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Salomon FoodWorld
Roero
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No ai kebab: tutti i commenti

 
06 febbraio 2009 | 00:02

No ai kebab: tutti i commenti

06 febbraio 2009 | 00:02
 

Dopo la decisione del Comune di Lucca di vietare l'apertura di nuovi esercizi e ristoranti di cucina etnica e non italiana nel centro storico della cittadina toscana ci siamo posti la domanda se sia un provvedimento giusto per la tutela del made in Italy a Tavola o se, invece, sia un autogol per l'immagine della ristorazione italiana nel mondo. Tante le riflessioni in merito e le prese di posizione di giornalisti del settore e addetti ai lavori.
Leggi qui sotto i commenti e le lettere che sono pervenute (e continuano a pervenire) alla nostra redazione.


Dì la tua su questo argomento



Non dimentichiamoci che anche gli italiani erano emigranti


Carissimo Vittorio (il riferimento è a Vittorio Castellani, in arte Chef Kumalé, del quotidiano "La Stampa" di Torino, ndr)
le tue parole sono sacrosante, le condivido in pieno. Da anni sono stato fra i primi, già dalla nascita del press-club 'Il gotha del gusto” (che oggi significa 10 anni di eventi e ben 200 giornalisti internazionali all'attivo) non solo a scriverne ma anche a premiare ristoranti indiani, cinesi, giapponesi, russi e pachistani, e organizzare cene-laboratorio riservate alla stampa di settore da questi bravi (e spesso simpatici) chef a tutti gli effetti. Tutto ciò malgrado molti dei nostri sedicenti colleghi storcano il naso: spesso mi è capitato che non volessero invitare alle loro trasmissioni tv cuochi non italiani per il solo fatto che facevano cucine ottime ma diverse! Ti sono vicino nella tua giusta lotta a fianco di chi lavora bene e onestamente, a prescindere dal colore della pelle e dalla provenienza. I 'provincialotti” del comune di Lucca probabilmente si sono montati la testa e dimenticano di quando i loro nonni e padri aprivano osterie e pizzerie italiane a Berlino, Zurigo, Buenos Aires...

Con amicizia e stima tuo
Stephan de Cernetic
Giornalista professionista, club internazionale 'Il gotha del gusto”


 

Zaia deve essere più prudente, per il bene dell'Italia


Ho ricevuto oggi la newsletter del ministero delle Politiche agricole e mi hanno colpito le due notizie, per ironia del destino pubblicate una dietro l'altra, che riporto.
Ristoranti etnici, Zaia: usino prodotti italiani
è certamente possibile conciliare le esigenze dei ristoranti etnici con quelle della nostra agricoltura. Basterebbe che i loro cuochi usassero i prodotti di prossimità che hanno a disposizione sul nostro territorio, questo il commento del Ministro Luca Zaia sulla delibera adottata dal comune di Lucca.


Olio, appuntamento in Florida

Nel corso del prossimo Vinitaly tour a Miami e Palm Beach dal 9 all'11 febbraio, verrà presentato Portfoil, il catalogo realizzato con il sostengo del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali che raccoglie la migliore offerta di pregiati oli extra vergini di oliva italiani tutti rigorosamente tracciati e valutati da un apposito panel di esperti assaggiatori.

Mi e vi chiedo: e se il Governatore della Florida, o il responsabile dell'Agricoltura di quello Stato, raccomandasse ai ristoranti italiani (e non) del posto di usare solo oli di oliva americani (la California ne produce di ottimi) che senso avrebbe andare a fare il Porfoil in Florida? E poi, se anche tutti i ristoranti etnici d'Italia comprassero esclusivamente prodotti italiani non rappresenterebbero nemmeno l'1% di prodotti alimentari che l'Italia vende al mondo…
Gli uomini politici hanno il sacrosanto diritto di esprimere le loro opinioni ma quando rivestono cariche istituzionali non sarebbe più utile essere più prudenti, almeno nelle esternazioni pubbliche? Se i Ministri cinesi, giapponesi, coreani, musulmani (per non parlare degli altri) iniziano a predicare il boicottaggio dei prodotti agroalimentari italiani la crisi economica in Italia sarà ancora più nera. Prudenza, abbiamo bisogno perlomeno di quella; se abbiamo a cuore il successo della cucina e dei prodotti italiani nel mondo.

