Non ci sono più dubbi. Chiara Ribechini è morta per reazione allergica. Lo ha stabilito l’autopsia effettuata il 18 luglio che ha confermato l’ipotesi di shock anafilattico. Si riapre il dibattito sulla sicurezza alimentare: ne parlano il tecnologo alimentare Massimo Giubilesi e il cuoco Fic Alessandro Circiello.
L’antefatto. La giovane donna di Navacchio (Pi) si è sentita male mentre tornava a casa dopo una cena al ristorante, un locale che frequentava abitualmente e che riteneva sicuro. Chiara soffriva infatti di una
forte allergia a uova, latte e derivati e portava sempre con sé i medicinali di emergenza.
La crisi respiratoria che l’ha colpita deve essere stata violentissima: l'ago della siringa con cui ha cercato di iniettarsi la dose di adrenalina è stato trovato piegato a 90 gradi. Forse il malore le ha impedito di utilizzare tutto il dosaggio necessario a salvarle la vita.
Cosa può essere successo? Come è possibile che un ristorante “sicuro” si possa essere trasformato in “letale”? Per il momento si viaggia per ipotesi e per indagini. Gli inquirenti pare stiano mettendo sotto la lente una bruschetta, forse a contatto con una minima quantità di latte, sulla quale era appoggiata una vellutata di piselli.
C’è da dire che la sera di domenica 15 luglio il ristorante era affollato per un matrimonio. Non si esclude che nel via vai e nella concitazione del servizio possa esserci stata un’involontaria contaminazione tra una delle portate della cena di nozze e un piatto servito a Chiara.
«In questo momento vogliamo solo che la morte di Chiara non sia stata vana e per questo rivolgiamo un appello a tutti affinché di queste forme allergiche si parli senza reticenze o paure di discriminazioni». Lo hanno dichiarato all’Ansa, tramite il loro legale, i suoi genitori, che hanno ampliato il discorso senza mai mettere sotto accusa il ristorante.
«Il loro è un ragionamento generale - ha puntualizzato l’avvocato
Francesca Zuccoli - perché soprattutto per quanto riguarda le allergie alimentari è
necessario lavorare di più sulla sicurezza anche dei locali, che devono avere attrezzature e cucine idonee per evitare il più possibile il
rischio di contaminazioni tra singoli alimenti e materie prime lavorate. Non basta
rendere pubblico l’elenco degli allergeni per sentirsi al sicuro. Insomma, il caso di Chiara, che ha saputo convivere con la sua allergia conducendo una vita piena e normale, può essere utile per il futuro perché questi drammi non si ripetano».
Per non rendere vano l’appello della famiglia Ribechini abbiamo voluto sentire il pensiero di due autorevoli figure professionali:
Alessandro Circiello e
Massimo Artorige Giubilesi.
Circiello, presidente dell’Unione regionale cuochi Lazio -
Federazione italiana cuochi, da molti anni è impegnato in iniziative e campagne volte ad affermare il valore della salute a tavola. Opinion leader ed esperto di alimentazione, è il portavoce della figura del cuoco come promotore di salute. Massimo Giubilesi è tecnologo alimentare, ceo Giubilesi & Associati, presidente dell’Ordine dei tecnologi alimentari Lombardia e Liguria, presidente Fcsi Italian Unit (Foodservice Consultants Society International), direttore scientifico Igiene Alimenti e membro del Comitato scientifico di Italia a Tavola.
Alessandro Circiello
«È fondamentale scongiurare la contaminazione per manipolazione - spiega Alessandro Circiello - l’igienizzazione deve essere assoluta e in profondità. In seconda battuta, vanno comunicati subito al personale di sala, che deve conoscere la composizione delle ricette, eventuali allergie. Il dialogo tra sala e cucina deve essere fluido e immediato, in modo da blindare la catena costituita da elaborazione gastronomica e servizio. Vorrei aggiungere che i piatti già pronti sono una certezza, ma basta aggiungere un decoro per abbellirli e si entra in un terreno minato».
Un altro aspetto da mettere in evidenza è la trasparenza, che difficilmente i ristoratori mettono in pratica. «Nei ristoranti - sottolinea Circiello - va pubblicato l’elenco dei 14 allergeni sul menu, riga per riga, portata per portata, ne va segnalata la presenza in ogni ricetta. Una legenda a fondo pagina renderà semplice e immediata la comprensione. Questo non succede come dovrebbe, perché mancano, di fondo, formazione e conoscenza. In Italia per aprire un ristorante basta un corso di un giorno».
Massimo Artorige Giubilesi
Massimo Artorige Giubilesi entra nel merito della morte di Chiara Ribechini. «Era una cliente abituale. Non si riesce ancora a capire cosa abbia mangiato e se sia stato uno shock da allergia. Il nesso causa-effetto è al momento nell’ombra. Che le sia stato servito un piatto per un altro? Tecnicamente credo si sia trattato di una cross contamination, una contaminazione occulta, molto forte. Purtroppo in Italia si vive alla giornata e la tragedia di domenica scorsa sta puntando i riflettori su questa tematica. Ma fino a quando? Nel nostro Paese 5 ristoranti su 10 si limitano a pubblicare l’elenco degli allergeni. Quanta informazione, sensibilizzazione e formazione efficace è stata fatta? C’è scarsa allerta sulla sicurezza nutrizionale, che può rivelarsi letale. Certo, i piatti pronti sono una garanzia, ma dove vengono rigenerati? E siamo punto e a capo. È necessario effettuare un profondo passaggio culturale, il che non significa trasformare luoghi di benessere in cliniche, ma dobbiamo sapere di cosa stiamo parlando. Il concetto di sicurezza igienica deve viaggiare in parallelo a una nuova sensibilità diffusa. Al riguardo bisogna promuovere campagne importanti. Con il termine cultura intendo combattere l’ignoranza, ma è difficile con un turn over eccessivo e quando non si è ancora capita la differenza tra allergia e intolleranza. Va combattuto quel nemico invisibile che si annida nel piatto. E che fa disastri, anche se tutto sembra pulito».
Questa la tabella degli allergeni che i locali devono esporre per legge: