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domenica 14 dicembre 2025  | aggiornato alle 19:26 | 116318 articoli pubblicati

L’Italia torna a essere il secondo Paese trasformatore di pomodoro nel mondo

Con 5,8 milioni di tonnellate di pomodoro trasformate su 78.695 ettari coltivati, l’Italia supera la Cina e si piazza dietro solo agli Stati Uniti. In calo le rese agricole, in aumento i prezzi fino al +40%

 
22 ottobre 2025 | 16:34

L’Italia torna a essere il secondo Paese trasformatore di pomodoro nel mondo

Con 5,8 milioni di tonnellate di pomodoro trasformate su 78.695 ettari coltivati, l’Italia supera la Cina e si piazza dietro solo agli Stati Uniti. In calo le rese agricole, in aumento i prezzi fino al +40%

22 ottobre 2025 | 16:34
 

LItalia torna a essere il secondo Paese trasformatore di pomodoro al mondo, superando la Cina e piazzandosi dietro solo agli Stati Uniti. La campagna di trasformazione 2025 si è chiusa con un totale di 5,8 milioni di tonnellate di prodotto lavorato, a fronte di 78.695 ettari coltivati. Un risultato leggermente superiore a quello del 2024, ma comunque inferiore di circa il 10% rispetto a quanto programmato. Numeri che, nonostante tutto, confermano il peso del comparto nazionale, anche in una stagione segnata da rese agricole in calo, rincari della materia prima e condizioni climatiche poco favorevoli.

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Pomodoro da industria: l’Italia supera la Cina e torna seconda al mondo per volumi di trasformazione

Entrando nel dettaglio, il bilancio mostra un andamento differenziato tra Nord e Sud. Nel bacino del Centro Sud sono state trasformate 2,71 milioni di tonnellate, con un calo del 5,3% rispetto all’anno precedente, mentre nel Nord si è registrato un netto balzo in avanti con 3,12 milioni di tonnellate (+27,6% sul 2024). Un contrasto che riflette le difficoltà di una campagna altalenante, in cui l’industria si è trovata ad affrontare una crescita dei costi ben oltre le previsioni. Il prezzo del pomodoro ha infatti registrato un incremento sostanziale in entrambi i bacini. Al Nord, l’elevato grado Brix ha generato un indice di pagamento positivo, facendo lievitare i compensi rispetto ai contratti iniziali. Al Centro Sud, invece, la scarsità d’acqua - soprattutto nel Foggiano - e alcune distorsioni nelle fasi di approvvigionamento hanno portato a rincari fino al 40% rispetto al prezzo medio programmato. A pesare ulteriormente sul bilancio è stato il peggioramento delle rese agricole, le più basse degli ultimi cinque anni. Il calo ha inciso in modo particolare sul pomodoro pelato intero, prodotto simbolo del made in Italy, la cui produzione è diminuita di oltre il 20% per effetto combinato di rese agricole e industriali inferiori alla media.

«Quella appena conclusa è stata una campagna particolarmente lunga e complessa - dichiara Marco Serafini, presidente di Anicav (Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali). Lo sfasamento dei tempi di maturazione della materia prima ha comportato un allungamento dei periodi di trasformazione. Le aziende, in particolare al Centro Sud, non sono mai riuscite a lavorare a pieno regime con una perdita importante delle economie di scala. Inoltre gli incrementi del prezzo pagato per il pomodoro, che rimane il più alto al mondo, hanno creato situazioni distorsive del mercato rischiando seriamente di mettere in crisi il comparto. Sarà, quindi, prioritario cominciare a lavorare per un riequilibrio del valore lungo tutta la filiera, garantendo una giusta remunerazione ad agricoltura, industria e Gdo, investendo in innovazione e ricerca per migliorare le rese agricole e industriali, aumentare la produttività, ridurre i costi di produzione, ottimizzare i consumi idrici ed energetici e rendere più efficienti le operazioni di raccolta, soprattutto nel bacino pugliese».

A rendere il contesto ancora più complesso è la situazione dei mercati di sbocco e le politiche daziarie statunitensi, che continuano a influire sull’export. «Il comparto è messo a dura prova dalle situazioni spesso non semplici dei mercati di sbocco e delle politiche daziarie statunitensi - dichiara Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav. Resta prioritario un recupero del dialogo di filiera tra parte agricola e parte industriale. L’interprofessione rimane uno strumento utile e fondamentale ma, in particolare nel Bacino Centro Sud, stenta a decollare per la difficoltà di dialogo tra le parti, per cui è necessaria una ridefinizione del perimetro di competenza e del modello operativo alla base delle relazioni interprofessionali dove gli accordi quadro restano l’elemento indispensabile e centrale. Abbiamo chiesto al Masaf di creare una cornice istituzionale entro cui muoversi per potersi dare regole chiare e cogenti. In assenza di un perimetro di regole ben definito, infatti, sarà molto difficile immaginare di poter trovare un accordo per la prossima campagna di trasformazione».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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