Durante la recente riunione ufficiale di Abi Professional, Irene Deiara e Marina Milan sono state elette nel nuovo Comitato Esecutivo per il quadriennio 2025-2029. La loro nomina rappresenta non solo un riconoscimento al loro impegno nel settore, ma anche un segnale importante verso una sempre maggiore valorizzazione della leadership femminile all’interno dell’associazione. Abi Professional si conferma dunque orientata a una governance inclusiva e dinamica, capace di affrontare con visione e concretezza le sfide future del comparto.

Il nuovo direttivo di Abi Professional
Le origini della passione: come tutto è cominciato
Come vi siete avvicinate a questo mestiere e cosa vi ha fatto innamorare della vostra professione?
Marina: Eh, parliamo di tanti anni fa. Ho iniziato da piccolissima: passavo le vacanze estive da mio zio, che aveva un American Bar in Liguria. E lì, in quel locale con le luci soffuse e la musica che accompagnava le serate, ho cominciato a vedere un mondo nuovo. Mi affascinava tutto: le luci, i cocktail colorati, l’atmosfera accogliente. All’inizio era quasi un gioco, anche se lui mi faceva fare quello che oggi non si fa più: la gavetta - era un po’ uno sfruttamento minorile (Marina ride) - facendomi portare da bere tra i tavoli, sbarazzare, rimettere in ordine la sala.

Marina Milan
Ho iniziato quindi in sala, servendo i clienti. Poi mi sono appassionata sempre di più osservando mio zio che preparava i drink con una leggerezza e precisione che ancora oggi ricordo. Quella magia di mettere assieme gli ingredienti e farli diventare una pozione magica, la pozione della felicità. Mi è sembrato da subito un lavoro bellissimo e, piano piano, l’ho fatto mio. Negli anni è diventata una vera professione: mio zio mi ha proposto di diventare sua socia e di trasferirmi in Liguria. E pensare che non avevo fatto l’alberghiero: venivo da un lavoro in uno studio notarile, facevo la segretaria, l’impiegata! Avevo studiato un indirizzo orientato alla contabilità.
Irene: Nel mio caso, ho iniziato nei primi anni 2000, lavoravo in una deliziosa caffetteria di montagna a La Thuile, in Valle d’Aosta. All’inizio ero molto timida. Venendo dalla calda Sardegna, il freddo gelido della montagna mi sembrava davvero insopportabile! Ogni volta che arrivavano i clienti, mi giravo velocemente, cercando di evitare il contatto visivo. Preparavo gli espressi in fretta e quasi li lanciavo loro, sperando che non notassero il rossore che mi invadeva il viso per la vergogna.

Irene Deiara
Poi è arrivata la svolta. Nonostante la timidezza iniziale, sentivo che il mondo del bar mi affascinava davvero. Così ho deciso di guardarmi intorno, consapevole che senza una base solida non si poteva proseguire. Mi sono iscritta a un corso professionale e lì ho avuto la fortuna di incontrare due persone che avrebbero segnato profondamente il mio percorso: Bernardo Ferro, oggi presidente Abi Professional, ed Ernesto Molteni, attuale segretario dell’associazione… e oggi anche mio marito. Da quel momento mi sono avvicinata sempre di più a questo mondo, guidata e ispirata da Ernesto, che con pazienza mi ha insegnato tutto quello che so. Il cocktail è diventato la mia passione, quasi una forma d’arte.
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Lavorare dietro al banco, accogliere i clienti e far vivere loro un’esperienza unica e magica è ora la mia missione. Amo profondamente questo lavoro, non potrei immaginarmi a fare altro. È il nostro mondo, ormai, e ne faccio parte con tutto il cuore.
Progetti e visione nel nuovo Comitato Esecutivo
Quali sono le vostre priorità e i progetti principali come membri del Comitato Esecutivo?
Marina: Mi piacerebbe riuscire ad avvicinare sempre di più il pubblico alle nostre competizioni. Sarebbe bello vedere più partecipazione anche da parte di chi non fa parte del nostro settore, coinvolgendo chi ci osserva da fuori e dando loro l’occasione di scoprire da vicino il nostro mondo, ricco di passione, professionalità e creatività.
Credo fermamente che rendere le gare più dinamiche, divertenti e accessibili sia la chiave per farle crescere. E per questo sono pronta a mettere in campo tutta la mia esperienza da concorrente: conosco il palco, conosco le emozioni, so cosa può fare la differenza.

Marina Milan viene premiata
In questo modo, potremo dare maggiore visibilità alle aziende che ci sostengono, offrendo loro un’occasione concreta per farsi conoscere da un pubblico più ampio e, perché no, incentivarne sempre di più il coinvolgimento e gli investimenti.
C’è poi un altro progetto a cui tengo molto: ABI in Rosa. Non solo perché è un’iniziativa al femminile, ma soprattutto per il valore che rappresenta. È un’idea nata da Irene, e credo che vada seguita, supportata e fatta crescere: ha un’anima forte e un messaggio importante da perseguire.
Irene: Le priorità, in questo momento, sono davvero tante. Dopo dieci anni vissuti intensamente, sentiamo forte l’esigenza di rinnovarci, di dare una ventata di freschezza e nuova energia all’associazione, per uno slancio più dinamico. Il nuovo Comitato Esecutivo riflette proprio questo spirito di cambiamento: è formato da due membri riconfermati, da due ex consiglieri e da ben sette nuovi volti, pieni di entusiasmo e voglia di fare.

Irene Deiara al lavoro
Uno degli obiettivi principali è quello di avvicinarsi ai giovani, che sono il futuro della nostra professione. Dobbiamo entrare nelle scuole, dialogare con loro, proporre percorsi formativi più moderni e coinvolgenti. Vogliamo farlo non solo con i nostri docenti di lunga esperienza, ma anche affiancando loro professionisti giovani, capaci di parlare lo stesso linguaggio delle nuove generazioni.
Un altro progetto che ho particolarmente a cuore è proprio ABI in Rosa. Credo fortemente nel suo potenziale, e il mio impegno sarà quello di farlo crescere, soprattutto in occasione delle nostre competizioni. Ci sono tante idee e tanta voglia di fare, e sono già in contatto con altre ragazze che condividono con me questo spirito. Insieme possiamo farlo diventare qualcosa di davvero speciale.
ABI in Rosa: solidarietà e sensibilità
Irene, cos’è esattamente ABI in Rosa?
ABI in Rosa è nata in un momento particolare, durante il periodo difficile della pandemia. L’ho pensata immaginandomi tutte le colleghe che, spesso in silenzio, affrontano difficoltà profonde. Il nostro contributo può sembrare una piccola goccia nel mare, ma crediamo fortemente nel valore di ogni gesto, anche il più semplice.
In ogni occasione di un concorso, allestiamo un banco firmato ABI in Rosa, dove serviamo cocktail analcolici o a basso tenore alcolico. In cambio, chiediamo un piccolo contributo volontario, che devolviamo interamente all’Istituto Europeo Oncologico di Milano. Siamo in contatto diretto con il responsabile nazionale degli eventi, che ci dimostra sempre grande stima e ci invia regolarmente messaggi di ringraziamento. Questi riconoscimenti ci riempiono di orgoglio e ci motivano a portare avanti questa iniziativa con ancora più passione.
Donne al banco: ieri e oggi
Quali sono oggi le maggiori sfide per una barlady o barista in Italia, rispetto a quando avete iniziato? È cambiato qualcosa, in meglio o in peggio?
Marina: All’epoca, quando ho iniziato io, la presenza femminile era davvero rara, soprattutto nella mia regione, il Piemonte. Per me è stata una doppia sfida: non solo dovevo dimostrare continuamente il mio valore, ma spesso dovevo guadagnarmi il rispetto. Anche vincere le competizioni sembrava essere un modo per farmi notare ed essere presa seriamente.

