimentichiamoci di questo. Il futuro potrà vedere la diffusione della carta del caffè, indotta da una nuova sensibilità, ma anche dalla possibilità di usare cialde a capsule. Quindi monorigini, o meglio cru di caffè, ma soprattutto più cura nella scelta della miscela e nel servizio. C’è chi si sta preparando a un passo successivo: il caffè servito a tavola con caffettiere curiose e attrezzature che consentono un rito tra i commensali».

Consumi, import, export
L’Italia è al sesto posto in Europa per il consumo annuo di caffè con 3.413 quintali nel 2012, classifica che vede al primo posto la Germania. Il relativamente basso consumo pro-capite in Italia ha diverse spiegazioni: il caffè è infatti legato quasi esclusivamente al risveglio e al dopo pasto, mentre in altri Paesi è piuttosto una consuetudine, un’abitudine di consumo che si estende a tutta la giornata e spesso è la bevanda che accompagna i pasti. L’Italia, in particolare, è l’area dell’espresso, e dall’Italia l’espresso italiano con le sue caratteristiche rigorose e codificate ha conquistato il mondo con una crescita, soprattutto negli ultimi anni, costante e continua a due cifre.

In Italia sono 716 le torrefazioni censite, di cui 138 in Lombardia, 70 in Emilia Romagna, 68 in Toscana, 61 nel Lazio. Oltre tre quarti delle importazioni italiane di caffè provengono da cinque soli Paesi produttori: Brasile, Vietnam, India, Indonesia e Uganda. Il Brasile, principale Paese da cui si importa, assorbe il 34-35% del totale delle importazioni. Per una piccolissima quota (1,4%) il caffè verde importato viene riesportato tale e quale in altri Paesi, mentre tutto il resto viene avviato alla produzione/tostatura.

La produzione di caffè torrefatto, al netto delle variazioni delle scorte, è destinata per la maggior parte al consumo interno, per una parte minore, ma significativa, all’esportazione e per una parte ancora più ridotta per utilizzi industriali nella preparazione di prodotti a base di caffè. L’Italia, con un export di 112 milioni di kg, rappresenta il più importante esportatore in Europa dopo la Germania.



Quando e come si beve il caffè
Le statistiche, riportate dall’Oifb, l’Osservatorio internazionale food & beverage, rivelano che i momenti della giornata di maggior consumo sono al mattino e dopo pranzo. Gli uomini bevono più caffè delle donne (1,7 tazze al giorno contro 1,5). L’81,1% dei bevitori di caffè ne beve fino a tre al giorno, mentre quello bevuto al bar rappresenta il 24-25% del consumo globale come volume e il 60% circa del valore. Inoltre, il 22,2% degli italiani consuma ogni giorno almeno una tazzina al bar.

Il bar, regno dell’espresso
Espresso è sinonimo di bar. Solo in Italia esiste uno specifico mercato “bar” per il caffè. Complessivamente il 41% della popolazione italiana adulta consuma l’espresso al bar almeno una volta alla settimana. Nello specifico:

  • non bevono mai caffè 10%
  • lo bevono in casa e al bar 57,8%
  • solo in casa 29,6%
  • solo al bar 2,6%

Nella fascia di età fra i 45 e i 54 anni abbiamo la percentuale più alta dei consumatori di caffè: oltre l’80%. Se mutamenti demografici o cambiamenti negli stili alimentari potrebbero prefigurare un’eventuale modifica in questi scenari, cresce invece nel consumatore l’attenzione alla qualità, l’esigenza di informazione, l’interesse per una nuova e diffusa cultura del caffè, consapevole, esigente e in grado di giudicare. La qualità sarà la carta vincente per il grande mondo del bar e per ogni singolo locale che vorrà tenere alta la sua immagine e il suo fatturato.

Un bar “è” quasi sempre il suo caffè, il suo espresso. Un bar di qualità si riconosce da un caffè di qualità, e se un bar diventa famoso spesso è per merito del suo caffè. Il caffè è, forse, il principale produttore di immagine per un bar, ne connota lo stile, ne sottolinea la classe: ricordiamo che in Italia, ad esempio, il bar un tempo era a tal punto identificato con la profumata tazzina da essere chiamato semplicemente il “Caffè”.

