Luigi Moio ha ricevuto il Premio Pino Khail per la valorizzazione del vino italiano. La consegna è avvenuta a Forte dei Marmi, in occasione di VinoVip al Forte, manifestazione organizzata da Civiltà del bere in memoria dello storico fondatore del periodico, Pino Khail. Un riconoscimento importante che arriva a suggello di una lunga carriera dedicata alla ricerca, alla didattica e alla promozione della cultura enologica italiana nel mondo.

Luigi Moio ha ricevuto il Premio Pino Khail
Durante la cerimonia di premiazione, Moio ha espresso la propria soddisfazione con parole sentite: «Sono molto felice di ricevere questo premio - ha detto - perché la lettura di Civiltà del bere, coi suoi approfondimenti tecnici di autorevoli ricercatori, ha accompagnato i miei studi alla scuola Enologica e mio padre, che conosceva molto bene Pino Khail, ne sarebbe stato contentissimo». Professore ordinario di Enologia all'Università di Napoli Federico II e attualmente vicepresidente dell'Organizzazione internazionale della vite e del vino (Oiv), Moio ha ripercorso alcuni momenti salienti della sua carriera, ricordando in particolare i tre anni e tre mesi da presidente dell'Oiv, incarico culminato con la celebrazione del centenario, e i trent'anni di interventi in convegni e dibattiti scientifici. Un impegno costante, il suo, che gli consente oggi di guardare con fiducia al domani: «Mi sento tranquillo sul futuro del vino italiano alla luce della qualità e professionalità espressa dai giovani viticoltori ed enologi italiani».
Nel suo intervento, Moio ha poi voluto ribadire il valore culturale del vino, frutto della mano dell'uomo più che dono della natura: «Il vino è un'invenzione meravigliosa che viene dell'uomo, non c'è nulla di naturale», ha spiegato, aggiungendo però un richiamo lucido al rischio di una narrazione eccessivamente ideologica: «Questa invenzione straordinaria rischiava negli ultimi anni una delegittimazione e servirebbe un anno sabbatico di silenzio sul tema di vino e salute a tutti i livelli». Un passaggio, questo, che si collega al tema dell'educazione delle nuove generazioni. Secondo Moio, è fondamentale offrire ai giovani «informazioni precise e semplici sul vino che è un paradigma di diversità. Infatti ognuno lo fa in un modo diverso e deve essere un'espressione del territorio». Una diversità che, secondo lui, non è un ostacolo, ma al contrario la forza stessa di questo prodotto.
Con un affondo storico-scientifico, Moio ha ricordato il celebre esperimento di Louis Pasteur sulle fermentazioni spontanee, spesso dimenticato nel dibattito contemporaneo: «Sono certo che il vino continuerà sicuramente ad accompagnare l'uomo perché è stato inventato per dissetarci in sicurezza, molto più dell'acqua. Tanto è vero che Pasteur, che ha perso due figlie di febbre tifoide con l'acqua, fece un esperimento meraviglioso sulle fermentazioni spontanee e scrisse un libro nel 1866 che, ancora oggi, ci aiutano a dimostrare che il vino è sicuro dal punto di vista microbiologico perché nessun microrganismo letale alla salute umana può avvicinarsi a questo liquido meraviglioso per via dei dieci-undici gradi alcolici. Non serve quindi molto alcol, ma l'alcol serve per contemplare il vino tra le bevande più igieniche e sane che esistono e per millenni il vino è stato perciò utilizzato per reidratarsi in modo sicuro e come un corroborante della fatica fisica». Il suo invito finale è una sorta di manifesto per il futuro del vino: continuare a produrlo, sì, ma con la consapevolezza di ciò che lo rende unico: «Dobbiamo continuare a produrlo - ha concluso - perché il vero valore del vino è ciò che li differenzia l'uno dall'altro, e quindi ciò che li rende diversi e pertanto affascinanti. Perciò il vino, sotto questo profilo prodotto agricolo, non ha nessuna bevanda in concorrenza in termini di fascino, emozione, evocazione culturale».
© Riproduzione riservata STAMPA