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Home restaurant, la legge garantisca controlli e sicurezza per il cliente

Se è vero che ci debba essere la libertà di poter trovare nuove fonti di guadagno, lasciando spazio all’intraprendenza personale, è fondamentale che sia garantita la salute dei consumatori e il pagamento delle imposte

di Clara Mennella
vicedirettore
 
03 ottobre 2016 | 12:31

Home restaurant, la legge garantisca controlli e sicurezza per il cliente

Se è vero che ci debba essere la libertà di poter trovare nuove fonti di guadagno, lasciando spazio all’intraprendenza personale, è fondamentale che sia garantita la salute dei consumatori e il pagamento delle imposte

di Clara Mennella
vicedirettore
03 ottobre 2016 | 12:31
 

Attorno alla giungla della cosiddetta “ristorazione casalinga” qualcosa si muove. Si sentiva da tempo il bisogno di una regolamentazione per questo genere di attività che, negli ultimi anni, ha entusiasmato una schiera di intraprendenti privati, muniti di uno spazio domestico adeguato e di tanta voglia di cimentarsi ai fornelli, oppure semplicemente elettrizzati da una possibile fonte di guadagno da gestire autonomamente senza troppi controlli di legge e di sicurezza.



Proviamo a ricordare di cosa stiamo parlando. Grazie ad un’idea nata sui social network, si è attivato un movimento di privati che hanno deciso di aprire le porte di casa e ospitare perfetti sconosciuti per una cena in compagnia in cambio di un (più o meno piccolo) contributo economico.

Fino ad ora per aprire un “ristorante casalingo” non servivano autorizzazioni del Comune o dell’Asl, perché chi ha un home restaurant non svolgerebbe una vera e propria attività di ristorazione, ma semplicemente ospiterebbe amici o persone reclutate via internet per consumare un pasto in cambio di un compenso. Unico vincolo, quello di non superare i 5mila euro annui di ricavi, il tetto massimo stabilito per un’attività lavorativa occasionale, in caso di superamento di questa soglia è sufficiente aprire una partita Iva.

Inutile ricordare il caso della vecchina genovese che a 96 anni ha aperto col nipote il primo “ristorante in casa” e tante altre storie simili che hanno sollevato non poche perplessità e condivisibili preoccupazioni fra chi lavora da anni seriamente e con sacrificio nel mondo della ristorazione, troppo spesso ostacolato e vessato da leggi, permessi, controlli e cavilli al limite della ragionevolezza.

La luce in fondo al tunnel si comincia forse ad intravedere con l’approvazione arrivata nei giorni scorsi, da parte dalla commissione Attività produttive, della proposta di legge che prevede vengano attivati dei registri elettronici e si fissi un limite di coperti e una serie di altri vincoli tra cui quello di accettare pagamenti solo attraverso modalità elettroniche.

A questo punto non c’è che da auspicare che questo disegno di legge faccia il suo corso, lo faccia nei tempi più brevi possibile e venga integrato da punti più concreti e focali, supportati da tutti i controlli e le sanzioni del caso.

Perché se è vero che ci debba essere la libertà di poter trovare nuove fonti di guadagno, facendo circolare idee e lasciando libero sfogo all’intraprendenza, è non vero ma verissimo che la prima libertà da non violare sia quella dei consumatori che hanno il diritto di spendere i propri soldi con la garanzia che la salute venga tutelata e che una percentuale sia destinata al pagamento delle imposte. Cosa che per ora è possibile solo rivolgendosi ai tanti professionisti seri del settore ristorativo che operano sul nostro territorio nazionale.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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