Non ci sono spiagge, né lustrini, né il caos di agosto. Eppure a Tuglie - o meglio, Thuje, come lo chiamano da queste parti - si trova un angolo di Salento che sa parlare al cuore, prima ancora che allo stomaco. È qui che nel 2023 è nato un progetto radicato e visionario: l’osteria Thuje, un luogo che rifugge il folclore da cartolina per raccontare davvero il territorio, nella lingua - gastronomica e non - che gli è propria.

Gli interni di Thuje
L’idea è di Francesca Micoccio e Tony Ingrosso, volti noti a Milano per I Salentini, osteria popolare pugliese in zona Scalo Farini. Dopo aver fatto innamorare il nord con i sapori del sud, hanno deciso di tornare a casa, trasformando un vecchio palmento nel centro storico di Tuglie in uno spazio nuovo, vitale, bellissimo. Oggi è un ristorante con affaccio su un agrumeto segreto, un ex tesoro di famiglia appartenuto ai Santese, divenuto ora un punto d’incontro fra convivialità e ricerca.
La cucina dialettale di uno chef under 30
Il cuore pulsante di Thuje è la cucina, visibile e vissuta, affidata al giovane Marco De Blasi. Classe 1998, salentino di ritorno, De Blasi maneggia con grazia le memorie contadine, le restituisce con uno sguardo pulito, senza orpelli e senza paura di usare le parole giuste. Quelle della sua gente.

Gli interni di Thuje
Il menu - scritto in gallipolitano e in inglese - è già di per sé una piccola opera di narrazione. Asinieddhu stracottu, pisieddhi a pignata, cicore a minescia, cornularu allu suzzu: ogni piatto è un frammento di storia, un omaggio ai Borghi di San Mauro - Tuglie, Sannicola, Alezio, Chiesanuova, San Simone - e a quella cultura gastronomica che li attraversa, li tiene insieme, li distingue.

La carne di Thuje
Si potrebbe chiamarla “cucina etnica salentina”, se solo le etichette avessero davvero senso. Qui, semmai, si parla una lingua antica con accento contemporaneo, in un equilibrio armonioso tra gesti tramandati e sensibilità presente.
Vini a metro zero da Thuje
Anche la carta dei vini è tutto fuorché banale. Francesca la definisce “una dichiarazione d’amore per il territorio”, ed è difficile darle torto. Rosati eleganti, rifermentati intriganti, vini naturali e ancestrali: ogni etichetta è scelta con attenzione, ogni bottiglia racconta una storia di prossimità, filiera corta e rispetto per la terra.

La famosa Tria di Thuje
E se il gusto è centrale, la cura per i dettagli lo è altrettanto. I sottopiatti, ad esempio, sono ricavati dai fiscoli intrecciati da Adolfo Cazzato, ultimo fiscolaro di Specchia; le luminarie che punteggiano il giardino sono opera della storica famiglia Parisi. Non si tratta di decorazione, ma di radicamento: ogni oggetto ha un volto, ogni scelta ha un senso.
Un’osteria che è anche presidio culturale
Thuje non è soltanto un ristorante. È un luogo che protegge, che racconta, che invita a fermarsi e a guardare oltre i cliché. È pensato per viaggiatori più che per turisti, per chi cerca autenticità senza fronzoli, per chi vuole capire - attraverso un piatto, un bicchiere, un dettaglio artigianale - cosa significa davvero appartenere a un territorio.

Le pappardelle al ragù bianco di Thuje
Non serve che tutto sia perfetto, serve che sia vero. E Thuje lo è. Gentile, libero, resistente. Come il Salento che non si vede sui manifesti, ma che continua a esistere, ostinato e bellissimo.
Via Risorgimento, 24 73058 Tuglie (Le)
Mer-Sab 19:30–23:30 Dom 12:30–15:30 (Lun-Mar chiusi)