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Olio bio, vendite in crescita del 53% Sì al "km zero" per l'83% delle aziende

Più di 8 aziende produttrici su 10 vendono l'olio bio direttamente al cliente; per il 30% se ne occupano i negozi specializzati; pochissima la Gdo, limitata solo al 4,5%, mentre un quinto (21%) ricorre all’e-commerce. Per le esportazioni si guarda a Nord Europa, Nord America e Giappone. In Oriente crescono le importazioni dall’Europa

26 marzo 2014 | 11:07
Olio bio, vendite in crescita del 53% 
Sì al
Olio bio, vendite in crescita del 53% 
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Olio bio, vendite in crescita del 53% Sì al "km zero" per l'83% delle aziende

Più di 8 aziende produttrici su 10 vendono l'olio bio direttamente al cliente; per il 30% se ne occupano i negozi specializzati; pochissima la Gdo, limitata solo al 4,5%, mentre un quinto (21%) ricorre all’e-commerce. Per le esportazioni si guarda a Nord Europa, Nord America e Giappone. In Oriente crescono le importazioni dall’Europa

26 marzo 2014 | 11:07
 

Generale crescita delle vendite, in particolare a kilometro zero, cioè direttamente in azienda; una spiccata attenzione ai mercati internazionali, e al volano turistico-culturale per sviluppare il proprio brand; potenzialità non ancora del tutto espresse attraverso il web per vendita e promozione. Questo, in sintesi, il profilo delle aziende produttrici di olio biologico emerso dalla ricerca sul marketing del settore condotta dall’osservatorio del Premio Biol attraverso il dipartimento di Scienze Economiche dell’università di Bari.



I risultati sono stati presentati durante la manifestazione internazionale sull’olio bio chiusasi ad Andria (Ba), nel convegno “L'extra Bio conquista il mondo: l'olio d'oliva biologico tra produzione e mercato”, promosso da Bridgeconomies - Unioncamere Puglia. Corposo il campione analizzato: 187 imprese, di cui 32 estere (prevalentemente provenienti dal bacino mediterraneo: Grecia, Spagna, Albania, Nord Africa), produttrici di olio extravergine d’oliva biologico partecipanti al Premio Biol 2013, per un interessante quadro sull’orientamento strategico e commerciale delle imprese biolivicole.

«Innanzi tutto - spiega il curatore della ricerca, Savino Santovito, del dipartimento di Scienze economiche - l’andamento delle vendite dell’universo produttivo dell’olivoleicolo biologico, negli ultimi tre anni è in crescita per il 53% delle imprese intervistate. Il 90% delle imprese adotta una politica commerciale mono-marchio e multicanale, con il tratto distintivo della vendita diretta in azienda, utilizzata dall’83% delle imprese intervistate, a dimostrazione da un lato del forte radicamento delle aziende con il territorio d’origine e dall’altro di un approccio distributivo non particolarmente orientato a canali che consentano di sviluppare il business in mercati potenziali anche molto distanti».

Il 30% del prodotto è commercializzato attraverso il dettaglio tradizionale specializzato (dunque un posizionamento del prodotto olio evo biologico in un segmento di mercato medio alto, confermato da una presenza nella Gdo limitata al solo 4,5%). L’e-commerce è utilizzata dal 21% delle imprese intervistate: fra queste, la stragrande maggioranza sarebbe felice di utilizzare piattaforme online per incrementare le vendite tramite strategie di integrazione orizzontale nella filiera.

da sinistra: Benedetto Miscioscia, Marco Sciarrini, Vincenzo Rutigliano, Angela Partipilo, Luigi Triggiani
Nella foto, da sinistra: Benedetto Miscioscia (assessore allo Sviluppo economico città di Andria), Marco Sciarrini (dirigente area Promozione e valorizzazione del Mipaaf), Vincenzo Rutigliano (Il Sole 24 Ore), Angela Partipilo (direttore Unioncamere Puglia e segretario generale Cciaa Bari), Luigi Triggiani (Consorzio Puglia Natura)

Da sottolineare che il cluster delle aziende estere si posiziona sopra la media (il 31%,), specie da parte delle piccole aziende. Controversa la presenza e notorietà sul web: per il 42% fattore poco incisivo nel successo commerciale del proprio brand, a fronte di un 58% che invece lo considera un elemento “abbastanza” importante. Quasi unanime la visione, come chiave di sviluppo, del connubio tra extravergine bio e turismo nel territorio aziendale.

Infine, quanto ai mercati esteri, i principali di riferimento sono il Nord Europa, il Nord America e il Giappone. Non a caso, il convegno ha offerto anche una panoramica sull’olio e sul mercato bio in Giappone, Cina e Usa. In Oriente, hanno spiegato due manager di multinazionali asiatiche agrofood, la cinese Chen Xin Yu della Wilmar e il giapponese Toshihisa Suzuki, si registra una continua crescita delle importazioni dall’Europa, e il bio e le sue certificazioni sono avvertiti come sinonimo di sicurezza alimentare, in particolare per i bambini.

Olio, insomma, come prodotto salutistico, che porta le famiglie cinesi, ad asempio, ad apprezzare le migliori qualità nutrizionali e organolettiche delle fritture fatte con oli exravergini. Negli Stati Uniti, dove vige ancora una deregulation del settore «il bio - ha detto il Pablo Voitzuk, consulente tecnico settore oleario negli Usa - è una nicchia, ma in crescita. E sotto l’ombrello dei crescenti consensi per la dieta mediterranea, la qualità dei prodotti bio italiani e pugliesi è ormai riconosciuta».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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