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Viaggio nella cucina inglese Robert May, il “cuoco perfetto”

Nel XVII secolo in Inghilterra c’è l’abitudine di consumare in larga misura carne e selvaggina. May pubblica un volume in cui inizia a delinearsi una cucina più elegante, influenzata da quella francese e italiana.

di Toni Sarcina
presidente Commanderie des Cordons Bleus Italia
 
20 giugno 2020 | 10:40

Viaggio nella cucina inglese Robert May, il “cuoco perfetto”

Nel XVII secolo in Inghilterra c’è l’abitudine di consumare in larga misura carne e selvaggina. May pubblica un volume in cui inizia a delinearsi una cucina più elegante, influenzata da quella francese e italiana.

di Toni Sarcina
presidente Commanderie des Cordons Bleus Italia
20 giugno 2020 | 10:40
 

Siamo in Inghilterra, nel 1660; la cucina dell’Isola non godeva neppure a quel tempo di buona reputazione ma, proprio in quell’anno, vide la luce un volume dall’ambizioso titolo: “Il cuoco perfetto” (The Accomplisht Cook). Ne era autore Robert May, famoso chef dell’epoca. Sin dal periodo medievale, per gli inglesi la cucina veniva considerata una specie di debolezza congenita dei popoli latini, ma nel periodo finale del XVII secolo un accenno di ripresa lo si ebbe proprio grazie ad autori come Robert May ma, soprattutto, per la crescente influenza delle abitudini alimentari francesi che contribuirono a diffondere in Inghilterra l’uso di ortaggi che mitigarono non poco la supremazia assoluta dei piatti di carne e, in particolare, di selvaggina, da sempre padroni incontrastati delle tavole inglesi.

La prima edizione del libro è del 1660, dedicata quasi completamente alla cucina di carne, con cenni ironici sulle cucine italiana e francese, definite “quelque chose” (qualcosa di poco conto). Le numerose edizioni successive iniziarono ad inserire piatti di ortaggi, ancora poco graditi al pubblico più tradizionalista che, pur con la costante minaccia della gotta, insisteva imperterrito nelle vecchie abitudini, generate dalla diffusa opinione che l’uomo inglese forte e guerriero non poteva nutrirsi di radici, erbaggi e simili, cibi da poveri di terre straniere. L’uomo inglese doveva cibarsi di carni come manzo, montone e vitello, per che rendevano più grande il suo coraggio.

Cosciotto di tacchino farcito seguendo la descrizione di Robert May - Viaggio nella cucina inglese Robert May, il cuoco perfetto

Cosciotto di tacchino farcito seguendo la descrizione di Robert May

Anche Robert May non fa eccezione, dedicando ampio spazio al capitolo delle carni. Ed è proprio dai piatti di carne che emerge qualche golosa sorpresa, descritta con una certa eleganza. Evidentemente gli scambi commerciali con il continente avevano lasciato il segno e i cuochi, una volta rigorosamente inglesi, avevano lasciato il passo ai più morbidi artisti francesi e italiani, che avevano cominciato a farcire le carni con ortaggi e salse più leggere.

Con ogni probabilità, la pubblicazione di Robert May risentiva della situazione economica inglese di quel periodo poiché, dopo i travagli della guerra civile, l’Inghilterra attraversava quasi un periodo di opulenza, di calma e, come in ogni parte del mondo di allora, la pace e il benessere economico, coincidevano con una piacevole evoluzione gastronomica.

Per fare un esempio concreto, ho scelto un piatto che, seppure con una preparazione legata ancora alla tradizione medievale, potrebbe ben figurare sulle nostre tavole di oggi, soprattutto nella prospettiva di un ritorno alla tradizione del passato. Si tratta del tacchino in crosta, diffusissimo anche negli Stati Uniti, sia pure con ripieno diverso da quello del nostro cuoco-scrittore.

Vediamo le caratteristiche principali della ricetta di allora. Robert May suggerisce di disossare un tacchino, spennato e ben lavato, riempire l’interno con pancetta, pepe, noce moscata e sale e, dopo averlo fatto cuocere in una padella con burro chiarificato, chiodi di garofano, erbe aromatiche, ben spennellato con uova battute, tenerlo in forno irrorandolo continuamente con il sugo che si forma dalla cottura oppure con succo d’arancia. Poi prosegue con una variante più ricca ma, forse più pesante: «Farcire il tacchino con grasso di bue mescolato a carne tritata di vitello, un poco di erbe aromatiche, noce moscata, pepe, sale, tuorli d’uovo crudi, sisari (simili a carote o a pastinache), carciofi, uva spina, uva e altri ingredienti a piacere».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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