Rosario Scarpato
Giornalista



 

San Vito Lo Capo, il Comune invita il sindaco di Lucca al Cous Cous Fest

Il Cous Cous Fest è una kermesse multicolore che celebra ogni anno, nella nostra cittadina, l'integrazione culturale, lo scambio e l'incontro tra popoli lontani e diversi attraverso il cous cous, considerato il piatto della pace, in quanto comune a culture molto diverse. Invito il sindaco di Lucca a partecipare a questa festa dell'integrazione che ogni anno attira migliaia di visitatori a testimonianza di come la diversità culturale è sinonimo di ricchezza e come il cibo sia il medium culturale che contribuisce ad unire i popoli, a farli incontrare e ad aprire i loro orizzonti. Spero di averlo nostro ospite a San Vito Lo Capo per dargli la possibilità di respirare quello speciale clima di pace, gioia e festa che si crea in quei giorni, grazie ad un piatto povero ma diffuso in tutto il mondo come il cous cous.

Matteo Rizzo
Sindaco di San Vito Lo Capo




No perchè nessuno controlla la provenienza della carne

Egregio direttore,
ho un bed & breakfast in provincia di Pistoia e personalmente dico no ai kebab. Oltre a non rispecchiare l'italia e in particolare i gusti della nostra cucina tipica, la qualità dei cibi è scadente e delle carni non conosciamo davvero la provenienza. Il gusto può essere anche gradevole, ma perchè noi in italia dobbiamo darci da fare per garantire la provenienza e seguire il percorso dell'animale dalla nascita alla macellazione e questi usano un agglomerato di non si sa quali carni? Quindi dico no. Saluti.

Melania Fedi



Cara Stefania,
le questioni che lei solleva sono sacrosante e assolutamente condivisibili. Su queste basi il suo No è più che scontato. Anzi, obbligato. E a ben guardare il problema è proprio questo. Non è una questione "geopolitica" a dover motivare la possibilità di esercitare o meno un'attività di ristorazione, quanto il rispetto delle leggi che devono valere per tutti. Italiani od extraxcomunitari che siano. Di mezzo ci sono la salute, oltre che il decoro. Purtroppo su questa vicenda, ancora una volta, i politici rischiano di cadere nella scorciatoia del "troppo facile" e non aiutano certo il Paese. Un po' come è successo sulla proposta (per fortuna abortita, anche grazie a noi) del limite massimo dello 0,2% di alcol per guidare. Troppo facile sparare nel mucchio. Perchè invece di fare un'ordinanza quanto meno stramba il comune di Lucca non ha mandato un po' più spesso i vigili urbania e i Nas a controllare le condizioni igienico sanitarie di quei locali ? Perchè non adotta un regolamento che imponga certe norme per tutti gli esercizi pubblici del centro storico (colori, arredi, pubblicità, ecc) ? Personalmente non mi piace il Kebab e come "Italia a Tavola" siamo da tempi non sospetti impegnati nella tutela e valorizzazione della Cucina italina (che anche grazie a noi ha ottenuto un riconoscimento storico come Bene culturale da salvaguardare). Ma allo stesso tempo sono in prima linea per tutelare i gusti alimentari di chiunque, purchè siano rispetatte le regole valide per tutti.

a.l.



Basta solo osservare le norme, assurdo vietare l'attività

Vietare l'apertura di locali etnici nei centri storici è assurdo, se così fosse si dovrebbero vietare le aperture anche del McDonald. Semmai è indispensabile vigilare sugli standard di igiene, qualità delle materie prime e del prodotto finito, delle norme di sicurezza attiva e passiva di tutti i locali inclusi quelli italiani. è ormai urgente e più che necessario intraprendere una seria e corretta campagna di educazione del consumatore, in particolare dei giovani. Cordialmente.

Nicola Mangraviti
Agente di Commercio



No al kebab, che assurdità. E il Mc Donald dove lo mettiamo?

Egregio direttore, Certe prese di posizione così estremiste come quelle del Comune di Lucca e della Regione Lombardia per tutelare la ristorazione italiana sono davvero ridicole al giorno d'oggi, sopratutto nei confronti di un mondo gastronomico così ricco e variegato che sta emergendo in tutte le città d'Italia e potrebbe contribuire anche ad arricchire la cucina di casa nostra. E poi non capisco: perché proprio il kebab e il cous cous e non i panini fatiscenti del Mc Donald made in Usa? Quello non è forse vero cibo spazzatura?

Pietro Garattini


il problema è che anche per la "globalizzazione a tavola" ci sono situazioni di serie A e di di serie B. Finchè qualche multinazionale non inventerà una catena di Kebab questi potranno essere disprezzati. Quasi che nei centri storici di alcune città italiane le maxi insegne di Mc Donald non facciano ugualmente orrore di quelle dei rivenditori di un cibo tipicamente mediorientale...
Sulla qualità di ciò che si mangia nelle case degli hamburger sospendo il giudizio considerando che il confronto è da tempo aperto e, forse, rispetto al passato qualche miglioramento c'è stato.

a.l.



