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Il futuro della ristorazione in mano ai cuochi-agricoltori?

È in atto un ritorno al rispetto della natura e dei suoi cicli, anche da parte dei cuochi. Il danese Redzepi ha chiuso il pluripremiato Noma per aprire un ristorante-fattoria. A Milano si direbbe “Ofelè, fa el to mestè”

di Guerrino Di Benedetto
 
12 agosto 2017 | 08:23

Il futuro della ristorazione in mano ai cuochi-agricoltori?

È in atto un ritorno al rispetto della natura e dei suoi cicli, anche da parte dei cuochi. Il danese Redzepi ha chiuso il pluripremiato Noma per aprire un ristorante-fattoria. A Milano si direbbe “Ofelè, fa el to mestè”

di Guerrino Di Benedetto
12 agosto 2017 | 08:23
 

Ho sempre pensato che l’aspetto più bello della ristorazione e del lavoro degli chef fosse la creatività più o meno illimitata nelle preparazioni e nelle varietà nell’uso degli ingredienti che ne determinano il gusto e il successo. Ma poi mi accorgo che la cucina e il ristorante non bastano più, infatti il famoso chef danese René Redzepi chiude il suo celebre e titolato ristorante per riaprire una sorta di ristorante-fattoria dove coltivare i prodotti secondo regole di rispetto per la natura e i suoi cicli. Così con il suo staff è volato in Giappone per apprendere nuove tecniche di cucina che seguano le leggi naturali di ciò che le stagioni ci danno durante l’anno (forse in Danimarca le stagioni sono un po’ diverse). Che idea innovativa se fosse andato in Sud America, avrebbe trovato stagioni opposte.

Il futuro della ristorazione in mano ai cuochi-agricoltori?

Un altro famoso locale, il celebre The Perennial di San Francisco, è il primo ristorante ecosostenibile al mondo: legno riciclato, niente scarti in cucina, e quelli eventuali vengono trasformati in compost e fertilizzanti per il loro orto dove un sistema di coltivazione acquaponico permette di avere sempre verdure fresche da vendere a caro prezzo; certo che nel nome scelto troverà il senso del futuro perennemente pieno di clienti.

Non ho nulla contro questi ottimi ristoratori, anzi se avessi i soldi andrei a cena da loro almeno per curiosare, ma poi penso che tornerei dal mio amico Santoro della Trattoria dei Cacciatori che mi serve un salame nostrano con una michetta e un bicchiere di Bonarda, almeno proteggo questo dalla scomparsa, un po’ come si fa con gli elefanti.

Ecco, questa è la bellezza della ristorazione, una certa democratica certezza che il cibo è bello perché vario e che i cuochi sono bravi tutti perché vari e variabili, e ora anche i ristoranti sono variabili, ma nulla purtroppo è perenne nella ristorazione. Certo mi chiedo: ma se l’insalata me le coltivo io e non ho sprechi, forse dovrebbe costare un po’ meno? I misteri dei nuovi ristoratori-agricoltori. Un tempo a Milano si diceva “Ofelè, fa el to mestè” (pasticcere, fa’ il tuo mestiere).

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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