Marina Milan
Persino nel mio locale, che gestivo assieme a mio marito, i clienti si rivolgevano sempre a lui per ordinare drink, mai a me. Oggi la situazione è decisamente migliorata, ma non possiamo dire che le difficoltà siano del tutto superate. Le donne hanno ancora molti impegni familiari e, purtroppo, spesso la carriera nel mondo del bar finisce per essere sacrificata. Mi piacerebbe che non fosse così, che potessero vivere pienamente questa professione senza rinunciare ai propri sogni.
Irene: La sfida più grande è stata proprio quella di essere donna. Non è mai stato facile ottenere visibilità in un ambiente che, spesso, non riconosceva subito il mio valore. Anch’io, ad esempio, mi sono trovata a lavorare con il mio compagno e vedere i clienti salutare lui, ignorandomi completamente. Fortunatamente oggi qualcosa è cambiato. Le donne stanno finalmente guadagnando più visibilità e vengono considerate sempre di più per le loro competenze. Ma la strada è ancora lunga, e c’è ancora tanto da fare per una vera parità.
La formazione come motore di crescita
Quanto è importante la formazione in questa professione?
Marina: Ho iniziato con un percorso scolastico da segretaria aziendale, un indirizzo di allora, più vicino al mondo della contabilità. Ma è stato solo nel mio percorso professionale che ho capito quanto fosse importante formarsi continuamente. Senza ombra di dubbio, la formazione è un aspetto cruciale, e credo che associazioni come ABI Professional debbano avere un ruolo fondamentale come strumento di crescita professionale. Personalmente, però, prenderei con le pinze i corsi organizzati da società commerciali, che hanno come unico scopo fare corsi. Sicuramente sanno vendere bene, ma spesso offrono programmi e docenti non all’altezza.

Irene Deiara
Irene: Anch’io vengo da una formazione scolastica legata alla contabilità. Avrei potuto intraprendere una carriera in banca, magari con il “posto fisso”, invece mi sono fatta stregare da questo mestiere antico ma attualissimo. La formazione è, senza dubbio, una delle priorità assolute. Studiare, aggiornarsi, sperimentare, conoscere il mondo in tutte le sue sfumature - non solo il settore del beverage - sono elementi chiave per crescere e rimanere competitivi.
Consigli per le barlady del futuro
Che consiglio dareste a una giovane donna che sogna di diventare barlady?
Marina: È difficile dare un consiglio unico, perché ogni persona vive il suo sogno con le sue aspettative. Tuttavia, un buon punto di partenza è cavalcare il sogno, senza dimenticare la propria dimensione personale. Investire su sé stessa, viaggiare, lavorare all’estero, non smettere mai di essere curiosi e di formarsi.
Irene: Il consiglio che mi sento di dare è credere in sé stessa, valorizzarsi e mettersi al primo posto, senza dimenticare da dove si arriva e dove si vuole arrivare. Sperimentare tanto, cambiare città, locale, ambiente… e soprattutto non avere paura di cambiare, di evolversi. Non fermarsi mai.
Cocktail che raccontano chi siamo
Un cocktail classico che vi rappresenta?
Marina: Difficile sceglierne solo uno. Direi due: il White Lady, una ricetta un po’ dimenticata ma che adoro, e il Tommy’s Margarita, per i suoi contrasti dolce-acido. Un po’ come me!
Irene: L’Americano, per l’aperitivo tra amici, per alleggerire la giornata. Che racconta tanto della mia personalità. Severa ma conviviale. Così come Marina, anch’io scelgo di essere rappresentata da due cocktail. Il mio secondo è il Gin Tonic: per un momento di relax, per staccare e godersi la tranquillità. Preferisco gin secchi e vellutati, proprio come me. Entrambi sono cocktail semplici ma eleganti, che rappresentano il mio approccio alla vita e al lavoro: essenziali, ma con un tocco di classe.