«Per i clan investire nei pubblici esercizi non significa solo riciclare denaro, ma anche controllare il territorio, creare punti di ritrovo e ripulire in luoghi legali montagne di soldi sporchi». Con queste parole il prefetto di Bergamo, Luca Rotondi, ha presentato il nuovo protocollo triennale contro le infiltrazioni mafiose nel comparto della ristorazione e del turismo.

Mafia e ristorazione, a Bergamo un protocollo per la prevenzione
Rotondi ha evidenziato come «le organizzazioni criminali abbiano ormai assunto modalità d’azione sempre più sofisticate e meno visibili», rendendo necessaria un’azione preventiva più strutturata.
L’accordo punta a rafforzare la vigilanza e il monitoraggio preventivo su contratti di acquisto, licenze e autorizzazioni. In particolare l’attenzione si concentra su:
- prestanomi che gestiscono società intestate fittiziamente
- compravendite rapide di locali
- ristrutturazioni frequenti
- giri di fatture gonfiate
- aperture e chiusure ripetute in tempi brevi
Il documento è stato firmato, oltre che dal Comune di Bergamo, anche dalle amministrazioni di Dalmine, Romano di Lombardia e Seriate, rappresentate dai sindaci Elena Carnevali, Francesco Bramani, Gianfranco Gafforelli e Gabriele Cortesi. Il protocollo, promosso dal ministero dell’Interno, ha validità triennale e può essere rinnovato su accordo delle parti.
Tra le misure previste vi è la costituzione di un Osservatorio provinciale, che avrà il compito di monitorare le tendenze del settore e individuare indicatori di rischio.
I Comuni si impegnano inoltre a richiedere la comunicazione antimafia per le attività avviate tramite Scia, con particolare attenzione a nuove aperture, subingressi e variazioni societarie.
La Prefettura, da parte sua, assicurerà gli approfondimenti previsti dal Codice antimafia e condividerà gli esiti delle verifiche del gruppo interforze antimafia durante le riunioni del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.