Cracco è un artista e fa bene a farsi pagare per quel che vale

Chi va da Cracco o da altri chef sa che i costi non sono bazzeccole. Chi compra un Picasso sa che la tela costa. Se vuoi un Amarone sai che lo paghi più di un Ronco. Se vuoi un attico in Piazza di Spagna a Roma non puoi pretendere di pagarlo come un bilocale al Tuscolano.
I grandi chef sono come i grandi artisti. Non li puoi considerare semplici cuochi. Insomma, credo che intorno a quel conto di quasi 4000 euro si sia fatto troppo baccano. E comunque il tartufo bianco ha un costo risaputo e accettato. Giusto o sbagliato che sia, questo è.
E poi non era solo tartufo, c'era anche il vino...finché non si proibirà (ma spero mai) di far pagare un prezzo "esuberante" ad un prodotto enogastronomico, tessile, creativo eccetera, si deve tacere.
Si può anche pensare che il malcapitato in questione (lo sborone, quello che voleva fare bella figura con gli amici da Cracco e poi si è cafonamente pentito) se l'è cercata ma esprimere giudizi di vago sapore moralistico proclamnado l'indecenza mi pare sia fuori luogo. Sarebbe come se un tizio va ad un'asta, alza il dito per avere un'opera e poi si pente. Non può farlo. Non vada all'asta o si astenga di alzare il ditino.
Per quanto riguarda il kebab...ma si fanno i controlli igienici nei bugigattoli dove preparano quei deliziosi panini? Ecco, cominciamo da lì. Poi chi vuole il kebab si mangi un kebab, chi vuole la pizza al taglio se la ingoi, chi preferisce la polpetta americana si accomodi e chi invece vuole sedere da Cracco o da Vissani o Niko Romito o Marchesi, Santini, Aimo e Nadia, Pinchiorri eccetera eccetera...ci vada senza rimorsi.
Io personalmente ne ho combinatre tante e quando ho sborsato 1500 euro per un Sauternes non mi sono mai pentito. L'ho bevuto con pochi amici, del fois gras e pane cotto a legna con la crosta croccante.

Flavio Pedrotti

Caro Flavio,
nulla da eccepire sul valore dei grandi cuochi. Anzi. Il punto è proprio questo. Personalmente ho messo in rilievo che mi piace pensare di poterli valutare, e strapagare se è il caso, per quel che fanno in cucina. Non accetto, e su questo la posizione è netta, che la ristorazione si trasformi in gastronomia-gioielleria e faccia strapagare beni che non subiscono manipolazioni. E nel caso del tubero incriminato ciò è tanto più vero se si pensa che già di suo è caro e molti colleghi ristoratori hanno osservato che (stando a quanto si sa) forse è scappata la mano sul conto.
Condivido il giudizio sull'atto di spacconeria di un cliente comunque poso rispettoso del locale che, volendo, avrebbe potuto pagare e poi fare una causa o una denuncia se il prezzo non fosse stato indicato in menu...
Per quanto riguarda invece i Kebab mi fa piacere constatare che siano d'accordo sulla possibilità di disinnescare la mina semplicemente facendo scattare die controlli sanitari o fiscali.

a.l.

 



Il cliente va fidelizzato, non lo si può fregare una volta

Buongiorno. Sono da oltre 30 anni nel campo degli hotels e pur non avendo mai, se non marginalmente, affrontato quello della ristorazione approvo incondizionatamente ciò che lei scrive e che per la prima volta leggo. Il nostro settore é diverso e soprattutto a Torino mortificato da una pletora di hotels di tutte le dimensioni e stelle, ma la maggior parte di quasi inesistente etica e qualità, sorti come...funghi per le Olimpiadi.
Mi trovo spesso nell'occasione di suggerire ai nostri clienti qualche ristorante non essendone noi dotati e mai mi permetto di fare dei nomi se non ho personalmente provato il locale a volte anche più volte per testarlo. Mi é capitato e non una volta di provare un ristorante di livello appena aperto e di esserne molto molto favoravolmente impressionata e di tornarci dopo solo qualche mese trovandovi tutto completamente peggiorato alla grande, senza capire come si possano spendere tanti soldi ed energie per allestire ed aprire, pubblicizzare e lanciare un locale senza la seria volontà di mantenerne il livello già dopo pochissime settimane. So quanta fatica ci voglia anche solo per restare a galla e certe cose proprio non le concepisco. Far strapagare quando il mercato tira é facile, ma ritengo MAI corretta e posso dire che da noi ciò non é mai successo.
Il cliente, secondo me, si deve acquisire per il futuro e non fregare una volta.
In quanto ai kebab noi ne siamo circondati e ciò non ci fa piacere essenzialmente per la scarsa qualità e pulizia dei locali che secondo me non vengono mai controllati nè dall'Aasl né dai vigili urbani per quanto concerne insegne permessi ...Ovviamente gli stessissimi controlli li chiederemmo per tutti i ristoranti italiani e non della città. Grazie per l'attenzione.Buon lavoro.

