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Alessandro Scorsone con Apcor Cinque regole per stappare una bottiglia

di Guido Gabaldi
 
22 marzo 2018 | 12:51

Alessandro Scorsone con Apcor Cinque regole per stappare una bottiglia

di Guido Gabaldi
22 marzo 2018 | 12:51
 

Buio non è sinonimo di paralisi o di paura, buio è semplicemente un altro modo di vivere e sentire. È quanto si apprende frequentando le degustazioni o cene di “Dialogo nel buio”.

Si tratta di un'iniziativa dell’Istituto dei Ciechi di Milano, in via Vivaio, rivolta a scolaresche, mass media e semplici curiosi che vogliano sperimentare un modo alternativo di rapportarsi al mondo e agli altri.

(Alessandro Scorsone con Apcor Cinque regole per stappare una bottiglia)

E così un piccolo gruppo di giornalisti può entrare in una serie di locali totalmente senza luce, facendosi guidare da un esperto in materia, ossia un non vedente. Il sughero, questa volta, è stato il protagonista della serata, e mi riferisco a quello portoghese, proveniente dai querceti del Montado, nella regione dell’Alentejo. Da qui proviene oltre il 50% della produzione mondiale. La Apcor, associazione che riunisce i produttori di sughero lusitani, ha perciò fatto ricorso a una narrazione inconsueta per ricordare ai presenti, e ai consumatori in generale, quanto sia importante riconsiderare le normali funzioni sensoriali. E valorizzarle.

Quante sono, anzitutto? Di sicuro più di cinque, ha ricordato Vincenzo Russo, direttore del centro di ricerche di neuromarketing “Behavior & Brain Lab” dello Iulm di Milano, uno dei relatori della serata. Ad esempio, esiste anche la termopercezione, l’equilibrio, la coscienza del proprio corpo (o propriocezione), oltre a vista, udito, gusto, olfatto e tatto. Tutti strumenti che, assieme alle sensazioni individuali, risultano indispensabili per esplorare il buio: ma anche per seguire la voce della tua guida non vedente, per annusare le piante, che riproducono l’ecosistema del Montado, installate dentro i locali di “Dialogo nel buio”, per toccare la corteccia ed i pezzi di sughero e rilevarne la qualità, le rughe, i pori, l’odore legnoso.

(Alessandro Scorsone con Apcor Cinque regole per stappare una bottiglia)

Abbiamo una grande familiarità con questo prezioso materiale grazie al suo storico compagno di avventure e degustazioni: il vino. Alessandro Scorsone, sommelier e maestro cerimoniere di Palazzo Chigi, ha perciò illustrato (sempre al buio) l’importanza del tappo di sughero e della delicata procedura di apertura delle bottiglie: incidere ed eliminare la capsula, pulire il tappo in cima, infilare la spirale, estrarre, pulire ancora il collo interno della bottiglia. Tutto questo cerimoniale per incontrare una bevanda che è sinonimo di festa, di passione, ma anche di cultura e di sapiente tecnica di conservazione: il naso, il palato e l’orecchio (si pensi al sonoro schioccare dello “stappo”) sono coinvolti dalle radici, quando non vedi neanche un’ombra davanti a te, e sono messi in grado di cogliere le più impensabili sfumature del rosso o del bianco offerti.

«Avete assaggiato due vini rossi uguali - ha spiegato Scorsone - di diverso c’era solo il tappo: il primo era di plastica, l’altro di sughero. E l’evoluzione più armonica, la corposità, la complessità del secondo vino sono state avvertite più o meno da tutti».

Alessandro Scorsone (Alessandro Scorsone con Apcor Cinque regole per stappare una bottiglia)
Alessandro Scorsone

Il dialogo nel buio, questa volta, ha messo in evidenza una materia prima che interagisce da oltre tre secoli col vino proprio grazie alla sua leggerezza, impermeabilità, comprimibilità ed elasticità. Senza tali qualità, risulta difficile garantire al contenuto delle bottiglie un’ottimale ossigenazione e maturazione. E poi le querce che producono il sughero non rappresentano una risorsa solo per vignaioli ed appassionati ma davvero per tutti: gli alberi del Montado, difatti, contribuiscono in modo fondamentale alla biodiversità dell’ecosistema di cui sono parte, al controllo dell’ erosione, alla conservazione di tutta una serie di specie a rischio d’estinzione.

I produttori di sughero dell’Apcor hanno dunque un ruolo nel difendere il territorio, prima ancora che nel rifornire le cantine: avrò cura di rifare questa riflessione, calcolando meglio l’importanza dei gesti semplici, la prossima volta che mi ricapiterà tra le mani una bottiglia con un tappo di sughero. Per apprezzare tutto ciò, non è obbligatorio concentrarsi e riflettere in un posto come “Dialogo nel buio”, ma di certo aiuta.

Ecco dunque di seguito le 5 semplici regole per l’apertura perfetta di una bottiglia di vino:
  1. Con l’etichetta esposta verso il tavolo e ben visibile agli ospiti, chi apre la bottiglia inizia ad incidere la capsula di alluminio in un punto preciso, detto baga o cercine (la sporgenza presente nella parte più alta del collo della bottiglia), incidendo la parte anteriore e posteriore senza mai spostare o scuotere la bottiglia stessa.
  2. Dopo l’incisione, la capsula viene eliminata. Con un tovagliolo (in gergo tecnico, torciolo) il provetto sommelier dovrà pulire la parte superiore del tappo da eventuale polvere o muffe presenti.
  3. Riprendendo il cavatappi, si infila la spirale (o verme) al centro preciso del tappo, andando a fare circa 4,5/5 giri per poi iniziare a sollevare il tappo con una prima leva.
  4. Con la massima delicatezza e sensibilità, si arriva all’estrazione finale che non dovrà produrre rumori, avendo cura di non toccare mai il tappo con le mani.
  5. Una volta estratto il tappo, lo si annusa, si pulisce il collo interno della bottiglia da eventuali residui e si passa al primo assaggio. Solo a quel punto, si potrà procedere con la mescita del vino ai commensali, non dimenticando mai l’ordine delle precedenze (le donne per prime).

Per informazioni: www.apcor.pt

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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