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Bottega duro: «In Italia troppe tasse, era meglio la Repubblica veneziana»

Dalle accise ai controlli nelle aziende, fino alla gestione delle infrastrutture: l'imprenditore veneto attacca la macchina pubblica e rivendica il diritto di chi paga a essere ascoltato, non ignorato [...]

 
31 maggio 2025 | 12:48

Bottega duro: «In Italia troppe tasse, era meglio la Repubblica veneziana»

Dalle accise ai controlli nelle aziende, fino alla gestione delle infrastrutture: l'imprenditore veneto attacca la macchina pubblica e rivendica il diritto di chi paga a essere ascoltato, non ignorato [...]

31 maggio 2025 | 12:48
 

In un Paese dove il 60% degli italiani non paga le tasse e la maggior parte dei restanti versa appena il necessario per accedere ai servizi essenziali, c'è chi - come Sandro Bottega - sceglie di alzare la voce. L'imprenditore del vino alla guida della Bottega Spa, storica azienda di Bibano di Godega tra i principali produttori di Prosecco in Italia, ha lanciato un messaggio chiaro: «Paghiamo quasi 10 milioni di euro ogni anno tra imposte, Iva, accise e contributi. Ma il fatto di fare impresa in maniera onesta sembra non essere apprezzato».

Bottega duro: «In Italia troppe tasse era meglio la Repubblica veneziana»

L'imprenditore Sandro Bottega

Le parole di Bottega fanno rumore. Non solo per la cifra versata nelle casse dello Stato, simile a quella delle filiali italiane di colossi come Tesla, Google o Meta, ma soprattutto per la frustrazione di chi si sente penalizzato da un sistema che non premia la correttezza. «Nell'antica Repubblica veneziana, chi pagava più tasse veniva ascoltato perché sosteneva la cosa pubblica. Oggi invece accade il contrario. Si ascolta chi grida più forte, non chi ha la competenza per parlare. Si depauperano soldi pubblici pensando ai voti senza fare alcuna considerazione». Il riferimento al passato veneziano non è nostalgico, ma serve a mettere in prospettiva un presente che, secondo l'imprenditore veneto, ha smarrito il senso della responsabilità collettiva. A partire dalla gestione dei fondi pubblici, che secondo lui seguono logiche elettorali e non priorità reali. «Basti pensare al sistema dei trasporti e alle infrastrutture relative. Nell'autostrada che collega Milano a Venezia si fanno quotidianamente ore di coda e passano 33 volte le auto che transitano sopra ai traghetti che attraversano lo Stretto di Messina. Ma gli investimenti si preferisce farli lì anziché qui».

Anche la burocrazia è nel mirino. E non potrebbe essere altrimenti, viste le difficoltà quotidiane che persino aziende strutturate come Bottega si trovano ad affrontare. «Si annuncia la semplificazione, ma per fare uno Spid per la nuova normativa, tre dei miei responsabili - tutti laureati in informatica - hanno impiegato tre giorni per ottenerne uno» racconta. Un paradosso che, agli occhi dell'imprenditore, descrive bene il disallineamento tra parole e fatti. Poi c'è la questione dei controlli, che nell'agroalimentare rappresentano un obbligo sacrosanto, ma anche un onere significativo. «Noi siamo un'azienda agroalimentare che ogni settimana, com'è giusto che sia, passa sotto il controllo di ventitré organismi. E questo significa avere una persona pagata e che si dedica solo a questo». Il punto, sottolinea Bottega, non è la presenza dei controlli, ma la loro gestione. Servirebbe, secondo lui, uno sforzo mirato per colpire chi evade sistematicamente, invece di gravare sempre sugli stessi. Il messaggio finale è una dichiarazione d'intenti, ma anche un invito a cambiare narrazione. «È necessario che si impieghino i soldi per controllare i "furbetti" che non pagano le tasse e che si dia un messaggio diverso: essere onesti è positivo e le tasse non sono un pizzo dello Stato, ma se tutti gli imprenditori le pagano saranno più eque e aiuteranno a rendere l'Italia più organizzata, efficiente e meno corrotta».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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