Ancora oggi il prodotto più intensamente e diffusamente consumato al bar è il caffè, che equivale in media al 30% del giro d’affari di un locale, con punte di oltre il 50%. Le ricerche più recenti ci indicano che il 23% dei consumatori sceglie il bar per la qualità del suo caffè. È al bar che la bevanda rivela il suo valore di “socialità”, come se fosse suo compito creare e consolidare i rapporti sociali. Bere insieme un buon caffè è condividere un piacere, ritrovarsi in sintonia, coltivare l’amicizia: è un rito, di cui oggi il bar è il tempio.

Le varietà
La specie Arabica L. viene comunemente chiamata Arabica e Robusta è la denominazione corrente della specie Canephora. Esse costituiscono la quasi totalità della produzione mondiale. Le altre due specie sono: Coffea Liberica Hiem e Coffea Excelsa Cheval. Le piante di caffè iniziano la produzione al quarto anno di vita, raggiungono la piena produzione al settimo e si mantengono produttive fino circa al trentesimo.

L’Arabica rappresenta i 3/4 della produzione mondiale ed è assai più diffusa della Robusta. I chicchi tostati delle due specie si assomigliano ma la differenza fra le due piante è notevole. La Robusta non potata raggiunge i 10 metri, mentre l’Arabica dai 6 agli 8. L’Arabica è più sensibile alla temperatura e ai parassiti ed ha bisogno di altitudini elevate. La Robusta invece (da qui il nome) regge bene le basse quote e le temperature oltre 30°C. Forti ed evidenti le differenze fra i semi: quello di Arabica è piatto, allungato, il solco mediano è sinuoso, il colore è spesso verde con sfumature azzurre; il seme di Robusta è convesso, più tondeggiante, il solco è rettilineo, il verde è pallido e tende al grigio. Una delle maggiori differenze è tuttavia il contenuto di caffeina: da 0,8 a 1,6% l’Arabica, da 1,5 a 3% la varietà Robusta.



Un business mondiale
Negli scambi mondiali, sui mercati internazionali, il caffè è ai primi posti come valore, e pesa sul volume d’affari come il petrolio e l’acciaio. L’economia di molti Paesi dipende interamente dalle esportazioni di questo autentico “oro verde”. La produzione mondiale è stabile negli anni e si fissa intorno ai 6,8 milioni di tonnellate, circa 115 milioni di sacchi, di cui l’esportazione dai Paesi produttori oscilla, negli ultimi anni, tra i 77 e i 92 milioni di sacchi. Il 63-68% di questa produzione è costituita dalle qualità Arabica di cui il 20-25% è rappresentata dai brasiliani Qaturali, mentre il Robusta rappresenta circa il 25-30%.

È un mercato che, come è facile immaginare, investe interessi e concorrenzialità molto forti e che perciò richiede rigorosi controlli e regolamentazioni che riguardano le quantità commercializzate e la qualità globale del prodotto: tutto ciò è compito di alcune grandi e forti strutture che collegano interessi ed esigenze della produzione e del consumo. La principale di esse è la Ico (International coffee organization). Ricordiamo anche il Coffee Brewing Institute, che con Asic (Associazione scientifica internazionale caffè) e Pec (Physiological effects of caffeine) riunisce gli scienziati che, in tutto il mondo, svolgono ricerche scientifiche sul caffè, sulle tecniche di preparazione, sui suoi effetti fisiologici. Scienza e caffè sono da tempo strettamente collegati: in Italia, ad esempio, il Consorzio Grancaffè è in costante e regolare contatto con l’Università di Genova per lo sviluppo di ricerche e controlli sistematici.

Chi ha scoperto il caffè?
Secondo la leggenda fu un gruppo di capre curiose che, brucando qua e là, assaggiarono le belle bacche rosse che brillavano fra le foglie di un cespuglio spontaneo. Dopo questo pasto esse diventarono allegrissime e non chiusero occhio per tutta la notte, giocando e saltando come in pieno giorno; i pastori, spaventati, si recarono a chiedere consiglio ad un gruppo di monaci che abitavano in un convento nei paraggi. I religiosi fecero bollire in acqua quegli strani semi, bevvero l’infuso caldo e incolore che ne risultò e, da quel giorno, le lunghe notti di preghiera sembrarono a tutti i monaci molto più brevi e più leggere.

