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Olio "esausto", lo smaltimento come risorsa energetica

 
14 gennaio 2009 | 12:18

Olio "esausto", lo smaltimento come risorsa energetica

14 gennaio 2009 | 12:18
 

Ogni anno in Italia vengono prodotte circa 280mila tonnellate di olio alimentare 'esausto”, un residuo che proviene prevalentemente dalla frittura di oli di semi vegetali, più raramente di olio d'oliva. Le alte temperature a cui viene sottoposto causano una modifica della sua struttura polimerica, che si ossida e assorbe le sostanze inquinanti derivanti dalla carbonizzazione dei residui alimentari. L'olio diventa un rifiuto speciale e può diventare causa di grave inquinamento se non viene avviato ad un corretto smaltimento o se disperso nell'ambiente.
Come molti altri rifiuti anche l'olio alimentare esausto può rappresentare, se raccolto in modo differenziato dagli altri rifiuti, oltre che vantaggi di carattere ambientale anche una fonte di risparmio energetico perché è possibile dopo corretti processi di rigenerazione, un suo riutilizzo industriale.

Il ruolo del Conoe
 L'olio è un rifiuto speciale non pericoloso che deve essere recuperato tramite la raccolta differenziata e conferito ad aziende raccoglitrici autorizzate iscritte al Conoe (Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento di oli vegetali e grassi animali esausti), istituito ai sensi dell'art. 47 del D.Lvo 22/97.
Senza alcuna esclusione tutte le aziende artigiane o industriali che producono, e quindi detengono, oli e grassi alimentari esausti devono inoltre annotare periodicamente su apposito registro di carico/scarico rifiuti le quantità degli stessi derivanti dalla propria attività (art. 190 comma 1,3,4,6 del D.Lgs 152/2006): la mancata tenuta di tale registro da parte di questa tipologia di aziende esanzionata dall'art. 258 comma 2 del D.Lgs 152/2006 da un minimo di 2.600 euro ad un massimo di 15.500 euro Devono inoltre dimostrare di stoccare adeguatamente gli oli alimentari usati e di averli consegnati periodicamente (almeno una volta all'anno) a soggetti autorizzati al trasporto e collegati ad uno dei consorzi italiani esistenti.
Le aziende del commercio e dei servizi non hanno l'obbligo di tenere alcun registro di carico/scarico rifiuti, ma devono solo dimostrare di stoccare adeguatamente gli oli alimentari usati.

Non solo aziende
Per ristoranti, bar, friggitorie, rosticcerie, panifici, pizzerie, supermercati, mense e tutte le attività di ristorazione che producono oli fritti ci sono due alternative: consegnare periodicamente gli oli alimentari usati (almeno una volta all'anno) a soggetti autorizzati al trasporto e collegati ad uno dei consorzi italiani esistenti, oppure trasportarli direttamente ad un impianto di stoccaggio. In questo caso però si dovrà procedere anche all'iscrizione nell'Albo nazionale gestori ambientali, istituito dal dal D.Lgs 152/06.
In entrambi i casi il sito di stoccaggio o il soggetto autorizzato al trasporto, dovranno provvedere alla compilazione dei documenti di trasporto (F.i.r. - Formulario di identificazione rifiuto) e riconsegnare al soggetto che cede gli oli la quarta copia del Formulario che attesta l'avvenuto riutilizzo dei rifiuti.
Un'eccezione riguarda gli ambulanti che utilizzano oli da frittura, pensiamo a coloro che vendono frittelle. In questo caso c'è una deroga che permette loro di trasportare l'olio usato dal punto di vendita al magazzino senza bisogno di iscriversi all'Albo nazionale gestori ambientali. Una volta immagazzinato l'olio, dovranno però seguire una delle due procedure per il corretto smaltimento.

Giorgio Lazzari

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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