Il The Guardian contro TripAdvisor «Ha messo in ginocchio la ristorazione»

12 luglio 2016 | 11:46
Recensioni false, ristoranti declassati senza diritto di replica, locali discutibili nelle top 10 di svariate città; così TripAdvisor è riuscito a stravolgere il sistema della ristorazione. Lo ha dichiarato, riportando la sua esperienza personale, la giornalista Marina O'Loughlin, che percorrendo in lungo e in largo il mondo, ha toccato con mano i problemi di fondo del Gufo e i disagi che da essi derivano, a cominciare dalle recensioni tarocche, fino a veri e propri ricatti mossi dai clienti ai ristoranti. In un articolo pubblicato sul quotidiano inglese The Guardian - che riportiamo di seguito tradotto in italiano - Marina O'Loughlin fa un'analisi di questo sistema corrotto e malfunzionante, contro il quale anche Italia a Tavola sta lottando da anni.




Fu in una piccola cittadina di mare in Croazia che la mia antipatia per TripAdvisor si trasformò in disgusto. La lista dei migliori locali sul sito non comprendeva nemmeno una delle baracche ad hoc che, giù lungo la spiaggia, vendevano il pesce più fresco grigliato su legno (qui il mio naso mi avrebbe portato), ma decidemmo comune di seguirne i consigli. Mai prima né dopo mi capitò di mangiare in un ristorante dove i padroni di casa “pescassero” il pasto da un vasto congelatore orizzontale in piena vista. «Ricordatevi di scrivere di noi su TripAdvisor», ci dissero non appena finimmo di pagare dolorosamente il nostro conto, dandoci un liquore gratuito che sapeva di Cif e cinismo.

Nonostante il fatto che praticamente ogni settimana ci porta una nuova storia su quanto sia inutile TripAdvisor, come esso dia la possibilità di esprimersi anche a clienti che sono corrotti, avidi e menzogneri, il sito avanza come un predone, vomitando un volume sempre crescente di contenuti gratuiti, così come ne ha forniti fin dal suo concepimento nel 2000 [...].

Indipendentemente dal fatto che è pieno di falsi e idioti, un numero enorme di persone nonostante tutto ragionevoli continuano a dare credito al parere aggregato di, nella migliore delle ipotesi, stranieri non qualificati. Un’inchiesta del 2015 effettuata dal Competitions & markets authority, sostenuta dal governo, ha accertato che i consumatori britannici spendono più di 23 miliardi di sterline nell’anno successivo alla lettura delle recensioni. «Solo una piccola percentuale degli intervistati sentiva che fosse “poco probabile” o “per niente probabile” che le recensioni fossero state scritte da clienti veri e propri», concludeva il rapporto.

Personalmente non odio TripAdvisor a causa delle sue tattiche da bullo o della rapacità a cui viene associato. Non lo odio perché consente recensioni e biglietti per attrazioni crudeli nei confronti degli animali, o per il suo clima di abilitazione al diritto di ricatto. Lo odio perché è merda. Mentre scrivo questo articolo, [...] in cima alla lista di Londra c’è un complesso di lusso descritto dai miei colleghi critici informati come “solcando stoppie e schiuma” e “una bella cena se fosse il 1999”, seguito da un ristorante nella media dall’aspetto francese a Battersea, che come nome ha una parola macedonia davvero idiota. Nessuno di questi, nella mia più sincera e (sì, scusate) esperta opinione, merita di far anche solo attraversare una strada per raggiungerlo, figuriamoci attraversare addirittura una città. Se non altro fa sorridere sapere che un Irish coffee in Greenwich è più alto in classifica del Ristorante di Gordon Ramsay.

Odio la pressione implicita: quella sulle piccole imprese affinché si iscrivano e ne paghino il prezzo, affinché mettano pulsanti sui siti e adesivi sulle porte, [odio] il fatto che anche l’utente disattento venga angariato affinché scarichi la misera sanguinosa applicazione. Odio TripAdvisor perché la lista dei locali top in una città italiana era assolutamente fittizia. Perché dà riconoscimenti ad alberghi come quello tunisino chiuso mesi prima, dopo che 38 turisti sono stati uccisi. Perché c’è un intero settore dedicato a sfornare false e vacue recensioni.