Marina Calva
hotel Alexandra

Cara Marina,
grazie del suo contributo frutto di esperienza e saggezza al quale cerchiamo di rifarci. Sottoscrivo tutto quanto e la invito a leggerci più spesso...

a.l.

 



Ma forse da Cracco il prezzo era giustificato

In linea teorica sarei d'accordo su tutto quanto scritto, però sembra talmente folle pagare da Cracco 4.000 euro in sei. Non mi sembra una cifra clamorosa, poi non so cosa i signori abbiano bevuto... quanto era imputabile al tartufo e quanto alla cena. A volte il tartufo ha un prezzo clamorosamente alto se il peso supera un certo livello e se è particolarmente liscio... Non direi che Cracco è stupido perchè non avrebbe due stelle e altri riconoscimenti simili: per deduzione logica il cliente che va da Cracco a fare una cena con tartufo o è ingenuo o ha tanti soldi, anche per queste esagerazioni. Conosco persone che vanno in locali dove stappano costose bottiglie di Champagne, e solo magnum, pagandole il quadruplo, con servizio alla sciabola (mio Dio!) e vanno via belli contenti...

Gianmario Portesani
Trattoria San Vitale

Caro Gianmario,
non c'è dubbio che da Cracco si possono pagare quei prezzi. Il punto è che, da quel che si è saputo finora, tutto ruota intorno al tartufo per ammissione di Carlo Cracco. E su questo mi sono permesso alcune valutazioni.

a.l.




Da un non addetto ai lavori: difendiamo la Cucina italiana

Oh, che bello, finalmente posso esprimere il mio pensiero direttamente su un sito ragguardevole! Bene, mi chiamo Gino Lombardo, sono un cinquantino per dirla alla Camilleri che da molto anni ha sempre avuto la passione per la cucina quella vera (oggi sono tutti chef!). Non faccio il cuoco di professione, mi guadagno il pane in tutt'altro settore, e proprio per questo motivo forse vedo il mondo della cucina con rispetto e non solo da un punto di vista utilitaristico. Oggi, forse ci sono troppi ristoratori che si sono inventati il mestiere perchè "tira". Questo è il più grosso danno a mio avviso alla cucina italiana, altro che Kebab e Mc Donald! Trovo molto squallido vedere in giro piatti globalizzati ridondanti di falsi "pachino", di improbabili orate e spigole, nonchè "chianine" e "cinte senesi" dubbie ! La cucina italiana, quella vera con i saporti giusti è un pò rarefatta! Ad esempio quanti riescono a fare un arancino come si deve, oppure una "ghiotta di stoccafisso" o un ragù con i sapori originali? C'è forse una cura molta attenta nel presentazione dei piatti, nella scenografia, ma poco nella sostanza. Oggi, per chi se lo può permettere, andare al ristorante è spesso una delusione (oltre la sospresa finale del conto), non si riesce a trovare una cucina che abbia un giusto rapporto qualità prezzo. Poi, i locali sono fotocopie l'uno dell'altro. Io che vivo da anni lontano dalla mia regione di nascita, quando ci torno per qualche periodo di vacanza, vado alla ricerca di quegli ingredienti che ancora sono rimasti autoctoni e introvabili altrove... come l'uva zibibbo coltivata sulle coste di Bagnara Calabra... Concludo, bisogna preservare il più possibile la tipicità di ingredienti e di tradizioni gastronomiche, altrimenti la cucina italiana farà la fine del cinema italiano e la colpa di tutto questo non sarà imputabile a qualche cheeseburger o qualche Kebab!

Gino Lombardo


Caro Gino,
Innanzitutto grazie per il suo pensiero e per la soddisfazione di poter esprimere liberamente il suo pensiero. Il nostro obiettivo primario è di dare voce a tutti coloro che hanno cuore la Cucina italiana e le produzioni di qualità della nostra filiera agricoalimentare. Pur non essendo un addetto ai lavori, come dice, lei ha espresso benissimo quella che è la nostra mission: tutela della tradizione, valorizzazione dei contenuti culturali (ed economici) di ricette e componenti base di ogni territorio, promozione dellla nostra identità e dello stile italiano anche a tavola. Francamente è una soddisfazione trovare lettori così entusiasti e capaci di condividere il nostro impegno. Davvero grazie.

a.l.




