Metti un pasto con Coppi a Castellania Locanda Il Grande Airone, profumo di mito

Ci sono due modi per esaltare una località e portare gente a visitarla: studiare un piano diabolico di promozione, oppure fermare il tempo e lasciare che la gente arrivi attirata da un fascino d’altri tempi

23 marzo 2019 | 12:52
di Federico Biffignandi
Castellania, piccolo borgo in provincia di Alessandria, distante una ventina di minuti da Tortona, ha scelto senza dubbio la seconda via. La località piemontese è una delle pochissime al mondo a legare la propria storia, la propria identità e la propria notorietà al nome e al cognome di un solo personaggio: Fausto Coppi.
 


Il Campionissimo, nato qui il 15 settembre di 100 anni fa esatti (è ancora possibile visitare Casa Coppi e il monumento dedicato a lui e al fratello Serse), è l’emblema di un angolo di colline tortonesi che ha lasciato fare al tempo la sua parte, senza manovrarlo, senza costringerlo, senza modificarlo con artifici. Poche case, ancor meno gente, migliaia di turisti da tutto il mondo. Vero, è un’eccezione, perché il “marchio” Coppi si vende da sé e perché è unica la bellezza del paesaggio circostante, fatto di ondulazioni dolci che vanno via-via innalzandosi fino alle Alpi. Vigneti a perdita d’occhio, prati verdeggianti, allevamenti e coltivazioni floride, fanno il resto. Insieme ad una fauna variegata e variopinta che rende questi luoghi regno di cacciatori.



E poi, i prodotti del territorio. Castellania, pur nella sua minuscola essenza, può contare a questo proposito di un ristorante, che è un ritrovo, una locanda, un altro luogo di culto, dove poter degustare ciò che la terra dona a questi luoghi. Si chiama (manco a dirlo) Locanda Il Grande Airone. Locanda, perché da queste parti parlare di ristoranti è fuori luogo; Il Grande Airone perché Fausto Coppi, oltre a essere il Campionissimo, è l’Airone. Grande, perché la gente di Castellania coltiva un culto per il ciclista più epico di tutti i tempi che va oltre al mero tifo, alla mera gratitudine, alle parentele o alle amicizie. Castellania non “sfrutta” Coppi, ma lo vive ancora oggi. Come un santo patrono, o forse di più.

E allora una cena alla Locanda Il Grande Airone diventa un’esperienza, di quelle vere, autentiche, di quelle che piacciono sempre di più alla gente. Non è necessario essere preparati sul tema. Entrare alla locanda senza sapere nulla di Fausto Coppi è un’occasione da cogliere per chiunque, sportivo o no. Perché la leggenda di Coppi è legata a doppio filo anche alla storia d’Italia (i contadini, lo sport popolare, l’adulterio, la Dama Bianca, la Guerra, il fascismo, il ruolo della Chiesa, la malaria, la radio, la televisione). E allora una cena diventa una lezione di storia e di storia di vite che si intrecciano.



Perché a gestire la Locanda è Gianni Rossi che è uno di quei personaggi che non si capisce se esistano davvero tra di noi o se appartengono ad un mondo parallelo. Cultore di Coppi, conoscitore profondo della zona, intrattenitore, scrittore, sportivo, intenditore di musica, di cucina, di compagnia, il più classico amico generoso che per le persone alle quali vuole bene darebbe la sua vita. Se non può dare la sua vita, regala un libro. Di Coppi o del Milan.

Oppure fa sì che dalla cucina arrivino piatti da sballo. Lo abbiamo “testato” in occasione della presentazione del libro “Fausto Coppi - Gli anni, le strade” (Bolis Edizioni) che ha visto lo stesso Gianni Rossi - insieme a Gino Cervi - curatore di una serie di 23 pezzi scritti da firme autorevoli sulla figura di Coppi. L’aperitivo per “aprire” lo stomaco bastava come per una cena. Non per quantità, ma per qualità. Nel calice il “vino di Coppi”, il Timorasso che profuma e sa (oltre che di buono) di leggenda, storia, di terra, di venticello collinare e brezza profumata marina proveniente dalla non distante Liguria. Nel piatto salame del posto, tagliato a fette a ripetizione, per far compagnia, per deliziare il palato.



Poi, la cena. Consiglio primario se si è in compagnia: non limitarsi ad un primo, ma “smezzare”. Poco elegante? Primo: chi l’ha detto? Secondo: siamo in una locanda e certe abitudini “caserecce” sono d’obbligo per entrare nelle viscere di una realtà così. E allora Agnolotti al sugo di stufato tortonese e Gnocchi con fuso di Montebore (con rigorosa scarpetta) sono la scelta migliore per via della loro cremosità, del loro essere delicati, ma in grado di soddisfare il palato, la pancia e l’umore.

Di secondo: Controfiletto di Fassona con patate arrosto o Tagliata di Fassona. Dire quale sia meglio delle due è compito arduo e allora perché non assaggiare un po’ di una e un po’ dell’altra? Tenerezza e gusto le qualità inconfondibili. Dolci della casa per chiudere dignitosamente il pasto. Nel calice: Bosco Barona dell’azienda Agricola Mutti. Ottimo rosso, nato per questi piatti.

Il menu però comprende altri piatti del territorio, ricette eccezionali “della nonna” cucinate solo in alcuni periodi dell’anno e menu ad hoc per i ciclisti, sia che siano in allenamento “forte”, sia che arrivino qui per una scampagnata.

Circondati da cimeli, gigantografie, profumi, biciclette, libri, documenti, quadri, fotografie, storie ed emozioni di stampo coppiano e “cullati” da musiche retrò (molto retrò) talvolta intonate dallo stesso Gianni Rossi, mangiare alla Locanda Il Grande Airone è un’esperienza mistica da provare. Sembra di ritrovarsi catapultati a inizio ‘900, in una cascina di contadini, attorno ad una tavola imbandita di prodotti ottenuti con le proprie forze. E a raccontarsi storie, di sport, di vita, di fede, in qualunque cosa. Non è un caso che, spesso, i clienti arrivino per un “pasto veloce” e tirino notte, notte fonda. Per sognare un po’ di più, fino a guardare il commensale a fianco e vedersi Fausto Coppi in persona.

Per informazioni: www.ilgrandeairone.com

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