Come il giornalista di viaggi americano Heather Stimmler Hall ha notato, una volta con orgoglio Tripadvisor stesso si presentò come il “portale di viaggi più grande del mondo”. Questo marchio fu intoccato nel 2013, forse aveva qualcosa a che fare con l’ondata di azioni legali e con una sentenza stabilita dalla British Advertising Standards Authority secondo la quale il sito non poteva «assicurare o sottintendere che tutte le recensioni che apparissero sul portare provenissero da veri visitatori, o che fossero onesti, reali e attendibili». Lo sfortunato corollario di questa situazione è che TripAdvisor non può essere ora ritenuto responsabile per ciò che esso stesso descrive come “un paio di false recensioni” [...].

Qualche settimana fa, un recensore chiamato Madeupreviews ha presentato una recensione su un cucchiaio unto riportata su Reading, che cominciava con: «Ho sentito parlare di questo ristorante raffinato da un addetto alla sezione verdura di Liddle, gentile abbastanza da permettermi di flagellare me stesso con una zucchina una volta al mese». Mentre sto scrivendo, la recensione è ancora lì. Ci è voluto un po’ per i piani alti affinché capissero che le molte recensioni del Grand Budapest Hotel potrebbero risultare problematiche per viaggiatori pieni di speranza […]. O recensioni di una casa di accoglienza per richiedenti asilo in Cardiff: «Se si viaggia lontano, magari nel retro di un camion, o su una barca per tutto il Mediterraneo, allora questo è un posto incantevole».



Gary Usher, chef patron dei ristoranti Sticky Walnut a Chester e Burnt Truffle nel Wirral, si è espresso sui social media riguardo la propria personale avversione al sito, di cui ha voluto testare egli stesso il sistema: «La scorsa settimana ho scritto una recensione parodia [...] per evidenziare che la loro presunta prevenzione delle frodi non è adatta allo scopo. Ho volutamente incluso TripAdvisor nei miei molti tweets, dicendo loro quello che stavo facendo. Mentre la mia recensione era in sospeso, mi sono stati assegnati 200 punti e un distintivo». Tom Hetherington, ceo del Manchester Northern Restaurant & Bar, è d’accordo: «Purtroppo, la classifica dei primi dieci ristoranti di Mancherster prova che non è stato raggiunto lo scopo. La lista sa di essere guidata da recensioni presentate con una varietà di discutibili forse discutibili, e non vedo come potrebbero aiutare un nuovo arrivato per vivere appieno la città».

Il mio collega di Observer Jay Rayner ha prestato la sua voce alla campagna #noreceiptnoreviwe (niente ricevuta, niente recensione), progettata per aiutare a contrastare la proliferazione di false recensioni; gli utenti sono invitati a non inviare messaggi senza una ricevuta digitalizzata - per dimostrare che erano lì e hanno pagato. «Sappiamo tutti che TripAdvisor è una cassa di risonanza per il suono degli assi di rettifica - mi dice Rayner - così da non assolvere nemmeno la funzione di sito per informazioni di base». Ero abituato a consultarlo per avere una lista di possibili ristoranti in una città che non conoscevo bene, senza prestare attenzione alle recensioni. Per la città di Exeter, la top 30 di TripAdvisor includeva la filiale di McDonald’s sulla tangenziale. Exeter merita di meglio. Se non funziona nemmeno come fonte di informazioni di base, qual è il senso?

L’iniziativa #noreceiptnoreview è stata lanciata sottocopertura dall’ispettore di cibo britannico “Tom” (@EaterWriter su Twitter) nell’ambito di una ricerca di maggiore trasparenza. (E sì, vedo davvero l’ironia nel suo anonimato. Ma tale è l’inarrestabile qualità di TripAdvisor per coloro che lavorano nell’industria dell’ospitalità). «Mi sentivo malissimo per gli imprenditori che di fronte a recensioni fittizie erano capaci di reagire. Nascondendosi dietro la tutela giuridica di essere un mero comunicatore delle opinioni di altri, contrariamente di non averne alcuna di personale, TripAdvisor è un muro di mattoni per i proprietari che non hanno mai chiesto di essere elencati, ma che ormai non possono essere “de-elencati”. Essi dovrebbero avere il diritto di sapere che ogni cosa scritta su di loro derivi da un reale, comprovato soggiorno o pasto». Come ha reagito TripAdvisor? «La risposta del gufo si è focalizzata su quanto possa essere difficile, per esempio, per un tavolo di quattro persone postare quattro recensioni con una sola ricevuta».