Secondo un’altra leggenda, invece, fu l’Arcangelo Gabriele a “donare” il caffè agli uomini, consegnandolo direttamente nelle mani del profeta Maometto. Forse non c’è molto di vero in queste leggende e nemmeno in tutte le altre più o meno simili che gli uomini hanno raccontato per secoli. Ma oltre gli abbellimenti letterari e le inesattezze storiche esiste in questi racconti un fondo di verità: da un lato, per la sua ben nota capacità di stimolare e di sostenere il corpo e la mente, il caffè è stato considerato dagli uomini un vero e proprio “dono del cielo”, dall’altro, questa bevanda è stata, fin dalla sua scoperta, in stretta relazione con il mondo religioso, fino a diventare la “bevanda ufficiale” dei Sufi, i mistici dell’lslam.

Un racconto popolare turco narra che Allah abbia bevuto caffè nel giorno della creazione del mondo, tè il giorno successivo, per riposare, e vino il giorno del peccato originale. Per questa ragione il vino fu proibito agli uomini, ma fu dato loro il caffè “che porta il senno”. I Turchi lo considerano importante per i sapienti e gli studiosi, perché “apre la mente”, e addirittura essenziale per i guerrieri che sul campo di battaglia chiamano a raccolta tutto il loro coraggio e il loro valore. Fu anche grazie al caffè, che proprio durante le battaglie divenne bevanda nazionale di quel popolo, che i soldati turchi conquistarono le enormi estensioni dell’Impero ottomano e giunsero a pochi passi da Vienna e da Venezia. E fu proprio grazie a loro che il caffè giunse, per la prima volta, nelle nostre case.

L’occidente scopre il caffè verso la fine del 1600, sembra, grazie ad alcuni sacchi dimenticati dai Turchi in ritirata da Vienna, ma nel mondo arabo era già bevanda diffusa sin dall’anno 1000. L’uso si estese a tutto l’Islam e forse i mercanti veneziani lo introdussero in Europa ben prima della battaglia di Vienna.



Gli appuntamenti autunnali
Autunno ricco di appuntamenti per i professionisti e gli appassionati di caffè. Tra ottobre e novembre la scena della bevanda più amata dagli italiani sarà infatti movimentata dalle iniziative dell’Istituto nazionale espresso italiano (Inei). Si inizia a ottobre con il banco di assaggio allestito a Host, fiera internazionale che si tiene presso il polo di Milano-Rho dal 18 al 22 ottobre, organizzato in collaborazione con Fipe-Confcommercio (Federazione italiana pubblici esercizi). Al banco d’assaggio saranno presenti tutti i torrefattori associati all’Inei ognuno con le loro miscele di caffè certificate. Per i visitatori, tutti professionisti dell’Horeca con una forte presenza dall’estero, sarà inoltre allestito il percorso tematico “L’Italia dell’espresso”, per mettere in risalto la complessità anche geografica del prodotto. Tra le novità, lo spazio dedicato all’innovazione nelle attrezzature con i modelli di macchine e macinadosatori più interessanti sotto il profilo tecnologico.

Per il grande pubblico l’appuntamento più interessante sarà certamente “Io bevo espresso”, l’open day in programma domenica 10 novembre. In quella data infatti le aziende Inei apriranno le porte ai visitatori e spiegheranno loro come nasce il caffè, sia dal punto di vista di chi seleziona, tosta e miscela il prodotto che da quello di chi produce le macchine e i macinadosatori necessari per lavorarlo al bar. Un viaggio quindi nelle aziende del caffè che si concretizzerà in visite guidate e seminari di assaggio. Per entrambi gli eventi i dettagli saranno disponibili sul sito www.espressoitaliano.org.

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05/05/2014 13:06:23
1) Ricerca statistica
Sto cercando delle statistiche in merito all'incidenza del consumo di caffè rispetto ai coperti nel settore della ristorazione. Vi chiedo se potete essermi di aiuto, anche segnalandomi siti o istituti che possono aver raccolto informazioni in merito. Grazie mille Giorgio Icardi
Giorgio Icardi
Commercialista
Studio Icardi


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