Coca Cola o kebab ?

Di una tristezza mostruosa, ulteriore grave dimostrazione di quanto non sappiamo valorizzare tutto ciò che il mondo ci invidia. Possibile prostituirsi fino a questo punto?


Paolo Carlo Ghislandi




Kebab e spaghetti, un mix che si può fare
Questa non è una battaglia di principio, questa è una mossa ipocrita da chi, abituato da sempre a fare il buono e il cattivo tempo ai danni del consumatore, si trova a dover affrontare una concorrenza che, con i suoi bassi prezzi, mette a repentaglio i suoi lauti guadagni. è quello che accade anche a Lucca, città cara e dove si mangia mediamente male, invece di curare la qualità e fare attenzione ai prezzi si decide di eliminare i cibi etnici, che costano molto poco e perciò fanno concorrenza. è l'orrenda ipocrisia, ahimè imperante, del nostro Paese. E io non ci sto. Credo che si possa convivere pacificamente e civilmente. Kebab e spaghetti. La varietà, la diversità, arricchiscono e stimolano.

Stefania Barzini




Cucina etnica: locusta contro elefante
Riporto l'articolo pubblicato nella newsletter di febbraio del sito www.locuste.org
'
L'elefante e la locusta
'Oggi la locusta deve lottare contro l'elefante, ma domani l'elefante sarà sbudellato”: apriamo con questa pseudocitazione un po' cruenta, attribuita allo storico leader vietnamita Ho Chi Minh, per darvi qualche barlume di speranza in tempi davvero bui, anche per il settore enogastronomico. In attesa di divorare il simpatico pachiderma, infatti, dobbiamo per ora limitarci a batterci con i metaforici elefanti dell'ottusa burocrazia e della chiusura mentale che emergono, tra l'altro, da un'ormai famigerata ordinanza del comune di Lucca. La giunta della splendida città toscana, teoricamente per tutelare la 'specificità della cucina locale”, ha deciso come molti già sanno di proibire l'apertura nel suo centro storico di locali e ristoranti 'riconducibili a etnie diverse”. Decisione tanto clamorosa da riuscire a suscitare scalpore anche in un'opinione pubblica assopita come quella italiana. Chi conosce il nostro sito sa che ci uniamo ben volentieri al coro di quanti sostengono e proteggono i prodotti alimentari italiani e la nostra tradizione culinaria, che consideriamo una delle migliori al mondo, se non addirittura la prima per qualità e varietà. Ciò non ci ha impedito, negli anni, di visitare ristoranti etnici di ogni origine, dalla Malaysia a Cuba passando per l'Eritrea, e di constatare che i problemi della ristorazione italiana non dipendono certo dal take-away cinese o dalle rivendite di kebab. Ma questa è un'altra storia: quello che si trova nell'ordinanza lucchese è strisciante ipocrisia (se è vietata la gastronomia etnica, allora che dire delle migliaia di lavoratori extracomunitari che si danno da fare nelle cucine di mezza Italia e di mezza Lucca?), impressionante miopia commerciale che porta a chiudere gli esercizi di maggior successo, e per finire un conclamato razzismo nell'accezione più piena del termine. Basterebbe conoscere la storia per rendersi conto del fatto che anche, se non soprattutto, a tavola si realizza nel modo migliore la vera integrazione tra le culture; e che proprio attraverso la ristorazione e l'arte culinaria, per secoli, gli immigrati si sono guadagnati da vivere nel loro paese d'elezione. In questo modo la pizza si è diffusa in tutta Italia e poi nel mondo intero, hamburger e hot dog si sono trasformati in specialità americane, il manzo irlandese è diventato argentino, e il cibo si è dimostrato un veicolo privilegiato per favorire i rapporti fra persone di provenienza eterogenea. Ma forse è proprio questo che gli autori dell'ordinanza non vogliono; forse l'obiettivo è alimentare, più che i cittadini di Lucca , la loro intolleranza e il loro rifiuto della diversità. Dal canto nostro possiamo fare poco, ma cercheremo di farlo, almeno per il settore che ci compete: difendendo la molteplicità dei cibi e dei sapori, facendo in modo che la giusta tutela dei prodotti locali non si trasformi in una crociata gastronomica indegna della nostra epoca, e in definitiva lottando perché si possa continuare a mangiare tutto. Il che, per una Locusta, è il minimo indispensabile.

Eugenio Peralta




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