Tom pensa che TripAdvisor sarà danneggiato dalla campagna, ma che comunque esso non possa o non voglia fare nulla a riguardo: «La loro condizione di mercato, la loro posizione “non abbiamo bisogno di voi” rispetto ai proprietari, sta creando un’avversione forte che si sta diffondendo nella più ampia comunita dell’andare-al-ristorante e nella stampa tradizionale. Il gufo sta diventando un cartello per fake, comicità e sfiducia, piuttosto che un’autorità». Le persone le cui vite e imprese sono state danneggiate dal disinvolto approccio del sito alla “verità dei fatti” hanno preso la situazione nelle loro mani, con siti come TripAdvisor-destroys.com, chiedendo la veritifca utente e gli account Twitter @TripAdvisorSham e @TripAdWarning, costantemente aggiornati con nuove prove di imbrogli.

Ho parlato con “David”, l’uomo che sta dietro a @TripAdvisorSham. Mi ha detto: «La maggior parte del vitriolo che sento riguarda l’impossibilità di far togliere i fake, le “recensioni” scritte da concorrenti o da un ex-personale scontento. Sono stato coinvolto anche io in tutto questo». Cosa dire a riguardo del tanto declamato impegno di TripAdvisor nel rimuovere queste recensioni? [...]. «Loro sostengono di avere sistemi personali avanzati per individuare falsi, ma come può davvero questo funzionare? Non forniranno le tecniche perché potremmo fregarli. Molto conveniente. E i falsi influenzano le classifiche. Il sistema di classificazione è una presa in giro».

Poi c’è il ricatto: imprese indipendenti minacciate dagli utenti che, evitandogli una recensione negativa, avrebbero dovuto ricevere sconti o pasti gratuiti. I piccoli ristoranti che vivono grazie a un paio di tavoli la settimana sono stancamente rassegnati ad esso: non possono permettersi casi giudiziari quando il sito si dimostra sordo alle loro suppliche. TripAdvisor descrive il ricatto come una “preoccupazione occasionale” e incoraggia i ristoranti a segnalarlo prima che qualsiasi cosa venga postata. Tuttavia, come dice David: «La loro modalità di segnalazione di ricatto è inutile. Essa si basa sul fatto che noi conosciamo i nomi dei nostri ricattatori, e si aspetta che loro postino recensioni sotto lo stesso nome. È ridicolo». Gary Usher [...]: «La cosa che odio di più - ha detto - è vedere il personale essere insultato e i loro nomi messi in cattiva luce online. Essi non hanno alcun diritto di replica. Ho anche scoperto che i recensori che hanno menzionato la squadra in questo modo sono stati i più rudi degli ospiti». Beh, divertente.

[...] Questo clamore di internet non ci sta trasportando verso un’utopia democratica, ma piuttosto verso qualcosa che assomiglia al film Idiocracy, nel quale un uomo di sveglia dopo 500 anni in un mondo, beh, di idioti. Non sono contro l’idea di una fonte di saggezza impregiudicata, basata sui fatti e derivata dalle opinioni della popolazione tutta, indistintamente. Ma TripAdvisor non è così. Con gemme come: “I recoment the Lasagne, and the great Fist and Chips” (letteralmente, raccomando le lasagne e il buon Pugno e patatine) o uomini che ci dicono cosa la loro dolce moglie è in grado di fare… semplicemente tutti non sono critici.

Ma è buono per gli hotel, si potrebbe dire. Beh, fino ad un certo punto: è buono per gli hotel che non sono crollati di fronte ai tentativi di estorsione dei clienti, non tanto per quelli indipendenti più piccoli, che preferirebbero non sborsare. Non sono interessata all’idea per la quale se tu spendi abbastanza tempo su TripAdvidor, allora sarai capace di distinguere le voci sane e sensibili da quelle degli sciocchi e dalle persone che hanno covato un reclamo dopo essersi inavvertitamente scopate lo chef.

Viaggiando ora, io davvero passo in rassegna internet, trovando food writers e esperti locali su Instagram e Twitter, beneficiando sempre dei loro generosi consigli. E in assenza di voci di fiducia, farei quello che faccio di solito: seguire il mio fiuto. A differenza di TripAdvisor, esso raramente mi lascia cadere in errore. Chi lo sa, potrei rinominarlo “il miglior naso del mondo”, caricarlo online, poi sdraiarmi e intanto contare i soldi guadagnati.

© Riproduzione riservata


“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”

Alberto Lupini


Edizioni Contatto Surl | via Piatti 51 24030 Mozzo (BG) | P.IVA 02990040160 | Mail & Credits  -  Policy  -  PARTNER  -  EURO-TOQUES | Reg. Tribunale di Bergamo n. 8 del 25/02/2009 - Roc n. 10548
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024